Mario Calogero - Natura morta con ricci di mare
Giuseppe Tomasi di
Lampedusa – La sirena
(…)
Quando, in
salotto, la buona signora Carmagnola entrò portando il vassoio con i ricci, i
limoni e il resto, il senatore rimase estatico. "Co me? Hai pensato a
questo? Come fai a sapere che sono la cosa che desidero di più?" "Può
mangiarli sicuro, senatore, ancora stamani erano nel mare della riviera".
"Già, già, voialtri siete sempre gli stessi, con le vostre servitù di
decadenza, di putrescibilità, sempre con le lunghe orecchie intente a spiare lo
strascichio dei passi della Morte. Poveridiavoli! Grazie, Corbera, sei stato un
buon ‘famulus'. Peccato che non siano
del mare di laggiù,questi ricci, che non siano avvolti nelle nostre alghe; i
loro aculei non hanno certo mai fatto versare un sangue divino. Certo hai fatto
quanto era possibile, ma questi sono ricci quasi boreali, che sonnecchiavano
sulle fredde scogliere di Nervi o di Arenzano". Si vedeva che era uno di
quei siciliani per i quali la Riviera Ligure, regione tropicale per i milanesi,
è invece una specie d'Islanda. I ricci, spaccati, mostravano le loro carni
ferite, sanguigne, stranamente compartimentate. Non vi avevo mai badato prima
di adesso, ma dopo i bizzarri paragoni del senatore, essi mi sembravano davvero
una sezione fatta in chissà quali delicati organi femminili. Lui li degustava
con avidità ma senza allegria, raccolto, quasi compunto. Non volle strizzarvi
sopra del limone. "Voialtri, sempre con i vostri sapori accoppiati! Il
riccio deve sapere anche di limone, lo zucchero anche di cioccolata, l'amore
anche di paradiso!" Quando ebbe finito bevve un sorso di vino, chiuse gli
occhi. Dopo un po' mi avvidi che da sotto le palpebre avvizzite gli scivolavano due
lacrime.
(…)
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