Eric Bowman- Ice Woman
da
Dolce come il cioccolato - Laura Esquivel
(…)
Tita sbatteva e sbatteva con frenesia,
come se volesse finirla con quel calvario una volta per tutte. Rimanevano da
sbattere soltanto due uova e l’impasto per la torta sarebbe stato pronto. Era
quanto mancava; tutto il resto, comprese le pietanze per un pranzo di venti
portate e gli stuzzichini da servire come antipasto, era pronto per il
banchetto. In cucina rimanevano soltanto Tita, Nacha e Mamma Elena. Chencha,
Gertrudis e Rosaura stavano dando gli ultimi ritocchi al vestito da sposa.
Nacha, con gran sollievo, prese il penultimo uovo per romperlo. Tita, con un
grido, glielo impedì.
«No!».
Smise di sbattere e prese l’uovo tra
le mani. Udiva chiaramente pigolare un pulcino dentro il guscio. Avvicinò l’uovo
all’orecchio e udì i pigolii con maggiore intensità. Mamma Elena sospese il
lavoro e chiese, con voce autoritaria:
«Che succede? Cos’è stato quel
grido?».
«Dentro quest’uovo c’è un pulcino!
Nacha non può certamente sentirlo, ma io sì».
«Un pulcino? Sei matta? Non è mai
successo niente di simile con le uova conservate!».
Si buttò in un baleno su Tita, le
strappò l’uovo di mano e lo aprì. Tita chiuse gli occhi con forza.
«Apri gli occhi e guarda il tuo
pulcino!».
Tita aprì gli occhi lentamente. Con
sorpresa vide che il presunto pulcino non era altro che un uovo, e senza dubbio
abbastanza fresco.
«Ascoltami bene Tita, mi hai
esasperata, non ti permetto d’iniziare a fare le tue pazzie. Questa è la prima
e l’ultima! Altrimenti ti assicuro che te ne pentirai!».
Tita non riuscì mai a spiegarsi ciò
che era accaduto quella sera, se quanto aveva udito era stato un prodotto della
stanchezza o un’allucinazione della sua mente. Intanto la cosa più conveniente
era ricominciare a sbattere, perché non voleva verificare fin dove arrivava la
pazienza di sua madre.
Insieme alle ultime due uova, si
aggiunge la scorza grattugiata del limone; quando il composto si è addensato a
sufficienza si smette di sbattere e si unisce la farina setacciata, mescolando
a poco a poco con una spatola di legno fino ad amalgamare bene il tutto. Per
ultimo si versa l’impasto in una teglia imburrata e infarinata. Si cuoce in
forno per trenta minuti.
Nacha, dopo aver preparato per tre
giorni venti manicaretti diversi, era stanca morta e non vedeva l’ora
d’infornare il dolce per potersi finalmente riposare. Questa volta Tita non era
stata l’ideale come aiutante. Non si era mai lamentata, forse perché lo sguardo
indagatore della madre non glielo permetteva, ma non appena vide Mamma Elena
uscire dalla cucina e dirigersi nelle sue stanze, lanciò un sospiro
interminabile. Nacha, vicino a lei, le tolse dolcemente la spatola dalle mani,
l’abbracciò e le disse:
«Non c’è più nessuno in cucina bambina
mia: piangi adesso, perché domani non voglio che nessuno te lo veda fare.
Tantomeno Rosaura».
Nacha smise di sbattere perché sentiva
che Tita era sull’orlo di un collasso nervoso, beh lei non lo conosceva sotto
questo nome, ma nella sua sconfinata saggezza capiva che Tita non ne poteva
più. A dire il vero, neppure lei. Rosaura e Nacha non erano mai andate
d’accordo. Nacha mal sopportava che fin da bambina Rosaura fosse stata
schizzinosa con il cibo. Lo lasciava sempre nel piatto senza averlo toccato, o
lo dava di nascosto al Tequila, il padre del Pulque (il cane della fattoria).
Nacha le portava come esempio Tita che mangiava sempre tutto e di tutto. Beh,
c’era solo una cosa che non piaceva a Tita, ed era l’uovo alla coque che Mamma
Elena la costringeva a mangiare. Eccetto questo, siccome Nacha si era occupata
della sua educazione culinaria, Tita non solo mangiava le solite cose, ma anche
jumiles, vermi di maguey, acosiles, tepezcuintle, armadilli ecc., di fronte a
un’inorridita Rosaura. Da questo era nata l’avversione di Nacha per Rosaura e
la rivalità tra le due sorelle, che culminava con queste nozze nelle quali
Rosaura sposava l’uomo che Tita amava. Quello che Rosaura non sapeva, ma
sospettava, era che Pedro amava Tita di un amore sconfinato. Era comprensibile
quindi che Nacha prendesse le parti di Tita e cercasse in tutti i modi di
evitarle ogni sofferenza. Nacha asciugava con il suo grembiule le lacrime che
scorrevano sul viso di Tita e le diceva:
«Su bambina mia, abbiamo quasi
finito».
Ma impiegarono più tempo del solito
perché il composto non riusciva ad addensarsi a causa delle lacrime di Tita.
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