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26 giugno 2018

Ai 300 morti davanti alle coste di Lampedusa ieri notte – Giovanni Greco

Daniela Gioda - migration
Ai 300 morti davanti alle coste di Lampedusa ieri notte – Giovanni Greco
(Studi recenti affermano che i pesci del Canale di Sicilia pesano in media di più dei loro simili di altri mari e di altre acque)
se il mare li vuole, se il cielo li schifa, se il vento li fotte
se una terra non basta per la loro ingordigia,
il mare li conservi, l’abisso profondo e il pigia pigia
dei pesci famelici, dei branchi a bocca aperta, a frotte –
quei pesci che saranno poi il nostro pasto,
imbanditi sulle nostre tavole con ogni fasto,
i nostri pesci fidati, patrioti guardacoste,
operatori ecologici malpagati: i pescispada le triglie
e le orate, i merluzzi i baccalà e le aragoste,
le spigole i tonni le sarde le sardine e le famiglie
delle alici e delle sogliole e delle cernie e degli altri,
i pesci palla i pesci sega i pesci martelli
e squali squaletti e pesci pilota e dentici e naselli,
pesci grassi cloaca pagliacci pagliacci, né buoni né cattivi,
che si fanno la Guerra da sempre senza aggettivi
né lampo né preventiva né (dio ce ne scampi) umanitaria,
né di posizione né dall’alto né guerreggiata,
che si mangiano l’uno con l’altro, né felici né tristi,
il più forte il più debole secondo un’antica sceneggiata,
ogni tanto un po’ di carne negra per i loro repulisti,
neanche tutti i giorni ma solo con mare mosso
o per qualche imprevisto deprecabile accidente,
una tempesta dopo il deserto, le onde, gli scafisti
a buon appetito a tutte le specie e sottospecie,
sia lodato il dio dei mari e dei pesci per tutti questi lutti!
ieri primo aprile del 16, terzo millennio dopo cristo
razione doppi, tripla, le vostre pretese
tutte esaudite, un bel misto abbondante, ce n’era per tutti:
occhi di somalo budella di eritreo dita di sudanese
reni e vesciche liberiani o congolesi (altro che prosciutti!)
lingua di marocchino polmoni di berbero pieni d’acqua,
cervelli e cervelletti, coratelle del camerun in salamoia
una terza abbondante senza reggiseno, forse del niger,
un colon ascendente, o crasso o tenue oh che gioia,
cuori gonfi marciti mani cianotiche già lesse natiche sguarnite
di provenienza sconosciuta di madre ignota per chi lo chieda,
cazzi allungati nel rigor mortis, fiche slavate ma ben fornite,
quasi ammuffite (potrebbero sembrare spugne, moci vileda) –
quella di una donna incinta al settimo mese,
quello di un ragazzo ruandese che non ha mai visto il mare,
quella di una nigeriana prostituta mancata,
quello di un vecchio dell’Africa occidentale, forse ghanese…

è la natura che non vuole il niente
è la natura che non bada a spese, e sempre più spesso ultimamente,
si trovano serviti queste carcasse DOC, africane,
uomini vecchi bambini feti donne (future puttane),
meno spesso qualche prelibatezza d’oriente –
un indiano speziato al punto giusto, un cinese al vapore,
humus di palestinese di Gaza, tutt’altro sapore,
annegati con la loro barchetta di linea fuori orario,
con il loro gommone sovraccarico, d’incerto itinerario,
molto più di rado di quando non capiti il contrario,
di un pesce à l’orientale sulla nostra tavola penitente,
il venerdì santo nella dieta di quelli senza salario,
il povero, il nullatenente, il precario…
buon appetito buon appetito signor ministro, presidente,
signora, signor ambasciatore, colonnello,
buon appetito a tutto l’occidente dell’occidente,
buon appetito a me e a te, buona frittura scottadito,
buona impepata a tutti, il guazzetto è squisito,
l’acqua della spigola, l’acqua di cottura è davvero pazza!
buon appetito onorevole e a lei dottore, eminenza…
ancora non le hanno portato… il tonno è di razza,
pinne gialle, minacciato di estinzione… ma per lei eccellenza,
il pesce spada era ancora vivo… La spada? Scherza! Ma sta scherzando?
Solo roba fresca, l’aroma del mare, di primissima qualità,
guardi l’occhio… guardi l’occhio per carità,
che bendidioedellamadonna, senta che profumo, che fragranza…
Lasci perdere, pensi alla panza e alla paranza
con rispetto parlando, guardi che poesia, guardi che danza…
e che sciccheria, che eleganza, manca solo il vino,
manca solo di annaffiare il tutto con un goccino
rosso sangue d’annata che l’hanno sdoganato con il pesce
(dopo Mussolini, Gelli e qualche altro quaqquaraquà)
mancava il vino rosso con il pesce et… voilà:
Chianti d’annata per tutti, musica e ogni angoscia passerà!

Canti per i senza patria. Poesia n. 319, Ottobre 2016

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