dipinto di Paul Schulenburg
La casa natale - Yves BonnefoyOra, nello stesso sogno
sono disteso sul fondo di una barca,
la fronte, gli occhi poggiati contro le sue assi curve
su cui ascolto frangersi l’acqua bassa del fiume.
E bruscamente questa prua di solleva,
immagino che già qui sia l’estuario,
ma mantengo gli occhi rivolti contro il legno
che ha odore di catrame e di colla.
Troppo vaste le immagini, troppo luminose
che ho accumulate nel mio sonno.
Perché rivedere, fuori,
le cose delle quali le parole mi parlano, ma senza convincere,
desidero una riva più alta o meno oscura.
Eppure rinuncio a questo suolo che si muove
sotto il corpo che si cerca, mi alzo,
percorro la casa da una stanza all’altra,
ve ne sono adesso innumerevoli,
sento gridare voci dietro porte,
sono colto da quei dolori che battono
alle cornici che si sgretolano, mi affretto,
troppo greve è per me la notte che dura, entro spaventato
in una sala piena di banchi,
vedi, mi dicono, fu la tua classe,
vedi sui muri le tue prime immagini,
vedi, è l’albero, vedi, qui è il cane che guaisce,
e quella carta geografica, alla parete
gialla, quello scolorirsi dei nomi e delle forme,
quel disfarsi delle montagne, dei fiumi,
attraverso il biancore che raggela il linguaggio,
vedi, fu il tuo solo libro. L’Iside del gesso
del muro di quella sala, che si scrosta,
non ha mai avuto, non avrà mai nient’altro
da socchiudere per te, richiudere su di te.
trad. di Fabio Scotto
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