Pagine

7 agosto 2018

da “Damasco” – Suad Amiry

da “Damasco” – Suad Amiry

Ciò che più eccitava la mamma erano le decadenti storie di vita dei ricchi, in particolare le tresche che avevano luogo nelle suite n. 28 e n. 29, le due più esclusive e lussuose del King David, all’epoca l’hotel più rinomato non solo a Gerusalemme, ma nell’intera Palestina, in Egitto, Siria e Libano. “Se vuoi sapere cosa succede in Palestina… be’, se è per questo nell’intera regione, devi tenere un occhio e due orecchie su quel che succede dentro e attorno alle suite 28 e 29!” diceva spesso Wasim alla mamma, rotolandosi dalle risate.
In quelle due suite alloggiavano quasi tutte le celebrità mondiali in visita in Palestina. Inutile dire che la lista era piuttosto lunga e includeva re e regine, personaggi politici di primo piano, dignitari, uomini d’affari, milionari, nonché generali dell’esercito britannico e personalità quali re Alfonso di Spagna, il re dell’Afghanistan, il re d’Albania, re Giorgio II di Grecia, re ‘Abd Allāh I di Giordania e l’imperatore Hailé Selassié.
Particolarmente interessanti per la mamma erano i pettegolezzi che riguardavano le donne famose d’Egitto, Siria e Libano, per esempio la regina Nāzlī Ṣabri d’Egitto, moglie di re Fu’ād I e madre di re Fārūq I. Nāzlī veniva spesso a trascorrere un po’ di tempo con una sua cara amica, moglie di Mahmoud Fawzi, all’epoca console generale d’Egitto. Wasim e la mamma apprezzavano in special modo i gustosi pettegolezzi che avevano per oggetto “la Spendacciona”, l’elegante madame Zaynab al-Wakīl, moglie del primo ministro egiziano Muṣṭafā al-Naḥḥās (in carica nel 1928, nel 1930, tra il 1936 e il 1937, dal 1942 al 1944, e infine tra il 1950 e il 1952). Madame Zaynab al-Wakīl, che occupava di frequente le suite 28 e 29, era spesso accompagnata da un vasto seguito di addetti alla sicurezza, amici e parenti stretti. Era nota per la sua passione per gli abiti, i gioielli e il visone.
Le storie d’amore di cui era protagonista la grande cantante egiziana Asmahan catturavano l’immaginazione non soltanto della mamma, ma di tutta la regione. Asmahan e sua madre, che spesso venivano in visita a Gerusalemme, erano anch’esse ospitate nelle due peccaminose suite dal notabile Fakhri al-Nashashibi, nipote di Raghib al-Nashashibi, sindaco di Gerusalemme dal 1920 al 1934. Mentre girava voce che Asmahan, accusata di essere una spia britannica, fosse l’amante segreta (non poi così segreta) di Fakhri al-Nashashibi, si diceva anche che, oltre ad Asmahan, Fakhri avesse un’amante ebrea e una moglie araba. La mamma era affascinata dalle storie che riguardavano donne ricche, forti e influenti: erano loro le donne dei suoi sogni, le donne per le quali nutriva ammirazione. Venivano da vere città come Damasco, Il Cairo e Beirut. Se solo non avesse sposato l’uomo sbagliato e non fosse finita a consumare la sua esistenza in posti insignificanti come al-Salt e Amman in Giordania, e adesso nella provinciale Gerusalemme! Per quanto la riguardava, la cosa migliore della Città Santa era che ci passavano tutte quelle donne famose. “Il glamour delle egiziane, delle siriane e delle libanesi non è paragonabile alla semplicità delle donne di Gerusalemme,” si lamentava spesso con il cugino damasceno. Per di più, la mamma aveva il vantaggio di poter verificare alcune delle notizie riferitele da Wasim con quel dongiovanni del suo vicino, Nasir al-Din al-Nashashibi. Costui, che abitava a due passi da casa nostra, era un uomo pieno di risorse, un giornalista e uno scrittore noto per le sue doti di “pettegolo puro”, nonché un giovanotto che amava la vita. Oltre ad aggiungere sale e pepe a molti dei racconti di Wasim, Nasir al-Din intratteneva la mamma con altre eccitanti avventure che avevano come protagonisti i “rispettabili” giovanotti del suo quartiere, Sheikh Jarrah. “Tra gli arabi ricchi, celibi o sposati che siano, va di moda avere un’amante ebrea a Tel Aviv.” Non esclusi gli uomini di famiglie in vista come gli Husseini, i Khalidi e gli stessi Nashashibi. Costoro affittavano un appartamento per le loro amanti ebree e avevano l’abitudine di trascorrere notti di piacere lontano dalla conformista e noiosa vita di famiglia. L’edificio Abu Khadra, sulla strada tra Giaffa e Tel Aviv, era noto per essere il luogo dove le coppie arabo-ebree facevano il nido. La mamma non credeva mai a tutto quel che le veniva raccontato, “ma chi se ne infischia dell’accuratezza!”. Era comprensibile che le eterne storie d’amore di Wasim e gli aromi con cui Nasir al-Din insaporiva quelle avventure la sollevassero dall’oppressione domestica e la distraessero dalla sua ordinaria, monotona vita quotidiana nella lugubre Gerusalemme. La storia a puntate di Wasim era infinitamente più interessante e spassosa dei cinquecentoquattordici episodi in bianco e nero de I peccati di Peyton Place, che la mamma avrebbe visto in televisione decenni dopo. Come le sarebbe capitato con la soap opera made in Usa, la mamma aspettava con tossica bramosia l’episodio settimanale della serie Palestina non-kāshēr.
(…)                
Traduzione di Maria Nadotti

Nessun commento:

Posta un commento