dipinto di Charles Levier
da “Damasco” – Suad Amiry
(…)
ALBERT E GOLDA
Sebbene Wasim e il suo amico Albert avessero lo stesso cognome
(Jamal, che in arabo vuol dire cammello), uno era di Damasco, mentre l’altro
veniva da Beirut. Uno era musulmano, l’altro cristiano. Inoltre, Albert aveva
lasciato a Beirut una moglie e una figlia per venire a vivere e lavorare a
Haifa.
Il solo episodio cui la mamma non poteva o non voleva credere
(o che, per essere precisi, stentava a immaginare) era la presunta appassionata
storia d’amore tra il bellissimo Albert Jamal e la kibutnikim Golda
Mabovic, che nel 1934 aveva lasciato Milwaukee per trasferirsi in Palestina.
Golda era un’insegnante e una figura politica emergente, il cui nome, via via
che progrediva nella carriera politica, mutava da Golda Mabovic a Golda
Mayerson, quindi a Golda Meir. Parallelamente, anche la sua posizione mutava:
da ministro del Lavoro a ministro degli Esteri, fino a ricoprire la carica di
quarto primo ministro del neonato stato di Israele. Oltre a disapprovare la
storia d’amore tra Albert e la politicamente rampante Golda, la mamma era
disturbata dal fatto che lui e il suo adorato cugino Wasim portassero lo stesso
cognome.
Fu solo nel 1993, quando lo scrittore libanese Sélim Nassib
scrisse il suo primo romanzo, L’amante
palestinese, che la mamma acquisì la certezza che
ciò che Wasim le aveva raccontato vari decenni prima non era frutto della sua
fertile immaginazione, come lei aveva spesso sospettato. Con L’amante palestinese stretta
in mano (intendo il libro), fissò a lungo l’orizzonte prima di dire: “Allah yerhamak, che
Allah abbia misericordia della sua anima, ya
Wasim. Anche se mi tenevate allegra,
non ho mai creduto a tutto quello che tu e Nasir al-Din mi raccontavate”. Poi
mi guardò, sorrise, sfogliò il romanzo e cominciò a leggere: “‘L’incredibile,
appassionata storia dd’amore tra un ricco banchiere arabo e Golda Meir, primo
ministro di Israele’”.
Traduzione
di Maria Nadotti
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