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31 agosto 2018

da “Gli amori difficili” – Italo Calvino

opera di Lisandro Rota
da “Gli amori difficili” – Italo Calvino
L'avventura di una bagnante, (1951)
(…)

Nelle sue deluse fantasie, le persone cui aveva sperato di potersi rivolgere erano sempre uomini. Non aveva pensato alle donne, eppure con queste tutto doveva essere più semplice; una specie di solidarietà femminile si sarebbe certo mossa, in quella congiuntura così grave, in quell'ansia che solo una di loro poteva capire fino in fondo. Ma le comunicazioni con le persone del suo stesso sesso avevano occasioni più rare e incerte, al contrario della facilità pericolosa degli incontri con gli uomini, e una diffidenza questa volta reciproca le ostacolava. Il più delle donne passavano sui pattini in coppia con
un uomo, gelose e inaccessibili, e cercavano il largo, dove quel corpo di cui lei soffriva solo l'onta passiva, era per loro l'arma d'una lotta aggressiva e calcolabile. Qualche barca s'avanzava gremita di giovanette pigolanti e accaldate, e la signora pensava alla distanza tra l'infima volgarità della sua pena e la volatile spensieratezza loro; pensava a quando avrebbe dovuto ripetere loro il suo appello perché la prima volta certo non l'avrebbero intesa; pensava ai mutamenti dei loro visi alla notizia, e non sapeva risolversi a chiamarle. Passò pure una bionda abbronzata sola in sandolino, piena di sufficienza e d'egoismo, e certo andava al largo per far la cura del sole tutta nuda, e nemmeno la sfiorava il pensiero che quella nudità potesse essere una disgrazia o una condanna. La signora Isotta s'accorse allora di come la donna sia sola, di come tra le sue simili sia rara (forse spezzata dal patto stretto con l'uomo) la bontà solidale e spontanea, che previene gli appelli e che le affianca a un cenno d'intesa nel momento della disgrazia segreta che l'uomo non comprende. Mai le donne l'avrebbero salvata: e le mancava l'uomo. Si sentiva all'estremo delle forze.
Una piccola boa di color ruggine, presa fin allora d'assalto da un grappolo di ragazzi tuffatori, tutt'a un tratto, a un tuffo generale, restò sgombra. Vi si posò un gabbiano, sventagliò con le ali, e volò via, perché la signora Isotta s'afferrava all'orlo. Annegava, se non riusciva ad aggrapparsi in tempo. Ma neanche la morte era possibile, neanche questo ingiustificabile, sproporzionato rimedio le si lasciava; perché già stava per venir meno e non riusciva a sollevare il mento trascinato verso l'acqua, quando aveva visto un rapido drizzarsi d'uomini sulle imbarcazioni intorno, pronti a tuffarsi in suo soccorso: erano lì solo per salvarla, per portarla nuda e svenuta tra le domande e le occhiate d'un pubblico curioso, e il suo pericolo di morte non avrebbe sortito che l'esito ridicolo e vile cui invano lei tentava di sfuggire.
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