opera di Lisandro Rota
da “Gli amori
difficili” – Italo Calvino
L'avventura di una bagnante, (1951)
(…)
Nelle sue deluse
fantasie, le persone cui aveva sperato di potersi rivolgere erano sempre
uomini. Non aveva pensato alle donne, eppure con queste tutto doveva essere più
semplice; una specie di solidarietà femminile si sarebbe certo mossa, in quella
congiuntura così grave, in quell'ansia che solo una di loro poteva capire fino
in fondo. Ma le comunicazioni con le persone del suo stesso sesso avevano
occasioni più rare e incerte, al contrario della facilità pericolosa degli
incontri con gli uomini, e una diffidenza questa volta reciproca le ostacolava.
Il più delle donne passavano sui pattini in coppia con
un uomo, gelose e
inaccessibili, e cercavano il largo, dove quel corpo di cui lei soffriva solo
l'onta passiva, era per loro l'arma d'una lotta aggressiva e calcolabile.
Qualche barca s'avanzava gremita di giovanette pigolanti e accaldate, e la
signora pensava alla distanza tra l'infima volgarità della sua pena e la
volatile spensieratezza loro; pensava a quando avrebbe dovuto ripetere loro il
suo appello perché la prima volta certo non l'avrebbero intesa; pensava ai
mutamenti dei loro visi alla notizia, e non sapeva risolversi a chiamarle.
Passò pure una bionda abbronzata sola in sandolino, piena di sufficienza e
d'egoismo, e certo andava al largo per far la cura del sole tutta nuda, e
nemmeno la sfiorava il pensiero che quella nudità potesse essere una disgrazia
o una condanna. La signora Isotta s'accorse allora di come la donna sia sola,
di come tra le sue simili sia rara (forse spezzata dal patto stretto con
l'uomo) la bontà solidale e spontanea, che previene gli appelli e che le
affianca a un cenno d'intesa nel momento della disgrazia segreta che l'uomo non
comprende. Mai le donne l'avrebbero salvata: e le mancava l'uomo. Si sentiva
all'estremo delle forze.
Una piccola boa di
color ruggine, presa fin allora d'assalto da un grappolo di ragazzi tuffatori,
tutt'a un tratto, a un tuffo generale, restò sgombra. Vi si posò un gabbiano,
sventagliò con le ali, e volò via, perché la signora Isotta s'afferrava
all'orlo. Annegava, se non riusciva ad aggrapparsi in tempo. Ma neanche la
morte era possibile, neanche questo ingiustificabile, sproporzionato rimedio le
si lasciava; perché già stava per venir meno e non riusciva a sollevare il
mento trascinato verso l'acqua, quando aveva visto un rapido drizzarsi d'uomini
sulle imbarcazioni intorno, pronti a tuffarsi in suo soccorso: erano lì solo
per salvarla, per portarla nuda e svenuta tra le domande e le occhiate d'un pubblico
curioso, e il suo pericolo di morte non avrebbe sortito che l'esito ridicolo e
vile cui invano lei tentava di sfuggire.
(…)
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