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3 agosto 2018

da “Il canto di Penelope” - Margaret Atwood

Alma Tadema - Una festa privata
da “Il canto di Penelope” - Margaret Atwood
(…)
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Entra il Coro.
La nascita di Telemaco. Idillio

Nel sangue rosso-vino di sua madre
durante nove mesi ha navigato,
piccola, scura barca di se stesso,
dall’antro della Notte era salpato,
per l’oceano vasto di sua madre.
Quell’antro dove il filo della vita
svolge, misura e tronca
delle Sorelle il macabro lavoro.
E il filo delle donne vi s’intreccia.

Noi dodici, morte di sua mano,
al comando feroce di suo padre,
come lui avevamo navigato,
piccole scure barche di noi stesse
negli agitati mari delle madri,
dai doloranti e lacerati piedi.
Non erano regine: un’accozzaglia,
incerta, disparata e variopinta,
comprate, contrattate, catturate,
prelevate tra serve e forestiere.

Nove mesi di viaggio, giunte a riva
e alla stessa ora tratte in secco,
da un’aria ostile accolte,
piangenti quando lui stesso piangeva,
dieci volte più di lui indifese.

La sua nascita è stata festeggiata, la nostra no.
Sua madre ha dato vita a un principino, le nostre no.
Le nostre hanno figliato come scrofe,
puledre, gatte, uccelli da covata.
Eravamo bestiole offerte a tutti
oggetto di mercato finché fresche.
Mentre lui era stato generato,
noi eravamo solamente apparse
come il croco, la rosa, i passerotti,
imbrattati di fango.

Le nostre vite intrecciate alla sua,
bambine quando lui era bambino,
cuccioli, giochi, finte sorelline,
crescevamo, minuscole compagne.
E quando lui correva, noi correvamo
sempre più sporche e più affamate,
con più macchie di sole e il piatto vuoto.
Ma gli appartenevamo di diritto,
per lavarlo, nutrirlo e divertirlo,
poi, incerte barchette di noi stesse,
cullarlo fino al sonno.

Non sapevamo, allora, sulle rive
della pietrosa isoletta di capre,
che lui un giorno, con occhi di gelo,
quasi un ragazzo, ci avrebbe impiccate.
Saremmo mai riuscite ad affogarlo?
Tanto i bambini non hanno morale.

Noi eravamo in dodici, lui solo.
L’avremmo fatto? Un attimo bastava
a spinger la sua testa ancora pura
con le nostre manine ancora pure.
Ci saremmo riuscite oppure no?
Lo sanno le Sorelle del Destino
che svolgono il groviglio rosso sangue
e filano le vite degli umani.
Loro sanno quel che può mutare,
sanno quello che abbiamo nel cuore.
Non avrete da noi una risposta.

traduzione di G. Aurelio Privitera

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