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4 agosto 2018

da Nel giardino del diavolo - Stewart Lee Allen

da Nel giardino del diavolo - Stewart Lee Allen
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La lezione che mio nipote imparò quel giorno era semplice. Fai pure pipì sulla testa di tuo padre, sputa su tua madre, ma non mangiare quello. E quello è l’argomento di questo libro, i cibi proibiti e il loro significato, dalla cioccolata al foie gras, alle patatine fritte; dai tempi del Paradiso terrestre ai giorni nostri. Quell’episodio mi fece capire quanto sono profondi i nostri sentimenti riguardo al cibo. La vita, dopo tutto, è una lunga sosta a tavola, perciò, quando decidiamo che un cibo è tabù, c’è di solito una storia interessante da raccontare. La Bibbia fu la prima a usare il cibo proibito per spiegare la natura umana, e da allora i nostri capi religiosi e politici hanno sempre manipolato questo concetto con tanto fervore che esso ha finito per dare sapore a tutte le emozioni che proviamo davanti a una tavola imbandita. Oggi valutiamo un piatto in base al senso di colpa che suscita in noi, almeno a giudicare dalle pubblicità che vediamo in giro, e se non è abbastanza “peccaminoso”, lo troviamo di solito meno saporito.
È una situazione che ha portato alla criminalizzazione di centinaia di piatti nel corso della storia, e poiché vietiamo le cose in base al loro legame con un particolare peccato, ho diviso questo libro in vari capitoli, corrispondenti, ognuno, ai famosi sette vizi capitali: lussuria, gola, superbia, accidia, avarizia (avidità), invidia (empietà) e ira. In ogni capitolo sono raccontate le storie di manicaretti proibiti in quanto collegati a un vizio che la società in questione trovava particolarmente riprovevole. Il primo capitolo parla della lussuria, in onore dell’illecito bocconcino consumato da Eva, e degli approcci sessuali che ne seguirono. Cibo e sesso sono una combinazione che dà alla testa, e il venticinque per cento delle persone che perdono la capacità di gustare il cibo, perdono anche la loro libido. Secondo Freud, tutti gli individui provano la loro prima eccitazione, sessuale e culinaria, quando succhiano il latte dal seno della madre. La nostra passione per gli afrodisiaci ha portato all’estinzione di intere specie animali e alla caduta di imperi, prova ne sia il singolare ruolo giocato dalla cioccolata ai tempi della Rivoluzione francese.
Il libro continua il suo viaggio attraverso i vari peccati, toccando gli aspetti più vari. Da come, per esempio, la prima immagine di Dio si rapporta a certi tabù esistenti in Asia e nel
mondo occidentale, a come le moderne multinazionali manipolano il nostro istinto d’aggressione subliminale per rendere più allettante il loro cibo-spazzatura. Poiché le persone che invitiamo a cena sono importanti quanto i cibi che serviamo, alcune storie narrano come queste regole abbiano giocato un ruolo determinante in eventi che hanno cambiato il mondo, quali per esempio la crocifissione di Cristo. Le contese tra i vari “chef”, come quella che divise in due l’Europa nel Medioevo, ne sono la prova evidente. Ci sono anche delle ricette. Il famoso purè di patate di Joël Robuchon (p. 134) dovrebbe darvi il sapore della famosa estasi accidiosa che nell’Ottocento spinse gli inglesi a proibire il tubero. L’antico piatto romano di pagina 62 dà un’idea della decadenza dei costumi che Cesare cercò di combattere, quando il vizio della tavola stava minacciando il più grande impero del mondo.
Questi tabù alimentari erano così importanti per i nostri avi che spesso preferivano morire di fame piuttosto che infrangerli, e almeno metà della popolazione mondiale – dagli indù che adorano le vacche sacre, agli ebrei con le loro regole kosher, fino ai giovani occidentali imbevuti di dottrine vegetariane – vive ancora osservando quotidianamente delle regole alimentari restrittive. Per molti, queste regole sono fondamentali per definire la propria identità, in rapporto sia alla religione sia ai propri simili, e in pratica modellano la società in cui viviamo. Perfino nell’Occidente, dove i divieti veri e propri sono rari, i tabù alimentari covano sotto la cenere.
Molti studiosi ritengono che le malattie di origine psicologica, come l’anoressia, che conta decine di migliaia di vittime l’anno, nascono in parte dalla complessa psicosi sociale, retaggio delle antiche norme alimentari. E qualche volta, quando ignoriamo queste norme, i risultati sono catastrofici; almeno una delle grandi calamità del XXI secolo è direttamente collegata alla violazione di profondi tabù legati alle attività cannibalesche.
Quello che mi ha maggiormente colpito, mentre scrivevo questo libro, è il numero sorprendente di persone che hanno combattuto, hanno ucciso e sono state uccise in nome del cibo che veniva presentato a tavola. Queste leggi sui cibi proibiti danno alla storia una prospettiva molteplice. Ci dicono molto circa la natura del piacere e possono trasformare il nostro pranzo in una meditazione su quelli che sono i rapporti tra le delizie e le sofferenze del palato, tra il sacro e il profano.
Ma tornando alla prima mela...
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