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14 agosto 2018

da “Malte Laurids Brigge” – Rainer Maria Rilke

foto flickr.com
da “Malte Laurids Brigge” – Rainer Maria Rilke
Bibliothèque Nationale
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Fra una stanza e l’altra lungo tutta la parete correva un canale bianco sporco e su quel canale si snodava come un verme, con i nauseabondi contorcimenti di un intestino che digerisce, il tubo aperto e arrugginito delle latrine. Delle condutture dove era passato il gas illuminante erano rimaste tracce grigie e polverose all’orlo dei soffitti che qua e là si curvavano in bizzarre volute e sparivano nel colore delle pareti lasciando buchi tenebrosi. Ma quello che è più difficile dimenticare sono le pareti stesse. La vita tenace di quelle stanze non si era lasciata distruggere. Era ancora là, aggrappata ai chiodi rimasti sui muri, dritta sugli ultimi resti dei pavimenti, appiattata nei rifugi degli angoli, dove restava ancora un po’ di spazio. Si poteva vederla nei colori che lentamente, da un anno all’altro, cambiavano: il blu diventava un verde pallido, il verde grigio, il giallo un bianco vecchio e gualcito, pieno di muffa. Ma era anche nei luoghi più freschi che si erano mantenuti dietro gli specchi, i quadri e gli armadi; aveva tracciato sempre più netti i loro contorni e si era rifugiata in quegli angoli nascosti con la polvere e le tele di ragno che ora apparivano alla luce. Era in ogni striscia logora, in ogni bolla di umidità cresciuta all’orlo inferiore della tappezzeria. Palpitava in ogni brandello strappato, trasudava dalle macchie schifose che si erano formate da lungo tempo.
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