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4 agosto 2018

da Nel giardino del diavolo - Stewart Lee Allen

                                                            Nicolas Fouché - Pomona
da Nel giardino del diavolo - Stewart Lee Allen
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Avvolta da odore soave
Per anni, dopo la mia esperienza natalizia sul Monte Athos, meditai su quanto aveva affermato il vecchio eremita, e cioè che l’identificazione della mela come frutto proibito fosse tutta “un’invenzione del papa”. Sapevo, naturalmente, che la chiesa greco-ortodossa e quella cattolica romana erano in conflitto da quasi mille anni, perciò la sua osservazione poteva essere un attacco proditorio a un antico rivale. Ma un’altra possibile spiegazione si può trovare nella topografia dell’Europa precristiana. A quell’epoca il Vecchio Mondo si divideva più o meno in due gruppi umani: a sud delle Alpi viveva una popolazione mediterranea, di carnagione scura, che, tra le altre attività, coltivava e apprezzava il frutto della vigna. Adorava, sarebbe il caso di dire, poiché l’uva procurava una bevanda inebriante, il vino, che rappresentava un mistico viatico in tutti i riti, da quello pagano di Dioniso fino al più recente culto della chiesa cattolica romana. A nord di questo confine naturale vivevano varie tribù barbariche, tra le quali i celti. Poiché la vigna non attecchiva dalle loro parti a causa del clima avverso, essi veneravano la mela. Al posto del vino, i loro sacerdoti, druidi, usavano durante le cerimonie religiose il sidro, una bevanda alcolica fatta con le mele. Non a caso battezzarono il loro paradiso Avalon, o Isola delle mele, dove sicuramente non mancava, in bella vista, una pressa da sidro.
Le popolazioni mediterranee dionisiache fusero le loro credenze con quelle del cristianesimo per formare la chiesa di Roma. I celti fecero lo stesso con la fede druidica e crearono un altro tipo di cristianesimo, che si chiamò chiesa celtica. Inutile dire che i due gruppi si detestavano con tutta l’anima. I monaci celti si rifiutavano di mangiare o di pregare con i sacerdoti romani, e ritenevano infetti gli utensili usati da questi ultimi.
La chiesa di Roma, dal canto suo, condannò come eretici i riti celti e minacciò di giustiziare i missionari celti che nel frattempo cominciavano a diffondere il loro verbo nell’Europa occidentale. Sul finire del IV secolo la situazione stava precipitando e il mondo cristiano si stava spaccando in due.
Come per incanto, sull’albero della conoscenza proibita cominciarono a spuntare le mele.
Una mela, tra quelle sull’albero fatale,
Avvolta da odore soave, si propose
Con sospiro insinuante, e si offrì a Eva.
L’episodio del primo morso peccaminoso di Eva fu descritto dal poeta romano Avito intorno al 470 d.C., all’apice, più o meno, del conflitto romano-celtico. Il fatto che la chiesa di Roma avesse scelto quel particolare momento per enfatizzare tutte le componenti malefiche del frutto caro ai celti poteva essere dovuto a una semplice coincidenza, ma la scelta fu meno casuale di quanto si pensi. Innanzitutto le Sacre Scritture identificavano nel fico e non nella mela il frutto proibito. Inoltre la chiesa romana aveva creato di sana pianta il termine adottato da Avito per indicare tale frutto. Il termine è pomum, che deriva da Pomona, la dea pagana dei frutti, degli orti e dei giardini. Ci si sarebbe potuti attenere alla parola malum usata nelle prime Bibbie redatte in greco, che vuol dire sia male che frutto. Quale termine migliore? Perché cambiarlo? Probabilmente non lo sapremo mai, ma battezzando il frutto proibito con un nome di derivazione pagana si voleva ricordare emblematicamente ai nuovi cristiani che le precedenti religioni, non cristiane, equivalevano alla conoscenza proibita, cioè all’eresia.

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