Le attese – Alexandra Zambà
1.
Allontanatevi
dal cancello verde bottiglia
sgangherato cigolante
chiuso con la catena arrugginita
grande rimorso di lucchetto prepotente
la sciate la casa alle spalle aperta
Legatemi,
dieci mandate salda sulla stecca di centro
stretta sulla strada
allo scoperto del sole e dei venti
Inchiodatemi,
in piedi sul selciato d’ingresso
sotto il pino d’Aleppo
la curva ubriaca di gelsomino
Fermatemi,
la testa con lino di enigmatica sposa
di ginestra ruvida
Lasciatemi,
udire le albe
l’abbaglio dei tramonti
mormorii di onde
materni strazi
su rocce, costate di monti
lasciatemi senza pietà
scoprire sola la strada
ed il suo passaggio
per starmi sempre vicino
allontanatevi
2.
La mia voce rimbomba nei polmoni
scorre e va lungo gli stipiti del dolore
ti chiamo anima mia, dove sei?
È maggio la nebbia mattutina offusca e bagna
la tua finestra, cuore mio, ha i vetri rotti
torpore sugli alberi
la scala di legno serpeggia sul muro traballante
il vocabolario è povero privo di sottigliezze
mi serve una parola, anima mia, che passa dal greco
una di quelle appese dalle travi del soffitto e aspettano
dal gancio di centro, cuore mio, dondolante aspetta
il tuo, anima mia, difficile ritorno
3.
La gioia era sabbia
tritumi granelli duri
lasciati liberi girovagare in basso
senza addensare il salto ed il volo
– sgomenti riflessi –
il cuore arroccato, la pioggia scoscesa
sbriciolata la roccia
scandiva la discesa di sabbia
4.
Apparsa all’improvviso
erma di un viso serio su busto silenzioso
segnava il crocicchio
– buco nero non mandava le vie, le ingoiava tutte –
Quel giorno peregrino stesa sulle foglie
sentii il brivido della vita fremere sulla schiena
spingeva in alto
grossa gemma sotterranea
– ignara del gelo inodore dell’inverno –
5.
Il mare era Ionio
I cieli suonati a raccolta
voltavano i grigi allora in blu,
il mare era Ionio
Tutt’intorno un increspare di dolce pane
– stendevano l’aria i gabbiani –
Assorto tu sulla prua annusavi la terra d’isola
il viso s’allungava tutto sul mare di allora
e
gli occhi trasognati rubavano la luce funambola
la luce di allora
6.
Sospinti alla rinfusa
scendono le scale sperduti
domande compresse nei fagotti
Nel sotterraneo ora aspettano stipati
– solo orecchie –
muti fuggiaschi, sciolti capelli
sparsi di cenere
– hanno sentito ormai il passo delle Erinni -
7.
Buzzo
per schiodare una vite fuori posto
– tentenno mi sostengo sul muro –
non ha scelto certo di marcire nell’ombra il muro
tenère radici nell’odore del muschio
sentire slittare il giorno sempre più in là
e non so come in fretta radicò tra le rose
e s’attorcigliò sul pino d’Aleppo, la vite
– e non chiedeva acqua -
8.
La lontananza
Eremo temuto la lontananza
sfiora l’orizzonte siderea
sfuma nel cielo denso di ombre, dolore
ll sangue versa salmastro nel silenzio e
alga impigliata la voce risuona assenze
filiforme resta ferma pressata in gabbia
Esule in capo al mondo la lontananza
lamenta afona discorsi incomprensibili
Avanza parola isolata in un glossario
9.
Non mi guardasti e alzai la voce
Incollai l’orecchio allo specchio
fermai
l’uscita di spalle rette spavalde
Rimase d’allora tua immagine
tra risa e pianti e timbri lontani
10.
Il cielo sul finire sbandierava
misto mare salsedine e brezza
Sfumava incagliata sulla spiaggia lontana
fumosa ed immobile
l’immagine di un altro mare lupino viola
Piegarla in valigia non era intenzionale
ma il tempo indugiava e la fuga governava l’animo
Un altro po’ – pensavo avvolta nel turbante –
lasciate portare con me che vado non so dove
l’angolo a sinistra del cielo libero in alto mare
foglie-voglie al ritmo delle onde…
11.
Mi dormiva accanto sconosciuta
stanco cappotto vecchio capelli infeltriti
senza occhi il capo pesava macigno sul fianco
trasportava i sogni nella pelle di un sacco
ripeteva le curve
nel sussulto di un vissuto perdente
Arresa alle rotaie del viaggio mio e suo
non immaginava resistenza alcuna
andavano
nuca dorso ginocchia al ritmo
din-don, din-don
12.
Attesa interminabile, non un ricordo
solo un filo srotolato logoro
una silenziosa ripida soglia persa nell’ombra
e la pianura senza margini
Passavano al momento tirate gonfie
un filo di nuvole appese, tenute salde
e le frange con i loro andirivieni
schioccavano il tempo
meditavano l’attesa raccolta nei secoli
contavano tutto quel che era andato smarrito
in una manciata di immagini legate ingenue ai sogni erranti
volavano girovaghe nei corridoi pettegoli di cieli senza tetto
Sulla curva pertica sbattevano forte il sole e la luna,
dall’alto inquadravano
– certi cortili di mite chiacchiericcio – una scala mobile
in un gomitolo rubato che scarso si torceva in basso
Smarrito ogni dubbio mutai nel nascondiglio
e silenziosa scivolai ad attraversare il tempo
solo sostegno il filo d’Arianna
13.
Vino di gioia
ci sono emozioni amico mio
che merlano lo sguardo
tremolii di lucciole
battono di gioia
E le palpebre
hai fatto caso amico mio
come si socchiudono ubriache
si arrendono al vino di gioia!
14.
Allora il bosco era la traversata
le notti palpiti senza respiro
io attraversavo silenziose parole sdrucciole
tu riempivi i miei capelli di lucciole
15.
Tra parole terrose
una voce notturna
lamenta la vita
insiste sui vetri piombati
Apro la mia finestra
il cortile cade ferito
boccheggia senza risposte
da Planare lo sguardo - La vita Felice Edizioni, 2015. Milano
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