Peter Paul Rubens - Caccia al lupo e alla volpe (dettaglio), 1616 olio su tela cm 245,4 x 376,2. Metropolitan Museum of Art New York
A Luigia Pallavicini Caduta da cavallo – Ugo
Foscolo
I balsami
beati
Per te le
Grazie apprestino,
Per te i
lini odorati
Che a
Citerea porgeano
Quando
profano spino
Le punse il
piè divino,
Quel di che
insana empiea
Il sacro Ida
di gemiti,
E col crine tergea
E bagnava di
lagrime
Il
sanguinoso petto
Al ciprio
giovinetto.
Or te
piangon gli amori,
Te fra le
dive Liguri
Regina e
diva! e fiori
Votivi
all’ara portano
D’onde il
grand’arco suona
Del figlio
di Latona.
E te chiama
la danza
Ove l’aure
portavano
Insolita
fragranza,
Allor che a’
nodi indocile
La chioma al
roseo braccio
Ti fu gentil
impaccio.
Tal nel
lavacro immersa,
Che fiori,
dall’inachio
Clivo
cadendo, versa,
Palla i
dall’elmo liberi
Crin su la
man che gronda
Contien
fuori dell’onda.
Armonïosi
accenti
Dal tuo
labbro volavano,
E dagli
occhi ridenti
Traluceano
di Venere
I disdegni e
le paci,
La speme, il
pianto, e i baci.
Deh! perché
hai le gentili
Forme e
l’ingegno docile
Volto a
studi virili?
Perché non
dell’Aonie
Seguivi,
incauta, l’arte,
Ma i ludi
aspri di Marte?
Invan
presaghi i venti
Il polveroso
agghiacciano
Petto e le
reni ardenti
Dell’inquïeto
alipede,
Ed irritante
il morso
Accresce
impeto al corso.
Ardon gli
sguardi, fuma
La bocca,
agita l’ardua
Testa, vola
la spuma,
Ed i manti
volubili
Lorda e
l’incerto freno,
Ed il
candido seno;
E il sudor
piove, e i crini
Sul collo
irti svolazzano,
Suonan gli
antri marini
Allo
incalzato scalpito
Della zampa
che caccia
Polve e
sassi in sua traccia.
Già dal lito
si slancia
Sordo ai
clamori e al fremito,
Già già fino
alla pancia
Nuota... e
ingorde si gonfiano
Non più
memori l’acque
Che una Dea
da lor nacque.
Se non che
il re dell’onde
Dolente
ancor d’Ippolito
Surse per le
profonde
Vie dal
Tirreno talamo,
E respinse
il furente
Col cenno
onnipotente.
Quei dal
flutto arretrosse
Ricalcitrando
e, orribile!
Sovra
l’anche rizzosse;
Scuote
l’arcion, te misera
Su la
petrosa riva
Strascinando
mal viva.
Pera chi osò
primiero
Discortese
commettere
A infedele
corsiero
L’agil
fianco femineo,
E apri con
rio consiglio
Nuovo a
beltà periglio!
Ché or non
vedrei le rose
Del tuo
volto sì languide,
Non le luci
amorose
Spïar ne’
guardi medici
Speranza
lusinghiera
Della beltà
primiera.
Di Cintia il
cocchio aurato
Le cerve un
dì traeano,
Ma al ferino
ululato
Per terrore
insanirono,
E dalla rupe
etnea
Precipitar
la Dea.
Gioïan
d’invido riso
Le
abitatrici olimpie,
Perché
l’eterno viso
Silenzïoso,
e pallido
Cinto
apparia d’un velo
Ai conviti
del cielo;
Ma ben
piansero il giorno
Che dalle
danze efesie
Lieta facea
ritorno
Fra le
devote vergini,
E al ciel
salia più bella
Di Febo la
sorella.
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