Sono certa che stavo
bene venerdì, quando mi alzai; caso mai mi sentivo più imperturbabile del
solito. Quando andai in cucina per prepararmi la colazione, c’era già Ainsley,
tutta abbattuta; disse che la sera prima era andata a un party da far schifo.
Giurò che c’erano stati soltanto degli studenti di odontoiatria, una cosa che
l’aveva depressa al punto che si era consolata ubriacandosi.
«Non hai idea di
quanto sia pesante», disse, «dover sopportare una ventina di conversazioni
sull’interno della bocca degli altri. La reazione più grande che ho suscitato è
stato quando ho descritto un ascesso che ho avuto una volta. Avevano
letteralmente la bava alla bocca. E gli uomini, per lo più, guardano a qualcosa
oltre ai tuoi denti, santo cielo.»
Aveva i postumi della
sbornia, una cosa che mi mise di umore allegro - mi fece sentire sana come un
pesce - e le versai un bicchiere di succo di pomodoro e le preparai
un’alka-seltzer corroborante, stando a ascoltarla e emettendo rumori di comprensione
mentre continuava a lamentarsi.
«Come se non ne
avessi abbastanza sul lavoro», disse. Ainsley lavora come collaudatrice di
spazzolini difettosi in un’impresa di spazzolini da denti elettrici: un impiego
provvisorio. Quello che aspetta è un posto vacante in una di quelle piccole
gallerie d’arte, anche se lo stipendio non è ottimo: vuole fare la conoscenza
di artisti. L’anno prima, mi disse, andava pazza per gli attori ma poi ne
incontrò effettivamente qualcuno. «È proprio una fissazione. Scommetto che
tutti quanti si portano dietro, nella tasca della giacca, quegli specchietti
ricurvi e si danno una sbirciata in bocca ogni volta che vanno al cesso per
assicurarsi di essere ancora senza carie.»
Con aria pensosa si
passò una mano fra i capelli che sono lunghi e rossi, o meglio ramati.
«Te lo immagini
baciarne uno? Direbbe: ‘Apra bene’, prima di tutto. Sono così maledettamente
limitati.»
«Deve essere stato
terribile», dissi, riempiendole di nuovo il bicchiere.
«Non potevi cambiare
argomento?»
Ainsley alzò le
sopracciglia quasi inesistenti, che quella mattina non erano ancora state dipinte.
«No, naturalmente», disse. «Facevo finta di essere terribilmente interessata. E
naturalmente non ho lasciato capire che mestiere facevo: quei professionisti se
ne hanno così a male se uno sa qualcosa del loro argomento. Sai, come Peter.»
Ainsley tende a
punzecchiare Peter, soprattutto quando non si sente bene. Feci la generosa e
non ribattei. «Faresti meglio a mangiare qualcosa prima di andare al lavoro», dissi.
«Quando si ha qualcosa nello stomaco si sta meglio.»
«Oh dio», fece
Ainsley, «non riesco a sopportarne il pensiero. Un altro giorno di macchine e
di bocche. È da un mese che non ne passo uno di interessante, da quando quella
donna ci rispedì il suo spazzolino perché cadevano le setole. Scoprimmo che
aveva adoperato dell’Ajax.»
Mi lasciai così
prendere dalla mia efficienza per amore di Ainsley, mentre mi congratulavo con
me stessa per la mia superiorità morale rispetto a lei, che non mi resi conto
di quanto si fosse fatto tardi, finché non fu lei a ricordarmelo. All’impresa
degli spazzolini elettrici non badano a che ora si arrivi, ma la mia impresa si
considera puntuale. Dovetti lasciar perdere l’uovo, e buttar giù un bicchiere
di latte e una tazza di fiocchi d’avena freddi già sapendo che in tal modo la
fame mi sarebbe tornata molto prima dell’ora di pranzo.
Masticai un pezzo di
pane, mentre Ainsley mi osservava in un silenzio nauseato, e afferrai la borsa,
lasciando che Ainsley chiudesse la porta dell’appartamento dietro di me.
(…)
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