Intransigenza-tolleranza.
Intolleranza-transigenza
Intransigenza
è il non permettere che si adoperino - per il raggiungimento di un fine - mezzi
non adeguati al fine e di natura diversa dal fine.
L'intransigenza
è il predicato necessario del carattere. Essa è l'unica prova che una
determinata collettività esiste come organismo sociale vivo, ha cioè un fine,
una volontà unica, una maturità di pensiero. Poiché l'intransigenza richiede
che ogni singola parte sia coerente al tutto, che ogni momento della vita
sociale sia armonicamente prestabilito, che tutto sia stato pensato. Vuole cioè che si abbiano dei principi generali,
chiari e distinti, e che tutto ciò che si fa necessariamente dipenda da essi.
Perché,
dunque, un organismo sociale possa essere disciplinato intransigentemente è
necessario che esso abbia una volontà (un fine) e che il fine sia secondo
ragione, sia un fine vero, e non un fine illusorio. Non basta: bisogna che
della razionalità del fine siano persuasi tutti i singoli componenti
l'organismo, perché nessuno possa rifiutare l'osservanza della disciplina,
perché quelli che vogliono far osservare la disciplina possano domandare questa
osservanza come compimento di un obbligo liberamente contratto, anzi di un
obbligo a fissare il quale lo stesso recalcitrante ha contribuito.
Da queste
prime osservazioni risulta come l'intransigenza nella azione abbia per suo
presupposto naturale e necessario la tolleranza nella discussione che precede
la deliberazione.
Le
deliberazioni stabilite collettivamente devono essere secondo ragione. La
ragione può essere interpretata da una collettività? Certamente l'unico fa più
in fretta a deliberare (a trovar la ragione, la verità) che non una
collettività. Perché l'unico può essere scelto tra i più capaci, tra i meglio
preparati a interpretare la ragione, mentre la collettività è composta di
elementi diversi, preparati in diverso grado a comprendere la verità, a
sviluppare la logica di un fine, a fissare i diversi momenti attraverso i quali
bisogna passare per il conseguimento del fine stesso. Tutto ciò è vero, ma è
anche vero che l'unico può diventare o essere visto come tiranno, e la
disciplina da esso imposta può disgregarsi perché la collettività si rifiuta, o
non riesce a comprendere l'utilità dell'azione, mentre la disciplina fissata
dalla collettività stessa ai suoi componenti, anche se tarda ad essere
applicata, difficilmente fallisce nella sua effettuazione.
I componenti
la collettività devono pertanto mettersi d'accordo tra loro, discutere tra
loro. Deve, attraverso la discussione, avvenire una fusione delle anime e delle
volontà. I singoli elementi di verità, che ciascheduno può portare, devono
sintetizzarsi nella complessa verità ed essere l'espressione integrale della
ragione. Perché ciò avvenga, perché la discussione sia esauriente e sincera, è
necessaria la massima tolleranza. Tutti devono essere convinti che quella è la
verità, e che pertanto bisogna assolutamente attuarla. Al momento dell'azione tutti
devono essere concordi e solidali, perché nel fluire della discussione si è
venuto formando un tacito accordo, e tutti sono diventati responsabili
dell'insuccesso. Si può essere intransigenti nell'azione solo se nella
discussione si è stati tolleranti, e i più preparati hanno aiutato i meno preparati
ad accogliere la verità, e le esperienze singole sono state messe in comune, e
tutti gli aspetti del problema sono stati esaminati, e nessuna illusione è
stata creata [diciotto righe censurate].
Naturalmente
questa tolleranza - metodo delle discussioni fra uomini che fondamentalmente
sono d'accordo, e devono trovare le coerenze tra i principi comuni e l'azione
che dovranno svolgere in comune - non ha che vedere con la tolleranza, intesa
volgarmente. Nessuna tolleranza per l'errore, per lo sproposito. Quando si è
convinti che uno è in errore - ed egli sfugge alla discussione, si rifiuta di
discutere e di provare, sostenendo che tutti hanno il diritto di pensare come
vogliono - non si può essere tolleranti. Libertà di pensiero non significa
libertà di errare e spropositare. Noi siamo solo contro l'intolleranza che è un
portato dell'autoritarismo o dell'idolatria, perché impedisce gli accordi
durevoli, perché impedisce che si fissino delle regole d'azione obbligatorie
moralmente perché al fissarle hanno partecipato liberamente tutti. Perché
questa forma di intolleranza porta necessariamente alla transigenza,
all'incertezza, alla dissoluzione degli organismi sociali [sei righe
censurate].
Perciò
abbiamo fatto questi ravvicinamenti: intransigenza-tolleranza,
intolleranza-transigenza.
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