Sebastian Henkelmann - Ritratto di Baby de Almeida , 1927. Olio su tela, 91.00 x 78.00 cm
da “L'assaggiatrice”
- Giuseppina Torregrossa
Bruno mi appare
grande e la sua presenza riempie la casa; è gentile e di poche parole, domanda
di me, delle bambine, di come mi sento, cerca di darmi un poco della sua forza.
Ha un sorriso largo, aperto e caloroso. La gente qua non vuole bene agli
sbirri, li tiene lontani e anch’io, nonostante il trasporto che provo per lui,
nutro verso tutti i poliziotti in genere una certa diffidenza. Ci passiamo un poco
di tempo seduti in cucina, quasi in silenzio, fatte salve le poche cose che lui
mi chiede e le quattro parole di risposta che riesco a dare.
«E lei, come sta lei,
Bruno?», muovo appena la bocca.
Il commissario mi
risponde con un leggero cenno degli occhi e con un sospiro lungo, un desiderio
trattenuto. Ha uno sguardo liquido e penetrante che arriva dritto dritto alla
pancia. Sento una scossa che mi attraversa tutto il corpo, affondo nella sedia
e stringo le gambe che sotto al tavolo si muovono da sole.
Bruno mi afferra la
mano con forza e dritto negli occhi mi spara una raffica di parole: «Ho una
moglie gelosa. Ogni sera quando torno a casa mi osserva, mi odora peggio di un
cane da caccia, cerca segnali di femmine. Quasi quasi le invidio tutta questa
libertà che le è piovuta addosso. Lei, Anciluzza, non lo capisce ancora, ma la
scomparsa di suo marito rappresenta una gran fortuna. Se ne accorgerà tra un
po’ di tempo».
È bello, scuro di
pelle, sensuale come un serpente, proprio l’uomo che in questo momento vorrei
avere vicino, penso. Intanto lui beve. Beve con gli occhi chiusi quel caffè,
nero, caldo, forte, poi addenta un dolcino di ricotta ancora tiepido; lo
osservo con attenzione e un improvviso languore dalle gambe sale su fino al
petto che, non so perché, si alza e si abbassa di continuo. Le parole mi escono
da sole, in un soffio, come un respiro profondo quando si ha bisogno di aria:
«Da che è successa la disgrazia ho quasi lasciato perdere di cucinare. Le bambine
non ne possono più di mangiare cose fredde: pane conzato, panelle, tonno
sott’olio e pollo di rosticceria, ma non ho gana più né di cuocere né di mangiare.
In cucina la tavola è sempre in ordine, il marmo pulito pulito, l’odore di
candeggina, mi pare di essere in un ospedale. Ci manca solo la puzza del brodo
e della verdura bollita».
Dalla casa vicina
arriva rumore di piatti, di olio che frigge, di risate. Mi scappa di nuovo da
piangere. Babba, babba, babbasunazza!
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