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7 dicembre 2018

L’assaggiatrice – Giuseppina Torregrossa

dipinto di Kenne Gregoire
L’assaggiatrice – Giuseppina Torregrossa

La porta è serrata, Hamed ha messo pure il biglietto CHIUSO FINO ALLE CINQUE, bravo.
Apro la bottiglia, il tappo che esce fa un rumore secco, sto per mettermi la camicia, ma lui mi ferma e si leva la sua. Spalanco gli occhi e mi perdo nella sua bellezza. Hamed ha un torace muscoloso, la pelle liscia e senza peli che mi fa impazzire, i pettorali forti, le braccia lunghe che finiscono con mani grandi, callose, scure. Dirigo lo sguardo verso le gambe e per la prima volta le vedo; sembrano solide, ne indovino la forma attraverso i pantaloni leggeri, di garza trasparente; i piedi larghi, saldi sul pavimento, che sostengono un uomo fatto per rendere felice qualunque donna.
È rimasto un po’ di miele, Hamed se lo spalma sulle labbra e poi si avvicina a baciarmi. Guardo i suoi denti bianchi, gli occhi scuri che sorridono incorniciati da piccole rughe e non so cosa fare prima; in pochi secondi i pensieri più ingenui si affollano nella mente e fanno a pugni con i desideri più feroci. Cosa mi conviene di più? Se mi avvicino e lo bacio, non riesco a guardarlo; ma se voglio guardarlo negli occhi devo staccarmi da lui e soffrirò di non poterlo toccare… In alcune occasioni la mia mente è un ostacolo messo di traverso tra me e la felicità.
Per fortuna Hamed mi toglie dall’indecisione, si avvicina e mi bacia. Le sue labbra profumano di salvia. Piano, senza fretta, la sua lingua scivola nella mia bocca, scorre su i miei denti, s’insinua negli angoli, affonda e si ritrae. Poi si rimette seduto come un re sul trono e con un cenno della mano m’invita a sedermi su di lui, mi aiuta con piccole pressioni delle braccia, strette attorno ai fianchi. Mi alzo la gonna, ma ci ripenso, lo allontano quel tanto che basta per guardarlo in faccia. Ho un vero e proprio bisogno fisico di sentirlo parlare. Gli sussurro sulla bocca: «Dimmelo che mi vuoi, dimmelo con le tue parole. Io lo so, vedo il desiderio nei tuoi occhi, lo avverto nelle tue mani poggiate sulla mia pancia. Ma ti prego, fammi sentire il suono della tua voce, raccontami il mistero della tua vita, della tua terra».

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