dipinto di Kenne Gregoire
L’assaggiatrice – Giuseppina Torregrossa
La porta è serrata,
Hamed ha messo pure il biglietto CHIUSO FINO ALLE CINQUE, bravo.
Apro la bottiglia, il
tappo che esce fa un rumore secco, sto per mettermi la camicia, ma lui mi ferma
e si leva la sua. Spalanco gli occhi e mi perdo nella sua bellezza. Hamed ha un
torace muscoloso, la pelle liscia e senza peli che mi fa impazzire, i pettorali
forti, le braccia lunghe che finiscono con mani grandi, callose, scure. Dirigo
lo sguardo verso le gambe e per la prima volta le vedo; sembrano solide, ne
indovino la forma attraverso i pantaloni leggeri, di garza trasparente; i piedi
larghi, saldi sul pavimento, che sostengono un uomo fatto per rendere felice
qualunque donna.
È rimasto un po’ di
miele, Hamed se lo spalma sulle labbra e poi si avvicina a baciarmi. Guardo i
suoi denti bianchi, gli occhi scuri che sorridono incorniciati da piccole rughe
e non so cosa fare prima; in pochi secondi i pensieri più ingenui si affollano
nella mente e fanno a pugni con i desideri più feroci. Cosa mi conviene di più?
Se mi avvicino e lo bacio, non riesco a guardarlo; ma se voglio guardarlo negli
occhi devo staccarmi da lui e soffrirò di non poterlo toccare… In alcune
occasioni la mia mente è un ostacolo messo di traverso tra me e la felicità.
Per fortuna Hamed mi
toglie dall’indecisione, si avvicina e mi bacia. Le sue labbra profumano di
salvia. Piano, senza fretta, la sua lingua scivola nella mia bocca, scorre su i
miei denti, s’insinua negli angoli, affonda e si ritrae. Poi si rimette seduto
come un re sul trono e con un cenno della mano m’invita a sedermi su di lui, mi
aiuta con piccole pressioni delle braccia, strette attorno ai fianchi. Mi alzo
la gonna, ma ci ripenso, lo allontano quel tanto che basta per guardarlo in
faccia. Ho un vero e proprio bisogno fisico di sentirlo parlare. Gli sussurro
sulla bocca: «Dimmelo che mi vuoi, dimmelo con le tue parole. Io lo so, vedo il
desiderio nei tuoi occhi, lo avverto nelle tue mani poggiate sulla mia pancia.
Ma ti prego, fammi sentire il suono della tua voce, raccontami il mistero della
tua vita, della tua terra».
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