Del sognare ad occhi
aperti e del fantasticare. Prova di mancanza di
carattere e di passività. Si immagina che un fatto sia avvenuto e che il
meccanismo della necessità sia stato capovolto. La propria iniziativa è
divenuta libera. Tutto è facile. Si può ciò che si vuole, e si vuole tutta una
serie di cose di cui presentemente si è privi. È, in fondo, il presente
capovolto che si proietta nel futuro. Tutto ciò che è represso si
scatena. Occorre invece violentemente attirare l’attenzione nel presente così
com’è, se si vuole trasformarlo. Pessimismo dell’intelligenza, ottimismo della
volontà.
La tendenza a
diminuire l’avversario: è di per se stessa un documento della inferiorità di
chi ne è posseduto. Si tende infatti a diminuire rabbiosamente l’avversario per
poter credere di esserne sicuramente vittoriosi. In questa tendenza è perciò
insito oscuramente un giudizio sulla propria incapacità e debolezza (che si
vuol far coraggio), e si potrebbe anche riconoscervi un inizio di autocritica (che
si vergogna di se stessa, che ha paura di manifestarsi esplicitamente e con
coerenza sistematica).
Si crede nella
«volontà di credere» come condizione della vittoria, ciò che non sarebbesbagliato se non
fosse concepito meccanicamente e non diventasse un autoinganno (quando contiene
una indebita confusione tra massa e capi e abbassa la funzione del capo al
livello del più arretrato e incondito gregario: al momento dell’azione il capo
può cercare di infondere nei gregari la persuasione che l’avversario sarà certamente
vinto, ma egli stesso deve farsi un giudizio esatto e calcolare tutte le
possibilità, anche le più pessimistiche). Un elemento di questa tendenza è di
natura oppiacea: è infatti proprio dei deboli abbandonarsi alla fantasticheria,
sognare ad occhi aperti che i propri desideri sono la realtà, che tutto si
svolge secondo i desideri. Perciò si vede da una parte l’incapacità, la
stupidaggine, la barbarie, la vigliaccheria, ecc., dall’altra le più alte doti
del carattere e dell’intelligenza: la lotta non può essere dubbia e già pare di
tenere in pugno la vittoria. Ma la lotta rimane sognata e vinta in sogno. Un
altro aspetto di questa tendenza è quello di vedere le cose oleograficamente, nei
momenti culminanti di alta epicità. Nella realtà, da dovunque si cominci ad operare,
le difficoltà appaiono subito gravi perché non si era mai pensato concretamente
ad esse; e siccome occorre sempre cominciare da piccole cose (per lo piú le
grandi cose sono un insieme di piccole cose) la «piccola cosa» viene a sdegno;
è meglio continuare a sognare e rimandare l’azione al momento della «grande
cosa». La funzione di sentinella è gravosa, noiosa, defatigante; perché
«sprecare» così la personalità umana e non conservarla per la grande ora dell’eroismo?
e così via.
Non si riflette che
se l’avversario ti domina e tu lo diminuisci, riconosci di essere dominato da uno
che consideri inferiore; ma allora come sarà riuscito a dominarti? Come mai ti
ha vinto ed è stato superiore a te proprio in quell’attimo decisivo che doveva
dare la misura della tua superiorità e della sua inferiorità? Certo ci sarà
stata di mezzo la «coda del diavolo». Ebbene, impara ad avere la coda del
diavolo dalla tua parte.
Uno spunto
letterario: nel capitolo XIV della seconda parte del Don Chisciotte il
cavaliere
degli Specchi
sostiene di aver vinto Don Chisciotte: «Y héchole confesar que es más hermosa
mi Casildea que su Dulcinea; y en solo este vencimiento hago cuenta que he
vencido todos los caballeros del mundo, porque el tal Don Quijote que digo los
ha vencido á todos; y habiéndole yo vencido á él, su gloria, su fama y su
honra, se ha transferido y pasado á mi persona,
Y tanto el vencedor
es más honrado,
Cuanto más el vencido
es reputado;
así, que ya corren
por mi cuenta y son mías las innumerables hazañas del ya referido Don Quijote».
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