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26 maggio 2019

da “Gli indifferenti” – Alberto Moravia

opera di Ernesto Treccani
da “Gli indifferenti” – Alberto Moravia

Un istante di silenzio; si guardarono; poi: "Dammi quella lettera" ordinò l'uomo perentoriamente.
Turbata ella si coprì il petto con le mani: "Perché Leo?..." incominciò con voce supplichevole.
"La lettera... fuori la lettera." D'improvviso egli afferrò alla cintola la fanciulla e tentò per forza d'introdurre la mano in quel suo nascondiglio; ma Carla si divincolò, si liberò, alfine, scarmigliata, corse alla parete opposta:
"Non lo sai che con la violenza non si ottiene nulla?" gli gridò, e aperta la porta della camera da letto scomparve.
Preso da un furore senza limiti Leo si precipitò contro quell'uscio chiuso; ma Carla, dall'altra parte aveva girato la chiave ed egli non potè entrare: "Apri" gridò alfine al colmo della rabbia, urtandovi con i pugni: "apri, stupida...": nessuna risposta.
Gli venne ad un tratto in mente che poteva entrare nella camera da letto dalla parte del bagno; corse nel vestibolo, passò nel bagno; tutto era a posto, nell'ombra i tubi nichelati e le mattonelle di lucida maiolica brillavano. Si accorse con gioia che l'uscio dai vetri verdi era socchiuso; dapprima non vide Carla; la luce era spenta, una rada oscurità empiva la stanza; "Che si sia buttata dalla finestra?" pensò per un attimo, chissà perché, avanzando a tastoni. Accese la luce, la stanza era veramente vuota: "Che il diavolo se la porti; dove potrà essersi mai nascosta?" si domandò, e già stava per uscire e andare a cercare la fuggitiva nelle altre stanze dell'appartamento, quando, ad un tratto, la vide, là, rannicchiata, in piedi, dietro l'uscio del bagno.

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