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16 maggio 2019

da “Storia del Partito comunista” – Paolo Spriano

da “Storia del Partito comunista” – Paolo Spriano

I veri atti del governo da 26 a 27 luglio, sono questi: un nuovo proclama di Badoglio che introduce praticamente lo stato d’assedio rammentando che ogni assembramento è vietato mentre nelle varie province le autorità militari dispongono l’applicazione dei piani OP; lo scioglimento – deciso dalla prima riunione del Consiglio dei Ministri – del Partito nazionale fascista, l’abrogazione della legge del Gran Consiglio e la soppressione del Tribunale speciale (sostituito, in verità, dai tribunali militari). Più dei proclami e dei decreti contano, però, le disposizioni “interne” della polizia e degli organi di governo che, tutte, vanno nel senso di un immediato giro di vite, di un blocco rigido frapposto a ogni libera espressione dell’opinione pubblica e delle masse. Il nuovo ministro dell’Interno, il 27 luglio, invia ai prefetti questo dispaccio telegrafico:

È necessario agire massima energia perché attuale agitazione nono degeneri in movimento comunista o sovversivo. Occorre far rispettare tutti i costi ordinanze autorità militari che vietano assembramenti, impedire assalti a cittadini et abitazioni et manifestazioni sovversive in genere, anche se si debba ricorrere uso armi. Occorre anche sequestrare subito giornali che eccitino comunque spirito pubblico. Impiegare tutta l’energia per il bene della patria.

Già sin dalla sera del 26 luglio si avverte che l’unico settore del fronte interno nel quale l’agitazione perduri è quello operaio. Ne sentiremo tutta la vivacità e tutto il dramma. Ma prima di addentrarci in questo esame va tenuto presente che, in linea generale, mantenere l’ordine pubblico non appare un compito particolarmente difficile su scala nazionale. L’esplosione di gioia del 25-26 luglio ha già manifestato i suoi limiti. A definirli rigorosamente ci occorre ancora una volta la riflessione di Giaime Pintor:

Il nuovo governo non ebbe difficoltà a imporre la sua linea: già la sera del 26 luglio lo stato d’assedio e severissime disposizioni d’ordine interno pubblico vietavano ogni inopportuna manifestazione di dissenso. Così, il rivolgimento si fermava a mezza strada: il fascismo era caduto, ma restava in piedi la struttura burocratico-militare, continuava l’alleanza con la Germania e continuava la guerra che nulla poteva ormai giustificare. Evidentemente, se le masse italiane avessero avuta una effettiva maturità politica, se i partiti antifascisti, avessero potuto contare su di una base larga e disciplinata, nessuna misura repressiva sarebbe bastata a imporre la continuazione della guerra, e al colpo di stato sarebbe seguita la rivoluzione antifascista e antitedesca. Ma questo non era: le masse, dopo la prima ubriacatura, tornarono a una condizione di passività, e i partiti, ancora privi dei loro quadri migliori e sorpresi dal passaggio dalla fase clandestina a quella legale, non ebbero la forza di padroneggiare la situazione. D’altra parte, Badoglio dalla sua un argomento a cui non si poteva controbattere: quello della sicurezza militare.

Tra i vari aspetti del fenomeno sintetizzato da Pintor, forse il più evidente e il più importante è la censura della stampa che non è semplice controllo ma direttiva, via via più rigida, per orientare le direzioni di quotidiani e periodici, per metterle al passo.

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