Antonio Donghi - Ragazzi alla finestra dettaglio
da “Sotto le ciglia chissà” - Fabrizio De AndrèPer quanto riguarda mia moglie posso dire, da parte mia, che insieme a lei riesco a costituire una società perfetta, che non ha bisogno di alcun intervento esterno; nessuno di noi due ha modificato il proprio carattere nell’arco di ventidue anni di convivenza: casomai, per reciproco rispetto, abbiamo diversificato nel tempo qualche comportamento che poteva risultare spigoloso per l’altro. In più, posso dire che soltanto in presenza di Dori, oltre che naturalmente da solo, mi riesce di raggiungere quello status di solitudine di cui parlavamo prima.
I miei figli li ho osservati nelle tre fasi della loro vita: quella dell’infanzia, in cui li spiavo e li ammiravo per quella loro confidenza con il mistero, quell’enorme momento in cui i bambini sono illuminati da continue scoperte ed invenzioni, quando non conoscono il pericolo e la paura che soltanto il controllo più o meno esagitato dei genitori riuscirà a trasferire nelle loro memorie, col tempo, giorno dopo giorno: i miei figli, come suppongo la maggioranza di tutti i nostri figli, sono stati, fin verso i dieci anni, due incredibili artisti. Nel periodo dell’adolescenza ho contribuito, come tutti i genitori, a guastargli la festa, consapevole da un lato che si doveva insegnar loro le regole per vivere in società e dall’altro togliere loro quella meravigliosa libertà che quasi tutti gli adulti amano scambiare con ciò che chiamano sicurezza. Non credo di esserci andato con la mano pesante; infatti i miei figli sono rimasti due artisti, due persone capaci di convivere con gli altri ma non fino al punto di essere distolti dalla propria immaginazione, dalla propria fantasia e sensibilità. Ho parlato di tutti e due anche se hanno una differenza di età di 15 anni, perché ormai le prime due fasi di crescita le hanno superate entrambi e oggi sono entrambi adulti; come spesso succede le femmine hanno tempi di crescita più brevi.
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