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16 ottobre 2019

Ode all’aromo – Pablo Neruda

Acquerello di Adriana Pincherle
Ode all’aromo – Pablo Neruda

Vapore o nebbia o nube
mi circondavano.
Andavo per San Jerónimo
verso il porto
quasi addormentato quando
dall’inverno
una montagna
di luce gialla,
una torre fiorita
risalì la strada e tutto
si riempì di profumo.

Era un aromo.

La sua altezza
di padiglione florido
si costruì
con miele e sole e aroma
e in esso
io
vidi
la cattedrale del polline,
la profonda
città
delle api.

Lì me ne stetti muto
e erano i monti
del Cile, nell’inverno,
sottomarini,
remoti,
sepolti
nell’acqua invisibile
del cielo argentato:
solamente
l’albero della mimosa
dava nell’ombra
grida
gialle
come se
dalla primavera errante
si fosse staccata
una campana
e lì
stesse
ardendo
in
quel
albero sonoro,
giallo,
giallo
come nessuna cosa può esserlo,
né il canarino, né l’oro,
né la pelle del limone, né la ginestra.

Aromo,
sole terrestre,
esplosione
di profumo,
cascata,
cataratta,
chioma
di tutto il giallo
sparso
in una sola onda
di fogliame,
aromo
anticipato
in quello
australe
inverno
come
un
valoroso
militare
giallo,
prima della battaglia,
nudo,
disarmato,
di fronte
ai battaglioni della pioggia,
aromo,
torre
dal-
la
luce
fragrante,
precedente
falò
della
primavera,

salute

salute

pesante è il tuo lavoro
e un giallo amore è la tua robustezza.

Ti proclamo
favo
del mondo:
vogliamo
per un istante
essere
calabroni
silvestri,
eleganti, alcoliche
vespe,
mosconi di miele
e velluto,
immergere
gli occhi,
la camicia,
il cuore,
i capelli
nel tuo tremore fragrante,
nella tua coppa
gialla
fino a essere solamente aroma
nel tuo
pianeta,
polline di onore, intimità dell’oro,
piuma della tua fragranza.
1956

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