7 gennaio 2020

da Il tempo di uccidere - Ennio Flaiano

da Il tempo di uccidere - Ennio Flaiano

Stavo leggendo allorché vidi Johannes: anch’egli s’era seduto sul ciglio. Guardava la valle. Era la prima volta che lo vedevo attento a guardare la valle e ne fui sorpreso. Stimavo Johannes insensibile ai panorami e forse incapace di vederli; il suo occhio elementare non era certo uso a coordinare quei vari elementi sino a farne un quadro degno di attenzione. Egli poteva vedere un albero, una capanna, l’altopiano, il fiume, la boscaglia, ma non certo considerarli parte di un paesaggio. La sua visione utilitaria sfrondava il superfluo, e invece ora guardava la valle e mi accorgevo che la vedeva tutta e che il suo sguardo si fermava lentamente su tutte le cose, considerandole. Un pittore non avrebbe guardato diversamente.
A volte strizzava gli occhi o inclinava il busto, ma subito riprendeva la sua immobilità. Ne fui talmente turbato che, quando Johannes si volse a guardarmi scuotendo il capo, non seppi fare il minimo gesto e nemmeno staccargli di dosso lo sguardo. Di colpo pensai che dovevo chiedergli di Mariam, se davvero era malata. Colsi l’occasione quando Johannes, volgendo gli occhi, li posò sulla mia persona, considerandola, suppongo, parte del paesaggio. Gli dissi che mi piaceva quel luogo, e poiché non rispondeva (sì, avevo sopravvalutato il suo giudizio estetico), gli chiesi se ci viveva da molto tempo.
“Da un anno” e fece un gesto, quasi volesse gettarsi dietro le spalle il ricordo del tempo trascorso e ormai inutile.
“E con te viveva molta gente?”
“Eravamo in nove” rispose. Lasciai trascorrere il silenzio, un silenzio che avrebbe dissipato la diffidenza di Johannes, e poi con noncuranza chiesi: “Quante donne?”.
Johannes non staccò gli occhi dalla valle e disse: “Due”.
Temetti che, se non avessi parlato subito, Johannes avrebbe capito lo scopo di quel discorso. S’era incantato a guardare la valle e daccapo mi sembrava che la vedesse.
Chiesi: “Uccise anche loro?”.
“Sì, uccise” disse.
“Dunque, nessuna si è salvata?”
“Nessuna.”
Mi sedetti vicino a Johannes, scuotendo il capo, per fargli sentire la mia simpatia. Poi esitando, perché lo sentivo sperduto in quella sua insolita contemplazione, dissi: “Elias mi parlava spesso di una giovane, di una certa Mariam”. Dissi il nome con facilità, come si dice il nome di una persona molto familiare. E aggiunsi: “Non era di questo villaggio? “.
Johannes mi guardò appena: “No,” disse “non era di questo villaggio”.
Perché negava così palesemente? Forse gli doleva ammettere ciò ch’egli supponeva: che Mariam era fuggita prima del massacro, senza dir nulla, per andarsene sull’altopiano, verso la bella vita. Rivedevo Johannes nelle strade della cittadina, fermo sulle soglie ospitali, e ricordavo i suoi occhi che frugavano nel buio della stanza. “Curioso,” dissi “credevo che fosse di questo villaggio, perché Elias me ne parlava sempre, e...”
“Non era di questo villaggio” interruppe Johannes con voce talmente calma da non lasciar supporre una finzione. Se avesse detto la verità? Forse la sua permanenza nella cittadina e il suo inutile girovagare nelle case ospitali aveva avuto un altro scopo, non immaginavo quale, ma uno scopo molto diverso.
Forse Elias incontrava spesso Mariam (che abitava nel villaggio “della gallina”), e quegli incontri erano bastati a fargli credere ciò che non era. Aveva detto di essere suo fratello? Bene, ma qui sono tutti fratelli. Non si accostano le sorelle per offrirti la loro timida complicità? Oppure Elias aveva mentito, innocentemente, come mentono i bambini.
“Forse era di un villaggio vicino?” chiesi.
“Non lo so” rispose Johannes. Subito aggiunse: “Non la conoscevo”.
Era difficile capirci qualcosa nello sguardo del vecchio. Ora guardava la valle e la sua menzogna mi stava dando una nuova calma. Potevo persino credere che Mariam. non fosse mai esistita.
Il vecchio non sospettò nemmeno quanta calma mi davano le sue menzogne che quasi mi assolvevano. Se egli negava l’esistenza di Mariam, anch’io potevo negarla. Restavano, sì, le due piaghe. Tuttavia, che Mariam avesse cessato di esistere, benché la menzogna del vecchio fosse palese, era per me un sollievo. Ma ero daccapo. Non avrei saputo mai nulla di lei, se non che aveva paura dei coccodrilli, che talvolta cantava (e potevo immaginarmi le sue malinconiche nenie guardando quel paesaggio), e che rideva anche, come aveva riso quella notte tra le mie braccia. E io restavo al villaggio, a scontare la pena per lei, a quattro passi dalla sua tomba, vicino ad altre tombe, aspettando (ma senza fretta: venti, trenta, sessanta anni) di avere una tomba tutta per me. Per ora avevo un tugurio e le mie piaghe: l’indispensabile per cominciare.

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