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3 gennaio 2020

da Un amore – Dino Buzzati

dipinto di Alfredo Protti
da Un amore – Dino Buzzati

In quanto a lei, era buona regola che non fosse curiosa: chi era il cliente? che mestiere faceva? aveva famiglia? era ricco? Queste notizie, così importanti in qualsiasi normale relazione amorosa, non facevano parte del gioco. E tutti e due stavano alla norma, e non facevano niente per violarla. Oltre a tutto, questo reciproco disinteresse facilitava la cosa e la rendeva meno impegnativa.
Con queste ragazze invece, che si vendevano tali e quali come quelle ma in circostanze, ambiente e modi completamente diversi, era una tutt’altra situazione. Esse non differivano per nulla da quelle della vita normale per il semplice motivo che vi appartenevano. Esteriormente non avevano nulla di diverso dalle donne che l’uomo per bene frequenta abitualmente, a casa e fuori. Il medesimo aspetto, le medesime abitudini, spesso il medesimo linguaggio. Loro stesse avevano spesso padri, fratelli e fidanzati che non differivano per nulla dai clienti. Non c’era barriera di separazione, non appartenevano a un’altra razza, magari la sera prima erano state ospiti di un’ottima famiglia che lui stesso frequentava abitualmente.
Perciò la prostituzione assumeva qui un aspetto conturbante, in certo senso illogico e di ben maggiore attrazione. Perciò ogni volta Antonio aveva la sensazione di varcare un confine vietato; le regole entro cui era sempre vissuto, per le quali la donna era un frutto proibito da conquistare con lunghissime e spesso vane fatiche, miracolosamente si rompevano, per compiacere alla sua lussuria. Certo, queste ragazzine-squillo erano delle rozze principianti al paragone delle esperte professioniste, rotte alle più depravate fantasie. In compenso, però, c’era il mistero.

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