Pagine

13 aprile 2020

Letture – Enzo Montano


Letture – Enzo Montano
Il sentiero dei nidi di ragno – Italo Calvino

[…]
E allora, proprio per non lasciarmi mettere in soggezione dal tema, decisi che l'avrei affrontato non di petto ma di scorcio. Tutto doveva essere visto dagli occhi d'un bambino, in un ambiente di monelli e vagabondi. Inventai una storia che restasse in margine alla guerra partigiana, ai suoi eroismi e sacrifici, ma nello stesso tempo ne rendesse il colore, l'aspro sapore, il ritmo.
[…]
Italo Calvino, dalla prefazione scritta per la riedizione nel 1964


Nella prossimità del 25 aprile ho voluto rileggere il primo romanzo di uno dei grandi scrittori del 900 e tra i primi cinque della mia personale classifica. Parlo di Italo Calvino e il suo “Il sentiero dei nidi di ragno”. Il lavoro è del 1947, scritto in un mese dall’allora ventiquattrenne scrittore. È il punto di vista di un bambino, Pin. Una narrazione “anonima”, secondo lo stesso autore, di quello che riuscivano a scorgere gli occhi di un bambino fuori della complessità della Resistenza.

Pin è un bambino poco fortunato, nasce in tempi magri, cresce durante la guerra. Perde presto la madre; il padre, un marinaio, abbandona i due figli definitivamente dopo rare apparizioni. La sorella, è “la Nera di Carrugio Lungo” nota prostituta. Prostituirsi è spesso l’unico modo per trovare di che viere per gli ultimi. Pin è un piccolo “ultimo”: solo, povero, impertinente per autodifesa, deriso da tutti, tollerato dagli adulti, isolato dai coetanei, spesso menato dagli uni e dagli altri. Pin vive, nonostante tutto, non si arrende. Vive della sua fantasie, dei sogni, della speranza. Pin ha un rifugio segreto di cui non parla a nessuno perché  gli altri bambini lo evitano e degli adulti non si fida poiché dicono cose che non valgono il giorno dopo, tradiscono, non sono leali. Allora il sentiero dei nidi di ragno è il suo luogo, solo suo. Per seguire lo sguardo di Pin è necessario accettare che i ragni facciano i nidi e che li facciano in un unico sentiero.
Il bambino si costruisce una sua personalità, lui non farà mai la spia a costo di pendere botte, a quelle ci è abituato. Frequenta un’osteria per stare con altre persone, canzonarle, farsi canzonare:
- Mondoboia, chi mi paga un bicchiere gli dico una cosa che poi mi dice grazie.
All'osteria ci sono sempre gli stessi, tutt'il giorno, da anni, a gomiti sui tavoli e menti sui pugni che guardano le mosche sull'incerato e l'ombra viola in fondo ai bicchieri.
- Che c'è, - dice Miscèl il Francese. - Tua sorella ha ribassato i prezzi?
Gli altri ridono e picchiano pugni sullo zinco. - Te la sei presa questa volta, Pin, la risposta!
Pin è li che lo guarda di sotto in su attraverso la frangia di capelli spinosi che gli mangia la fronte.
- Mondoboia, proprio come pensavo io. Guardate un poco, pensa sempre a mia sorella. Vi dico, non smette mai di pensarci: s'è innamorato. Di mia sorella s'è innamorato, che coraggio...
Gli altri ridono a gola spiegata e lo scappellottano e gli versano un bicchiere. Il vino non piace a Pin: è aspro contro la gola e arriccia la pelle e mette addosso una smania di ridere, gridare ed essere cattivi…”

Pin si ritrova partigiano per puro caso. Lui non sa nulla di partigiani, resistenza, fascisti, socialisti, comitati, sten, gap, bolscevichi. Sa distinguere, però, la cattiveria delle persone, quella dei tedeschi e dei fascisti.
Tutto comincia quando Pina arriva nell’osteria mentre è in corso una specie di riunione in cui si parla di gap alla presenza di uno sconosciuto. Miscèl il Francese, lo induce a rubare la pistola di un marinaio tedesco cliente della sorella. Il bambino esegue, torna all’osteria dove quel furto gli era stato ordinato ma la cosa sembra non interessi più nessuno. Pin, deluso, va a nascondere l’arma nel suo sentiero dei nidi di ragno, poco fuori dal paese. Quando torna viene preso dai tedeschi e individuato come l’autore del furto. Lo interrogano, minacciano, picchiano ma non parla. No dice da chi il furto è stato commissionato, non parla della riunione dell’osteria. Nel carcere incontra Miscèl il Francese il tizio che lo ha indotto a rubare la pistola. Il Francese lo avvicina e gli dice che l’indomani uscirà dal carcere perché si è arruolato nelle Brigate Nere.  
Pin ci rimane male non per la decisione, in contraddizione con quanto diceva in osteria, ma perché non riesce a prevedere il comportamento degli adulti. In fin dei conti anche lui si arruolerebbe nelle Brigate Nere per andare in giro bene armato a minacciare gli altri, ma l’incontro con Lupo Rosso, un partigiano leggendario di soli sedici anni, cambia il corso delle cose. I due scappano dal carcere, durante la fuga si perdono. Nel girovagare Pin incontra Cugino, un omone grande, che lo prende con sé, arrivano nel rifugio del distaccamento guidato dal Dritto, lì conosce altri partigiani: Carabiniere, Mancino e sua moglie Giglia, Beretta di Legno, Zena, Pelle, i quattro cognati calabresi. Non è una gran compagnia, è un gruppo di poveri diavoli: “ladruncoli, carabinieri, militi, borsaneristi, girovaghi. Gente che si accomoda nelle piaghe della società e s’accomoda in mezzo alle storture, che non ha che non ha niente da difendere e niente da cambiare… eppure coraggio, c’è furore anche in loro. È l’offesa della loro vita, il buio della loro strada, il sudicio della loro casa, le parole oscene imparate fin da bambini, la fatica di dover essere cattivi…” . È Kim a parlare, il commissario di brigata, nel capitolo IX che rappresenta una sorta di interruzione della narrazione e si sofferma sui motivi che spingono i “senza bandiera” a combattere la guerra partigiana. Il distaccamento del Dritto è stato ideato dal comando, su indicazione di Kim, per mettere insieme persone non completamente affidabili sul piano della disciplina militare.
Pin si rende conto della situazione e la differenza tra la squadra dove è capitato e le altre appare chiara il giorno stesso del suo arrivo:
“Pin, vuoi vedere passare il battaglione? Vai di sotto, sul ciglio, si vede la strada”.
È Cugino a dirglielo.
“Sotto di lui è lo stradale e una fila d'uomini sta salendo. Ma son uomini diversi da tutti gli altri visti fin allora: uomini colorati, luccicanti, barbuti, armali fino ai denti. Hanno le divise più strane, sombreri, elmi, giubbe di pelo, torsi nudi, sciarpe rosse, pezzi di divise di tutti gli eserciti, ed armi tutte diverse e tutte sconosciute. Passano anche dei prigionieri, mogi e pallidi. Pin crede che tutto questo non sia vero, che sia un abbaglio del sole sulla polvere della strada. A un tratto però ha un sussulto: quella è una faccia conosciuta, ma sì non c'è dubbio, è Lupo Rosso. Lo chiama e in un minuto si sono già raggiunti: Lupo Rosso ha un'arma tedesca sulle spalle e zoppica, con una caviglia gonfia. Ha sempre il suo berretto alla russa, ma con la stella sopra, una stella rossa con dentro un cerchio bianco e uno verde concentrici.
- Bravo, - fa a Pin, - sei venuto su da te, sei in gamba.
- Mondoboia Lupo Rosso, - fa Pin, - come mai sei qui? Io t'ho aspettato tanto.
- Vedi, uscito di là ho voluto dare un'occhiata al parcheggio dei camion tedeschi che è lì sotto. Sono entrato in un giardino vicino, e dalla balaustra ho visto i soldati tutti equipaggiati che si mettevano in ordine. Ho detto: qui si prepara un colpo per noialtri. Se cominciano a prepararsi adesso, vorranno esser su per l'alba. E allora mi son fatto tutta una tirata per avvertire loro ed è andata bene. Però mi sono sforzata la caviglia che m'ero gonfiato cadendo, e adesso zoppico.
- Sei un fenomeno, Lupo Rosso, mondo cane, - fa Pin - però sei anche un fottuto a lasciarmi lì mentre m'avevi dato la parola d'onore.
Lupo Rosso si calca in testa il berretto alla russa: - Il primo onore, - dice, - è quello della causa.
Un incendio distrugge il rifugio del distaccamento di Pin, parte delle provviste e diverse armi ed esplosivi. Il distaccamento si accampa in un casolare diroccato.
Dopo giorni il commissario Kim e il comandante Ferriera girano per tutti i distaccamenti per  allertarli e dare indicazioni sull’attacco a una colonna di tedeschi e fascisti che l’indomani rastrellerà le montagne per distruggere i distaccamenti dei partigiani su indicazioni dell’ex compagno Pelle, arruolatosi nelle Brigate Nere.
Sempre nel capitolo IX, Kim, il commissario di Brigata ha un pensiero per Pin mentre si sposta nella notte da un distaccamento all’altro: “Quel bambino del distaccamento del Dritto, come si chiama? Pin? Con quello struggimento di rabbia nel viso lentigginoso, anche quando ride…Dicono sia fratello di una prostituta. Perché combatte? Non sa che combatte per non essere più fratello di una prostituta.”
Lo scontro con i tedeschi e i fascisti non si conclude nel modo sperato. La brigata partigiana ripiega per attendere i nemici in una posizione favorevole. Dopo un litigio col Dritto Pin fugge via.
Cerca la sua pistola nel nascondiglio del sentiero dei nidi di ragno. Non c’è. Non sa dove andare, è più solo che mai. Va a casa dove ritrova la sua pistola portata lì da Pelle il traditore. Scappa anche da casa, sa che non è più il posto dove continuare a vivere. È notte, il bambino va nel suo sentiero. Piange, “cosa farò?” si chiede.
Intravede l’ombra di un omone grande. È Cugino.
- C'è pieno di lucciole, - dice il Cugino.
- A vederle da vicino, le lucciole, - dice Pin, - sono bestie schifose anche loro, rossicce.
- Sì, - dice il Cugino, - ma viste cosi sono belle. E continuano a camminare, l'omone e il bambino, nella notte, in mezzo alle lucciole, tenendosi per mano.

Il romanzo parla della guerra partigiana, ma la sfiora appena. Le cose però accadono: scontri, tradimenti, agguati, fucilazioni, morti. Pin è un bambino ed è anche un partigiano, uno dei soldati della Liberazione che ci hanno regalato la democrazia esattamente come Kim, Ferriera e Lupo Roso, poiché se la pallottola di un moschetto lo avesse colpito in fronte sarebbe morto anche lui, Pin, il bambino partigiano che se avesse potuto scegliere avrebbe continuato a fantasticare nel suo sentiero dei nidi di ragno. Pin e quelli del distaccamento del Dritto forse non sanno con precisione per cosa hanno combattuto ma hanno la certezza di essere stati dalla parte giusta. Per gli approfondimenti su cosa è stata e cosa ha significato per l’Italia la guerra partigiana ci sarà tempo.
“Gli ex fascisti diranno: i partigiani! Ve lo dicevo io! Io l'ho capito subito! E non avranno capito niente, né prima, né dopo.”

Il prossimo venticinque aprile, la Liberazione dal regime criminale nazifascista compie 75 anni, il mio modo di onorare le donne e gli uomini che lottarono per fare all’Italia il dono meraviglioso della democrazia, in questi giorni di isolamento forzato, è leggere o rileggere alcuni libri sulla resistenza; ce ne sono di straordinari. La mattina del 25 ascolterò molte volte, come tutti gli anni, “Bella Ciao” in tutte le lingue del mondo.

Italo Calvino
Il sentiero dei nidi di ragno, Einaudi Editore, 1947

Nessun commento:

Posta un commento