Letture
– Enzo Montano
Il sentiero dei nidi di
ragno – Italo Calvino
[…]
E allora, proprio per non lasciarmi
mettere in soggezione dal tema, decisi che l'avrei affrontato non di petto ma
di scorcio. Tutto doveva essere visto dagli occhi d'un bambino, in un ambiente
di monelli e vagabondi. Inventai una storia che restasse in margine alla guerra
partigiana, ai suoi eroismi e sacrifici, ma nello stesso tempo ne rendesse il
colore, l'aspro sapore, il ritmo.
[…]
Italo
Calvino, dalla prefazione scritta per la riedizione nel 1964
Nella prossimità del 25
aprile ho voluto rileggere il primo romanzo di uno dei grandi scrittori del 900
e tra i primi cinque della mia personale classifica. Parlo di Italo Calvino e
il suo “Il sentiero dei nidi di ragno”. Il lavoro è del 1947, scritto in un
mese dall’allora ventiquattrenne scrittore. È il punto di vista di un bambino,
Pin. Una narrazione “anonima”, secondo lo stesso autore, di quello che
riuscivano a scorgere gli occhi di un bambino fuori della complessità della
Resistenza.
Pin è un bambino poco
fortunato, nasce in tempi magri, cresce durante la guerra. Perde presto la
madre; il padre, un marinaio, abbandona i due figli definitivamente dopo rare
apparizioni. La sorella, è “la Nera di Carrugio Lungo” nota prostituta. Prostituirsi
è spesso l’unico modo per trovare di che viere per gli ultimi. Pin è un piccolo
“ultimo”: solo, povero, impertinente per autodifesa, deriso da tutti, tollerato
dagli adulti, isolato dai coetanei, spesso menato dagli uni e dagli altri. Pin
vive, nonostante tutto, non si arrende. Vive della sua fantasie, dei sogni,
della speranza. Pin ha un rifugio segreto di cui non parla a nessuno perché gli altri bambini lo evitano e degli adulti non
si fida poiché dicono cose che non valgono il giorno dopo, tradiscono, non sono
leali. Allora il sentiero dei nidi di ragno è il suo luogo, solo suo. Per
seguire lo sguardo di Pin è necessario accettare che i ragni facciano i nidi e
che li facciano in un unico sentiero.
Il bambino si
costruisce una sua personalità, lui non farà mai la spia a costo di pendere
botte, a quelle ci è abituato. Frequenta un’osteria per stare con altre
persone, canzonarle, farsi canzonare:
-
Mondoboia, chi mi paga un bicchiere gli dico una cosa che poi mi dice grazie.
All'osteria
ci sono sempre gli stessi, tutt'il giorno, da anni, a gomiti sui tavoli e menti
sui pugni che guardano le mosche sull'incerato e l'ombra viola in fondo ai
bicchieri.
-
Che c'è, - dice Miscèl il Francese. - Tua sorella ha ribassato i prezzi?
Gli
altri ridono e picchiano pugni sullo zinco. - Te la sei presa questa volta,
Pin, la risposta!
Pin
è li che lo guarda di sotto in su attraverso la frangia di capelli spinosi che
gli mangia la fronte.
-
Mondoboia, proprio come pensavo io. Guardate un poco, pensa sempre a mia
sorella. Vi dico, non smette mai di pensarci: s'è innamorato. Di mia sorella
s'è innamorato, che coraggio...
Gli
altri ridono a gola spiegata e lo scappellottano e gli versano un bicchiere. Il
vino non piace a Pin: è aspro contro la gola e arriccia la pelle e mette
addosso una smania di ridere, gridare ed essere cattivi…”
Pin si ritrova
partigiano per puro caso. Lui non sa nulla di partigiani, resistenza, fascisti,
socialisti, comitati, sten, gap, bolscevichi. Sa distinguere, però, la
cattiveria delle persone, quella dei tedeschi e dei fascisti.
Tutto comincia quando
Pina arriva nell’osteria mentre è in corso una specie di riunione in cui si
parla di gap alla presenza di uno sconosciuto. Miscèl il Francese, lo induce a
rubare la pistola di un marinaio tedesco cliente della sorella. Il bambino
esegue, torna all’osteria dove quel furto gli era stato ordinato ma la cosa
sembra non interessi più nessuno. Pin, deluso, va a nascondere l’arma nel suo
sentiero dei nidi di ragno, poco fuori dal paese. Quando torna viene preso dai
tedeschi e individuato come l’autore del furto. Lo interrogano, minacciano,
picchiano ma non parla. No dice da chi il furto è stato commissionato, non
parla della riunione dell’osteria. Nel carcere incontra Miscèl il Francese il
tizio che lo ha indotto a rubare la pistola. Il Francese lo avvicina e gli dice
che l’indomani uscirà dal carcere perché si è arruolato nelle Brigate Nere.
Pin ci rimane male non
per la decisione, in contraddizione con quanto diceva in osteria, ma perché non
riesce a prevedere il comportamento degli adulti. In fin dei conti anche lui si
arruolerebbe nelle Brigate Nere per andare in giro bene armato a minacciare gli
altri, ma l’incontro con Lupo Rosso, un partigiano leggendario di soli sedici
anni, cambia il corso delle cose. I due scappano dal carcere, durante la fuga
si perdono. Nel girovagare Pin incontra Cugino, un omone grande, che lo prende
con sé, arrivano nel rifugio del distaccamento guidato dal Dritto, lì conosce altri
partigiani: Carabiniere, Mancino e sua moglie Giglia, Beretta di Legno, Zena,
Pelle, i quattro cognati calabresi. Non è una gran compagnia, è un gruppo di
poveri diavoli: “ladruncoli, carabinieri,
militi, borsaneristi, girovaghi. Gente che si accomoda nelle piaghe della
società e s’accomoda in mezzo alle storture, che non ha che non ha niente da
difendere e niente da cambiare… eppure coraggio, c’è furore anche in loro. È
l’offesa della loro vita, il buio della loro strada, il sudicio della loro
casa, le parole oscene imparate fin da bambini, la fatica di dover essere
cattivi…” . È Kim a parlare, il commissario di brigata, nel capitolo IX che
rappresenta una sorta di interruzione della narrazione e si sofferma sui motivi
che spingono i “senza bandiera” a combattere la guerra partigiana. Il
distaccamento del Dritto è stato ideato dal comando, su indicazione di Kim, per
mettere insieme persone non completamente affidabili sul piano della disciplina
militare.
Pin si rende conto
della situazione e la differenza tra la squadra dove è capitato e le altre
appare chiara il giorno stesso del suo arrivo:
“Pin,
vuoi vedere passare il battaglione? Vai di sotto, sul ciglio, si vede la
strada”.
È Cugino a dirglielo.
“Sotto
di lui è lo stradale e una fila d'uomini sta salendo. Ma son uomini diversi da
tutti gli altri visti fin allora: uomini colorati, luccicanti, barbuti, armali
fino ai denti. Hanno le divise più strane, sombreri, elmi, giubbe di pelo,
torsi nudi, sciarpe rosse, pezzi di divise di tutti gli eserciti, ed armi tutte
diverse e tutte sconosciute. Passano anche dei prigionieri, mogi e pallidi. Pin
crede che tutto questo non sia vero, che sia un abbaglio del sole sulla polvere
della strada. A un tratto però ha un sussulto: quella è una faccia conosciuta,
ma sì non c'è dubbio, è Lupo Rosso. Lo chiama e in un minuto si sono già
raggiunti: Lupo Rosso ha un'arma tedesca sulle spalle e zoppica, con una
caviglia gonfia. Ha sempre il suo berretto alla russa, ma con la stella sopra,
una stella rossa con dentro un cerchio bianco e uno verde concentrici.
-
Bravo, - fa a Pin, - sei venuto su da te, sei in gamba.
-
Mondoboia Lupo Rosso, - fa Pin, - come mai sei qui? Io t'ho aspettato tanto.
-
Vedi, uscito di là ho voluto dare un'occhiata al parcheggio dei camion tedeschi
che è lì sotto. Sono entrato in un giardino vicino, e dalla balaustra ho visto
i soldati tutti equipaggiati che si mettevano in ordine. Ho detto: qui si
prepara un colpo per noialtri. Se cominciano a prepararsi adesso, vorranno
esser su per l'alba. E allora mi son fatto tutta una tirata per avvertire loro
ed è andata bene. Però mi sono sforzata la caviglia che m'ero gonfiato cadendo,
e adesso zoppico.
-
Sei un fenomeno, Lupo Rosso, mondo cane, - fa Pin - però sei anche un fottuto a
lasciarmi lì mentre m'avevi dato la parola d'onore.
Lupo
Rosso si calca in testa il berretto alla russa: - Il primo onore, - dice, - è
quello della causa.
Un incendio distrugge
il rifugio del distaccamento di Pin, parte delle provviste e diverse armi ed
esplosivi. Il distaccamento si accampa in un casolare diroccato.
Dopo giorni il
commissario Kim e il comandante Ferriera girano per tutti i distaccamenti
per allertarli e dare indicazioni
sull’attacco a una colonna di tedeschi e fascisti che l’indomani rastrellerà le
montagne per distruggere i distaccamenti dei partigiani su indicazioni dell’ex
compagno Pelle, arruolatosi nelle Brigate Nere.
Sempre nel capitolo IX,
Kim, il commissario di Brigata ha un pensiero per Pin mentre si sposta nella
notte da un distaccamento all’altro: “Quel
bambino del distaccamento del Dritto, come si chiama? Pin? Con quello
struggimento di rabbia nel viso lentigginoso, anche quando ride…Dicono sia
fratello di una prostituta. Perché combatte? Non sa che combatte per non essere
più fratello di una prostituta.”
Lo scontro con i
tedeschi e i fascisti non si conclude nel modo sperato. La brigata partigiana
ripiega per attendere i nemici in una posizione favorevole. Dopo un litigio col
Dritto Pin fugge via.
Cerca la sua pistola
nel nascondiglio del sentiero dei nidi di ragno. Non c’è. Non sa dove andare, è
più solo che mai. Va a casa dove ritrova la sua pistola portata lì da Pelle il
traditore. Scappa anche da casa, sa che non è più il posto dove continuare a
vivere. È notte, il bambino va nel suo sentiero. Piange, “cosa farò?” si
chiede.
Intravede l’ombra di un
omone grande. È Cugino.
-
C'è pieno di lucciole, - dice il Cugino.
-
A vederle da vicino, le lucciole, - dice Pin, - sono bestie schifose anche
loro, rossicce.
-
Sì, - dice il Cugino, - ma viste cosi sono belle. E continuano a camminare,
l'omone e il bambino, nella notte, in mezzo alle lucciole, tenendosi per mano.
Il romanzo parla della
guerra partigiana, ma la sfiora appena. Le cose però accadono: scontri,
tradimenti, agguati, fucilazioni, morti. Pin è un bambino ed è anche un
partigiano, uno dei soldati della Liberazione che ci hanno regalato la democrazia
esattamente come Kim, Ferriera e Lupo Roso, poiché se la pallottola di un
moschetto lo avesse colpito in fronte sarebbe morto anche lui, Pin, il bambino
partigiano che se avesse potuto scegliere avrebbe continuato a fantasticare nel
suo sentiero dei nidi di ragno. Pin e quelli del distaccamento del Dritto forse
non sanno con precisione per cosa hanno combattuto ma hanno la certezza di essere
stati dalla parte giusta. Per gli approfondimenti su cosa è stata e cosa ha
significato per l’Italia la guerra partigiana ci sarà tempo.
“Gli
ex fascisti diranno: i partigiani! Ve lo dicevo io! Io l'ho capito subito! E
non avranno capito niente, né prima, né dopo.”
Il prossimo venticinque
aprile, la Liberazione dal regime criminale nazifascista compie 75 anni, il mio
modo di onorare le donne e gli uomini che lottarono per fare all’Italia il dono
meraviglioso della democrazia, in questi giorni di isolamento forzato, è
leggere o rileggere alcuni libri sulla resistenza; ce ne sono di straordinari.
La mattina del 25 ascolterò molte volte, come tutti gli anni, “Bella Ciao” in
tutte le lingue del mondo.
Italo Calvino
Il sentiero dei nidi di
ragno, Einaudi Editore, 1947
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