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11 dicembre 2020

Poema della periferia – Marina Cvetaeva

Joaquin Sorolla - Alqueria Valenciana
Poema della periferia – Marina Cvetaeva

E fino a quando il deserto della gloria
non avrà insabbiato le mie labbra,
canterò ponti e barriere –
i più semplici luoghi.

E finché non sarò impagliata tutta
nei lacci di anime oblique,
prenderò – la più tremenda nota,
canterò – l’ultima vita.

Il pianto delle ciminiere.
Il paradiso di orti.
La vanga e il dente.
Il ciuffo di imberbi.

Il giorno senza data.
Il salice malato.
La vita a nudo.
La puzza di sangue.

Di sudati e in carne,
di sudati e smunti:
“Scendiamo in piazza?”
Come nei quadri

soltanto, nelle odi solo
e sulle tele: urlo
di chi non ha lavoro,
ruggito di imberbi.

Inferno: in verità
sì, ma anche giardino –
per donne e soldati,
per cani sfiancati,
per ragazzini.

“Paradiso – come risse?
Senza gli ossi
dei banchetti?
Senza lussi?
Con toppe?”

- Invano avete pianto!
Giacché: a ciascuno
Il suo.

***
Qui – passioni bruciacchiate, arrugginite:
dinamite di Stati!
Qui gli incendi non sono rari:
sobborghi a fuoco!

Qui – odio all’ingrosso, in branco:
mitraglia di vendette!
Qui spesso si abbattono diluvi:
sobborghi a nuoto!

Qui si paga! Qui si giura su Dio
e sulla propria gobba!
Qui gioventù canta da sé
come di morte.

***
Qui le madri, addormentati i figli…
Croci, ponti, barriere – di periferie!

Qui i padri, venduta la figlia minore
per un bicchiere…
Ortica, sentieri…
- Lasciami
andare…

traduzione di Serena Vitale
da Marina Cvetaeva, Dopo la Russia, a cura di Serena Vitale
Corriere delle Sera - Un secolo di poesia, a cura di Nicola Crocetti
 

 

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