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14 settembre 2022

Stampa e propaganda e.m.

fotogramma di "Quarto potere" (Citizen Kane) di Orson Welles, 1941
Stampa e propaganda e.m.
(il racconto di una realtà distorta dalla disinformazione rende un Paese allucinato)

 “Io non sono mai stato un giornalista professionista che vende la sua penna a chi gliela paga meglio e deve continuamente mentire perché la menzogna entra nella sua qualifica professionale. Sono stato un giornalista liberissimo, sempre di una sola opinione, e non ho mai dovuto nascondere profonde convinzioni per far piacere a dei padroni o manutengoli”
Antonio Gramsci, lettera a Tatiana Schucht - ottobre 1931

“Lei si preoccupa di quello che pensa la gente? Su questo argomento posso illuminarla, io sono un'autorità su come far pensare la gente. Ci sono i giornali per esempio, sono proprietario di molti giornali da New York a San Francisco.” 
Charles foster Kane (Orson Welles) - Quarto potere (Citizen Kane) di Orson Wells

“È la stampa, bellezza! La stampa! E tu non ci puoi far niente! Niente!"
 Ed Hutchinson - (Humphrey Bogart) - L’ultima minaccia (Deadline) di Richard Brooks

E io a lui: "Chi son li due tapini / che fumman come man bagnate ’l verno, giacendo stretti a’ tuoi destri confini?". // "Qui li trovai - e poi volta non dierno -", / rispuose, "quando piovvi in questo greppo, / e non credo che dieno in sempiterno. // L’una è la falsa ch’accusò Gioseppo; / l’altr’è ’l falso Sinon greco di Troia: / per febbre aguta gittan tanto leppo".
Divina Commedia, Inferno canto XXX, vv  91,99

Calo delle vendite dei giornali. Quando si parla di informazione rimpiango gli anni passati, quando la mattina le edicole erano luoghi affollati e colme di giornali. Oggi le edicole sono rare, la vendita dei quotidiani è diventata marginale e la stampa italiana si è involuta, si è impoverita, si è omogeneizzata al potere di pochi gruppi finanziari diventandone il loro strumento di disinformazione. Sarà anche per questo che negli ultimi trent’anni, nonostante le versioni online la vendita di quotidiani si è dimezzata e continua ancora a calare anno per anno, mese per mese. Secondo quanto rilevato dall’Agcom, infatti, le vendite di giornali sono calate di oltre un terzo (31,6%) rispetto al 2018. Il calo si fa più evidente se si considerano le sole copie cartacee: meno 35,5%. Il progressivo calo della vendita dei quotidiani non è una buona notizia in generale poiché una stampa libera, imparziale e qualificata professionalmente è uno degli elementi essenziali per il buon funzionamento della democrazia. Questo purtroppo non è in Italia! Gli editori dovrebbero cominciare a domandarsi se il loro compito è quello di offrire un prodotto appetibile al lettore oppure quello di essere cassa di risonanza dei loro interessi e di quelli dei loro consociati (oligarchi?).
Libertà di stampa peggio del Gambia. Nel nostro Paese giornali e televisioni sono concentrate quasi tutte nel Nord e, come detto, sono di proprietà di un ristretto numero di gruppi finanziari (o ad essi collegati). Questo in un Paese democratico non può che limitarne il ruolo e allontanare i lettori. Nell’Indice mondiale della libertà di stampa (World Press Freedom Index) relativo al 2022 elaborato da Reporters senza frontiere l’Italia, per varie ragioni, è collocata al 58° posto su 180 paesi considerati. Ha perso ben 17 posizioni rispetto al biennio 2020/2021. Per meglio capire la gravità della situazione basti confrontare il dato con la  Giamaica (12° posto, Costa d’Avorio (37 posto), Taiwan (28° posto), Gambia (50° posto), Romania (56° posto). Il rapporto, redatto sulla base di giudizi espressi da giornalisti nei distinti paesi, parla di “un autentico agguato al quale le forze economiche e politiche in Italia sottopongono l’informazione.” 
Stampa accondiscendente. A un osservatore non distratto, non assuefatto o poco incline all’informazione farlocca non sfugge l’atteggiamento dei tanti giornalisti (o presunti tali) che fanno interviste senza domande, che si limitano a sostenere il microfono a politici o potenti di turno mentre svolgono il loro comizio. Mai una interruzione, mai una domanda, mai una contestazione ad affermazioni spesso palesemente false. Le continue interruzioni sono riservate solo a chi è avverso alla “verità” editoriale del momento, a chi non è disposto a condividere le fanfaluche ricorrenti. Recentemente mi è capitato di ascoltare Berlusconi che in un video preregistrato si vantava di aver portato in Italia i miliardi del recovery fund. Ebbene, terminato il video, pensate che in studio abbiano commentato o contestato la sciocchezza di proporzioni stratosferiche? Nemmeno per sogno! In altra occasione ho ascoltato un antipatico sermone di Furio Colombo all’indirizzo di un docente universitario senza mai entrare nel merito della questione in oggetto ma soffermandosi su un giudizio più che offensivo sulla persona (non presente in trasmissione), il tutto sottolineato dal sorriso compiacente della conduttrice. Pensate sia stata data possibilità di replica? Nemmeno per sogno giacché l’intento era proprio quello di demolire un pensiero divergente dalla “verità” editoriale.
Trasmissioni fiume. Non credo siano fatte per caso le trasmissioni fiume monotematiche. L’obiettivo a me pare sia quello di nascondere la vita reale dell’Italia celate dietro il Covid-19, le elezioni del presidente della Repubblica, la guerra in Ucraina, la morte della Regina Elisabetta e così via. Fateci caso, si parla del nulla in un coacervo di tuttologi sempre presenti che si sbraitano addosso. Cosa si può dire di nuovo della pandemia, per esempio, dopo averne parlato per settimane e mesi? Basterebbero cinque minuti per dare le necessarie informazioni. Assistiamo a continue trasmissioni fiume dove non è consentito contestare o dubitare del pensiero unico del momento altrimenti si è immediatamente accusati di essere no vax, amici di Putin, nemici della patria e, di conseguenza, banditi dalle trasmissioni. Ovviamente tale attenzione non è mai riservata a temi quali il lavoro, le innumerevoli vertenze, la povertà, il divario nord-sud, la condizione degli anziani, i comuni senza risorse umane e finanziarie, la condizione degli edifici scolastici, la giustizia e altro ancora su cui  la “verità” editoriale ritiene vantaggioso il silenzio.
Conflitto di interessi. Il quadro già sconfortante è destinato a peggiorare. Mi domando cosa sarà dell’informazione italiana dopo la quasi certa vittoria della destra. Nessuno spende una parola ma lo scenario che si prospetta è terrificante: gruppi editoriali , il più importante polo televisivo privato di proprietà di Berlusconi (coalizione di destra) e servizio pubblico controllato da un governo di destra: monopolio assoluto! Mi chiedo perché in tutti questi anni di governi del centrosinistra, o comunque con la sua partecipazione, non si sia provveduto al varo di una legge sul conflitto di interessi; perché si consente a un leader della destra di essere anche proprietario di un impero editoriale e di ben tre reti televisive che operano, tra l’altro, su concessioni statali. Tale eventualità è inimmaginabile in un’altra democrazia occidentale. La qualità della programmazione televisiva, poi, per una questione di concorrenza tra il polo privato e quello pubblico, è diventata sempre più scadente contribuendo non poco ad  abbassare il livello culturale di un’intera nazione: Mattino 5, Pomeriggio 5, Forum, Uomini e donne, C’è posta per te, Carramba che sorpresa, Grande fratello, isole e fattorie dei famosi (o presunti tali), i programmi di cucina, sceneggiati scritti male e recitati peggio da figli e discendenti di altri attori, notiziari parziali, talk show dove la politica è urlata da voci sovrapposte e livello di discussioni pari a quelle di un bar o di un mercato rionale. E la politica si volge ormai solo lì, in arene simili a pollai.
Televisione unico luogo del confronto politico. La politica abbandona le sezioni, le strade, i luoghi di lavoro per trasferirsi negli studi televisivi: non conta più la sostanza ma la comunicazione, conta aggredire l’avversario, conta essere ospiti in uno studio televisivo e ripetere slogan e frasi fatte. La campagna elettorale si svolge solo in televisione è lì si favorisce il soggetto politico scelto dai poteri che determinano le scelte della politica attraverso numerosi lobbisti travestiti da giornalisti o esperti di chissà che cosa. Ecco l’editoria italiana ridotta a bollettini di stampa e propaganda del ristretto gruppo di imprenditori proprietari delle maggiori testate. Gli studi televisivi sono frequentati da un ristretto numero di cheerleader cha sparano verità di comodo senza alcun contraddittorio. E dove ci si parla addosso per ascoltare la propria voce (in questo caso è quella di Paolo Mieli): “La realtà è che Letta nel Pd comanda per modo di dire … perché comanda ancora un nucleo che ha le proprie radici culturali nella storia e negli ideali della rivoluzione d’ottobre…”. Ebbene, una dichiarazione del genere andrebbe confutata al momento in qualunque luogo di discussione, nella televisione delle ancelle, invece, passa per un grande pensioero di un superlativo pensatore. Bisognerebbe, invece, soffermarsi qualche volta sugli “ideali” della rivoluzione richiamati da Mieli, quelli iniziali, quelli che hanno sconfitto l’impero zarista, non le degenerazioni fasciste di Stalin. Ma al di là di questo mi piacerebbe capire chi sono i bolscevichi del Pd che condizionano la linea politica del segretario: Franceschini? Morani, Delrio? Guerini? Marcucci? Carbone? Serracchiani? La numerosa pattuglia di renziani? Chi diavolo sono gli staliniani che comandano? Dove si nascondono i comunisti che fanno della fantomatica agenda draghi la loro piattaforma politica? Dove si annidano i veterocomunisti che hanno obbligati Letta a candidare estremisti del comunismo come Casini, Furlan e Cottarelli? Il senso di questo delirio mi sfugge ma conferma la mia certezza: Mieli, ove mai fosse uno storico autorevole, non conosce la storia del PCI, non sa com’era organizzato, non conosce nemmeno il Pd e molto spesso parla a vanvera. In Tv taluni giornalisti sono sempre presenti anche se dirigono un giornale fantasma nelle edicole (Il Foglio) mentre giornalisti di altri quotidiani storici mai si invitano (il Manifesto).
Parzialità. Andiamo oltre per veder altri esempi eclatanti della parzialità dell’informazione. Avete presente Roma descritta durante l’amministrazione Raggi? Era una città invasa da cinghiali, gabbiani, cavallette, fagoceri e barbari; c’era immondizia ovunque; le strade ridotte a percorsi pericolosi con elettrodomestici abbandonati e voragini che si aprivano in ogni dove; gli autobus malandati e sempre in ritardo. Insomma una specie di inferno dantesco. Con l’amministrazione Gualtieri come d’incanto tutto ritorna nella dimensione umana: strade perfette, immondizia sparita, cinghiali ricacciati nei boschi. Io non sono un simpatizzante di Virginia Raggi, tutt’altro, ma la campagna di stampa contro di lei è stata indecorosa, ignobile e vigliacca così come lo è stata nei confronti di Giuseppe Conte e così come, callo stesso modo si può definite l’interminabile polemica sui banchi con le ruote, come se fosse il ministro a ordinare il mobilio scolastico. Al contrario è incessante, ancora adesso, la campagna stampa per esaltare (fino al ridicolo, al parossismo, all’esasperazione) le inimmaginabili  doti dell’immenso Draghi che pure ha più volte dimostrato di non essere un politico dalle grandi qualità, anzi. Dopo oltre un anno e mezzo di governo, infatti, le sue strabilianti doti, oltre l’arroganza e la presunzione, mi sono rimaste ignote.
Telegiornali fotocopia. I telegiornali sembrano fotocopie di quelli degli ultimi trent’anni: traffico sulle autostrade, vacanze, caldo, cibi per contrastare la disidratazione, incendi, siccità, innalzamento del clima, le stesse cose dette e ridette ogni anno cui vanno aggiunti i mirabolanti provvedimenti del premier per fronteggiare gli aumenti delle bollette e di ogni sorta di beni di consumo. Quello che non si dice, o a malapena si dedicano due parole sono le vertenze, il lavoro precario, l’assenza di un piano per fronteggiare il prevedibilissimo aumento dell’energia, nessuna strategia sulla partecipazione alla guerra d’Ucraina, le bollette bruciate in piazza da parte di chi non le può pagare, il pil e gli occupati aumentati grazie al tanto osteggiato bonus 110%. Naturalmente Il gran migliore se ne attribuisce i meriti senza nemmeno arrossire.
Allucinati. La narrazione di una realtà inesistente contribuisce a fare degli italiani un popolo di allucinati assuefatti a un sistema dove non esiste il merito, non esiste l’uguaglianza, non esistono piani strategici in nessuno dei settori della società. Siamo disposti a farci guidare da una classe dirigente indecorosa. Siamo disposti a votare figuri che cambiano decine di partiti. Siamo disposti a credere agli improvvisi e immensi poteri di un tecnocrate che ha lavorato una vita al servizio del potere finanziario Siamo stati trasformati giorno per giorno, anno per anno, trasmissione per trasmissione in un popolo disposto ad accettare qualsiasi distorsione della verità, qualsiasi forma di ingiustizia. Non sarebbe accaduto con la presenza di un partito di sinistra.

Per concludere torno al ricordo delle edicole affollate e alla politica fatta nelle piazze. Rimpiango l’odore dei giornali freschi di stampa. Rimpiango la vista di persone che ne uscivano leggendo la prima pagina. Rimpiango la ricchezza e la varietà delle testate. Rimpiango l’assenza di una stampa di sinistra, fatta eccezione per “il Manifesto”. Rimpiango “l’Unità” con la dicitura sotto la testata “Organo del Partito Comunista Italiano”, il giornale che ho amato, diffuso e letto per anni e anni, “l’Unità” fondata da Antonio Gramsci, il glorioso giornale diretto da Giancarlo Pajetta, Alfredo Reichlin, Pietro Ingrao, Gerardo Chiaromonte, Emanuele Macaluso, Girolamo Li Causi. Rimpiango la televisione delle tribune politiche prima delle elezioni. Rimpiango i giornalisti degni di questo nome. 

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