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4 settembre 2022

La guerra - (à la guerre comme à la guerre) - e.m.

Vignetta di Mauro Biani

La guerra - (à la guerre comme à la guerre) - e.m.

 

“Per fare la pace ci vuole coraggio, molto di più che per fare la guerra. Ci vuole coraggio per dire sì all'incontro e no allo scontro; sì al dialogo e no alla violenza; sì al negoziato e no alle ostilità; sì al rispetto dei patti e no alle provocazioni; sì alla sincerità e no alla doppiezza. Per tutto questo ci vuole coraggio, grande forza d’animo.”

Papa Francesco

 

“Sono semplicemente contrario a ridurre la complessità alla distinzione tra i buoni e i cattivi, senza ragionare su radici e interessi, che sono molto complessi.”

Papa Francesco

 

“Ma il pericolo è che vediamo solo questo, che è mostruoso, e non vediamo l’intero dramma che si sta svolgendo dietro questa guerra, che è stata forse in qualche modo o provocata o non impedita. E registro l’interesse di testare e vendere armi. È molto triste, ma in fondo è proprio questo a essere in gioco”.

Papa Francesco

 

À la guerre comme à la guerre. Siamo in guerra, tutti siamo in guerra per decisione di una piccola oligarchia. Tutti siamo in guerra per narrazione di una stampa prona al potere. Tutti siamo in guerra e chi osa fare una piccola obiezione al pensiero unico è un traditore, un pusillanime, un amico di Putin, un pacifista da divano (come se loro, i guerrafondai, fossero lì tutti combattere al fronte sotto le bombe).

À la guerre comme à la guerre. E giù trasmissioni quotidiane da mattina a sera con professori di chissà che e chissà dove, strateghi sconosciuti, strateghi da scrivania, opinionisti tuttologi e direttori di giornali capaci di acrobatiche piroette dialettiche a raccontare di una guerra di cui sanno poco o niente, al pari di un comune cittadino capace di leggere un giornale qualsiasi. Però che siano tutti commentatori  favorevoli al pensiero unico leccalecca, guai a divergere da esso, sarebbe propaganda putiniana. Chissà come va interpretata la messa in onda dello sceneggiato con protagonista l’attore comico prima che diventasse presidente con la t-shirt d’ordinanza.

À la guerre comme à la guerre. E l’immagine di un palazzo bombardato diventa indicibile orrore per la giornalista conduttrice dalla voce rotolante che finge disgusto mentre si sistema la messa in piega in favore di telecamera: “sono immagini che parlano da sole” come se vedesse immagini di guerra per la prima volta, come se la guerra fosse un concorso floreale o una sfilata di moda “modello numero 4, Giuditta”. Chissà che faccia avrebbe fatto guardando le immagini di Sabra e Chatila o dell’Iran Bombardato per vent’anni o dell’Iraq dopo un lancio a tappeto di bombe intelligenti contenenti democrazia.

À la guerre comme à la guerre. E meno male che abbiamo il grande presidente del consiglio, il superpotente premier, il super eroe capace di mettere d’accordo tutti e guidare il paese in un momento tanto difficile. Ma che dico, lui l’unica guida possibile in questo frangente infausto dell’Europa, del mondo, della galassia, dell’universo, ma anche capace di vincere gli europei, Wimbledon, le olimpiadi, di saltare più in alto di tutti e di tagliare il traguardo di qualsiasi arrivo, di guidare la Juventus e di fare anche il centravanti, di dirigere la Ferrari e di pilotare anche l’auto di formula uno e vincere finalmente il mondiale piloti e costruttori. Guai ad esprimere un solo dubbio sulle competenze dell’immenso. Guai a contestare le sue capacità politiche, economiche, diplomatiche, strategiche, atletiche, stratosferiche, etiche, anestetiche, dietetiche, magnetiche.

À la guerre comme à la guerre. E via sanzioni a tutto spiano al nemico criminale. Inaudito sterminatore di democrazie e stati sovrani al pari degli invasori di Iraq, Libia, Afganistan, Kosovo, Palestina e di sterminatori di curdi e Yemeniti… ehm…, no, quelli sono i buoni, le loro invasioni non valgono, le loro stragi sono democratiche, le città distrutte sono effetti collaterali, le bombe intelligenti qualche volta dimenticano il cervello nelle base di lancio e pazienza.

À la guerre comme à la guerre. Evviva l’unità della Nato, dell’Europa, dell’Onu, della FIFA, dei condomini, del Coni, degli alcolisti anonimi e del gruppo TNT. Evviva le tutte le sanzioni, fa nulla se le pagano altri popoli sovrani che mai avrebbero voluto la guerra che mai si sarebbero piegati al comico presidente comicamente e perennemente (si farà la doccia, si cambierà la t-shirt ogni tanto?) vestito da soldato sempre a chiedere armi, denaro, armamenti moderni, istruttori per le armi moderne, soldati, istruttori per soldati, missili a lunga gittata, aerei, droni, carrarmati… ogni giorno in televisione con la maglietta verde d’ordinanza, proprio ogni giorno, per chiedere sostegno al fine di abbattere un nemico, criminale, pazzo, malato, isolato, ormai prossimo alla fine.

À la guerre comme à la guerre. I prezzo dell’energia vola raggiungendo livelli impensabili e impensati. E allora ecco a voi l’estate a condizionatori spenti per la pace. E allora ecco a voi le stufe spente per l’inverno, i termosifoni solo per due ore ma che non superino i dodici gradi, dopo tutto il clima è in forte aumento, se farà freddo potrete sempre mettetevi il cappotto ammesso che possiate comprarlo dopo aver pagato le bollette. E allora niente bibite, formaggi e surgelati nei frigoriferi vuoti a causa dell’inflazione e i prezzi che non si fermano. E allora niente pizza perché i soldi sono pochi e i ristoranti chiudono perché la spesa per le bollette è decuplicato. E allora niente insalata perché quella che rimane dopo grandinate smottamenti e allagamenti si vende solo nei negozi Dior.

À la guerre comme à la guerre. Che volete, occorre avere molta pazienza, è l’effetto secondario delle sanzioni utilissime, necessarie, indispensabili, obbligatorie, imprescindibili, basilari. E questo, nessuno può contestarlo giacché  è l’unanime pensiero di ogni popolo sovrano. E allora niente scampagnate nei fine settimana dell’autunno, niente vino novello con le caldarroste nelle cantine, niente assaggi di salumi e formaggi nelle fattorie, niente visite ai musei, niente itinerari nelle città del medioevo o della Tuscia, o della Magna Grecia, o della Padania o del Salento; diamine, come si fa? Meglio stare a casa se gasolio, benzina con piombo, benzina senza piombo, benzina con 98 ottani, benzina con 100 ottani costano quasi quanto un Dom Perignon, una bottiglia di cognac Camus o una di barolo d’annata.

À la guerre comme à la guerre. Tutti con Draghi il guerriero condottiero generale impavido coraggioso alla conquista delle sanzioni più stringenti, dannose e soffocanti per il tiranno maledetto, se non basta una ne faremo due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove, dieci, venti, cento, millanta, due millanta, tre millanta… Via, uniti tutti dietro all’immenso che combatte con la bacchetta di Olivander, tutti dietro all’invincibile. Lo dicono anche Mattarella, Meloni (io sono Giorgia), Letta (come si fa la carbonara?, Salvini (credo?), Calenda (un po' de qua e un po' de la), Renzi (sempre più in la), Angela Merkel, Macron, Biden, Kissingerer, Ursula Von der Leyen, Tim Cook, la signora Lagarde, Powell, Alan Friedman, Giannini, Gruber, Mentana, Polito, Mieli, Molinari, Fontana, Severgnini, Gramellini, il generale Nelson, il generale Cambronne, il generalissimo Franco, Vittorio Emanuele secondo, il generale Cialdini, Garibaldi, Nino bixio, i Mille, la carica dei 101, Nembo Kid  il cateto, l’ipotenusa e la radice quadrata.

À la guerre comme à la guerre. Tutti  a inchinarsi a grandissimo tecnocrate liberista, infallibile killer della Grecia (sarebbe bastato una parte infinitesimale di denaro speso in favore del comico presidente con la t-shirt verde militare per evitare stenti e povertà al popolo sovrano della Grecia ma questo meglio non dirlo). Tutti in silenzio dietro il grande negoziatore, il grandissimo centravanti di sfondamento della politica italiana (ha mai fatto politica?), scoperto in tarda età (se lo avessimo scoperto prima avremmo certamente evitato la decadenza del Paese).  

À la guerre comme à la guerre. Solidarietà e accoglienza per i profughi ucraini, per fortuna. Ma un racconto drogato e strumentale della guerra trasforma la dovuta solidarietà in solidarietà razzista perché colloca su piani diversi i profughi. Chi arriva con i barconi per sfuggire alle guerre di altre regioni del mondo non è degno della stessa accoglienza, non è degno di solidarietà non è degno di comprensione, è oggetto di razzismo becero.  Per chi arriva dall’Asia e dall’Africa i civili popoli europei innalzano muri di cemento, barriere fatte di filo di ferro spinato, schierano l’esercito ai confini, vaneggiano blocchi navali. Altro che corridoi umanitari. Per questi disperati il centravanti di sfondamento non spende il suo tempo prezioso. Nessuno pensa a sanzioni per chi alza i muri, nessun giornale apre conti correnti in favore di quei disperati, nessuna rete televisiva pensa a un notiziario in lingua araba, pashtu o magrebina, per loro ogni giorno è una guerra per il diritto all’esistenza.

À la guerre comme à la guerre. Se Egli, Sua Marietà, ha l’autorevolezza necessaria, indispensabile, obbligatoria, imprescindibile, basilare per mettere tutti d’accordo, la utilizzi per la pace dimostrando per una volta le sue tante doti. E allora, scusandomi per la lunghezza del pensiero e per il tono faceto, nel parlare di guerra, chiudo con una citazione di Papa Francesco riportata in apertura: “Per fare la pace ci vuole coraggio, molto di più che per fare la guerra.”.




 

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