Orfeo - Antonio Canova
L’inconsolabile, dai Dialoghi con Leucò
– Cesare Pavese
Il sesso, l’ebbrezza e il sangue
richiamarono sempre il mondo sotterraneo e promisero a più d’uno beatitudini
ctonie. Ma il tracio Orfeo, cantore, viandante nell’Ade e vittima lacerata come
lo stesso
Dionisio, valse di più.
(Parlano Orfeo e Bacca).
ORFEO: È andata così. Salivamo il sentiero tra il bosco
delle ombre. Erano già lontani Cocito, lo
Stige, la barca, i lamenti. S’intravvedeva sulle foglie il
barlume del cielo. Mi sentivo alle spalle il fruscìo del suo passo. Ma io ero
ancora laggiù e avevo addosso quel freddo. Pensavo che un giorno avrei dovuto
tornarci, che ciò ch’è stato sarà ancora. Pensavo alla vita con lei, com’era
prima; che un’altra volta sarebbe finita. Ciò ch’è stato sarà. Pensavo a quel
gelo, a quel vuoto che avevo traversato e che lei si portava nelle ossa, nel
midollo, nel sangue. Valeva la pena di rivivere ancora? Ci pensai, e intravvidi
il barlume del giorno. Allora dissi "Sia finita" e mi voltai. Euridice scomparve come si spegne una
candela. Sentii soltanto un cigolìo, come d’un topo che si salva.
BACCA: Strane parole, Orfeo. Quasi non posso crederci. Qui
si diceva ch’eri caro agli dèi e alle muse. Molte di noi ti seguono perché ti
sanno innamorato e infelice. Eri tanto innamorato che - solo tra gli uomini -
hai varcato le porte del nulla. No, non ci credo, Orfeo. Non è stata tua colpa
se il destino ti ha tradito.
ORFEO: Che c’entra il destino. Il mio destino non tradisce.
Ridicolo che dopo quel viaggio, dopo aver visto in faccia il nulla, io mi
voltassi per errore o per capriccio.
BACCA: Qui si dice che fu per amore.
ORFEO: Non si ama chi è morto.
BACCA: Eppure hai pianto per monti e colline - l’hai cercata
e chiamata - sei disceso nell’Ade. Questo cos’era?
ORFEO: Tu dici che sei come un uomo. Sappi dunque che un
uomo non sa che farsi della morte. L’Euridice che ho pianto era una stagione
della vita. Io cercavo ben altro laggiù che il suo amore. Cercavo un passato
che Euridice non sa. L’ho capito tra i morti mentre cantavo il mio canto. Ho
visto le ombre irrigidirsi e guardar vuoto, i lamenti cessare, Persefòne
nascondersi il volto, lo stesso tenebroso-impassibile, Ade, protendersi come un
mortale e ascoltare. Ho capito che i morti non sono più nulla.
BACCA: Il dolore ti ha stravolto, Orfeo. Chi non rivorrebbe
il passato? Euridice era quasi rinata.
ORFEO: Per poi morire un’altra volta, Bacca. Per portarsi
nel sangue l’orrore dell’Ade e tremare con me giorno e notte. Tu non sai cos’è
il nulla.
BACCA: E così tu che cantando avevi riavuto il passato,
l’hai respinto e distrutto. No, non ci posso credere.
ORFEO: Capiscimi, Bacca. Fu un vero passato soltanto nel canto.
L’Ade vide se stesso soltanto ascoltandomi. Già salendo il sentiero quel
passato svaniva, si faceva ricordo, sapeva di morte. Quando mi giunse il primo
barlume di cielo, trasalii come un ragazzo, felice e incredulo, trasalii per me
solo, per il mondo dei vivi. La stagione che avevo cercato era là in quel
barlume. Non m’importò nulla di lei che mi seguiva. Il mio passato fu il
chiarore, fu il canto e il mattino. E mi voltai.
BACCA: Come hai potuto rassegnarti, Orfeo? Chi ti ha visto
al ritorno facevi paura. Euridice era stata per te un’esistenza.
ORFEO: Sciocchezze. Euridice morendo divenne altra cosa. Quell’Orfeo
che discese nell’Ade, non era più sposo né vedovo. Il mio pianto d’allora fu
come i pianti che si fanno da ragazzo e si sorride a ricordarli. La stagione è passata.
Io cercavo, piangendo, non più lei ma me stesso. Un destino, se vuoi. Mi
ascoltavo.
BACCA: Molte di noi ti vengon dietro perché credevano a
questo tuo pianto. Tu ci hai dunque ingannate?
ORFEO: O Bacca, Bacca, non vuoi proprio capire? Il mio
destino non tradisce. Ho cercato me stesso. Non si cerca che questo.
BACCA: Qui noi siamo più semplici, Orfeo. Qui crediamo
all’amore e alla morte, e piangiamo e ridiamo con tutti. Le nostre feste più
gioiose sono quelle dove scorre del sangue. Noi, le donne di Tracia, non le
temiamo queste cose.
ORFEO: Visto dal lato della vita tutto è bello. Ma credi a
chi è stato tra i morti... Non vale la pena.
BACCA: Un tempo non eri così. Non parlavi del nulla.
Accostare la morte ci fa simili agli dèi. Tu stesso insegnavi che un’ebbrezza
travolge la vita e la morte e ci
fa più che umani... Tu hai veduto la festa.
ORFEO: Non è il sangue ciò che conta, ragazza. Né l’ebbrezza
né il sangue mi fanno impressione. Ma che cosa sia un uomo è ben difficile
dirlo. Neanche tu, Bacca, lo sai.
BACCA: Senza di noi saresti nulla, Orfeo.
ORFEO: Lo dicevo e lo so. Ma poi che importa? Senza di voi
sono disceso all’Ade...
BACCA: Sei disceso a cercarci.
ORFEO: Ma non vi ho trovate. Volevo tutt’altro. Che tornando
alla luce ho trovato.
BACCA: Un tempo cantavi Euridice sui monti...
ORFEO: Il tempo passa, Bacca. Ci sono i monti, non c’è più
Euridice. Queste cose hanno un nome, e si chiamano uomo. Invocare gli dèi della
festa qui non serve.
BACCA: Anche tu li invocavi.
ORFEO: Tutto fa un uomo, nella vita. Tutto crede, nei
giorni. Crede perfino che il suo sangue scorra alle volte in vene altrui. O che
quello che è stato si possa disfare. Crede dirompere il destino con l’ebbrezza.
Tutto questo lo so e non è nulla.
BACCA: Non sai che farti della morte, Orfeo, e il tuo
pensiero è solo morte. Ci fu un tempo che la festa ci rendeva immortali.
ORFEO: E voi godetela la festa. Tutto è lecito a chi non sa
ancora. E’ necessario che ciascuno scenda una volta nel suo inferno. L’orgia
del mio destino è finita nell’Ade, finita cantando secondo i miei modi la vita
e la morte.
BACCA: E che vuol dire che un destino non tradisce?
ORFEO: Vuol dire che è dentro di te, cosa tua; più profondo
del sangue, di là da ogni ebbrezza.
Nessun dio può toccarlo.
BACCA: Può darsi, Orfeo. Ma noi non cerchiamo nessuna
Euridice. Com’è dunque che scendiamo all’inferno anche noi?
ORFEO: Tutte le volte che s’invoca un dio si conosce la
morte. E si scende nell’Ade a strappare qualcosa, a violare un destino. Non si
vince la notte, e si perde la luce. Ci si dibatte come ossessi.
BACCA: Dici cose cattive... Dunque hai perso la luce anche
tu?
ORFEO: Ero quasi perduto, e cantavo. Comprendendo ho trovato
me stesso.
BACCA: Vale la pena di trovarsi in questo modo? C’è una
strada più semplice d’ignoranza e di gioia. Il dio è come un signore tra la
vita e la morte. Ci si abbandona alla sua ebbrezza, si dilania o si vien
dilaniate. Si rinasce ogni volta, e ci si sveglia come te
nel giorno.
ORFEO: Non parlare di giorno, di risveglio. Pochi uomini
sanno. Nessuna donna come te, sa cosa sia.
BACCA: Forse è per questo che ti seguono, le donne della
Tracia. Tu sei per loro come il dio. Sei disceso dai monti. Canti versi di amore
e di morte.
ORFEO: Sciocca. Con te si può parlare almeno. Forse un
giorno sarai come un uomo.
BACCA: Purché prima le donne di Tracia...
ORFEO: Di’.
BACCA: Purché non sbranino il dio.
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