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30 aprile 2015

Matilde, nome di pianta – Pablo Neruda

foto - Sarah-Moon-Pirelli-Calendar
 Matilde, nome di pianta – Pablo Neruda

Matilde, nome di pianta o di pietra, o di vino,
di ciò che nasce dalla terra e dura,
parola nel cui aumento spunta il giorno,
nella cui estate irrompe la luce dei limoni.

In questo nome corrono i navigli di legno
circondati da sciami di fuoco azzurro marino,
e quelle lettere sono l’acqua d’un fiume
che sfocia nel mio cuore calcinato.

Oh nome scoperto sotto un rampicante
Come la porta d’una galleria sconosciuta
Che comunica con la fragranza del mondo!

Oh invadimi con la tua bocca bruciante,
indagami, se vuoi,coi tuoi occhi notturni,
ma nel tuo nome lasciami navigare e dormire.

Marina Cvetaeva - Cammini a me somigliante


Marina Cvetaeva - Cammini a me somigliante

Cammini, a me somigliante,
gli occhi puntando in basso.
Io li ho abbassati- anche!
Passante, fermati!
Leggi - di ranuncoli
e di papaveri colto un mazzetto
- che io mi chiamavo Marina
e quanti anni avevo.
Non credere che qui sia - una tomba,
che io ti apparirò minacciando...
A me stessa troppo piaceva
ridere quando non si può!
E il sangue fluiva alla pelle,
e i miei riccioli s'arrotolavano...
Anch'io esistevo, passante!
Passante, fermati!
Strappa uno stelo selvatico per te
e una bacca - subito dopo.
Niente è più grosso e più dolce
d'una fragola di cimitero.
Solo non stare così tetro,
la testa chinata sul petto.
Con leggerezza pensami,
con leggerezza dimenticami.
Come t'investe il raggio di sole!
Sei tutto in un polverio dorato...
E che almeno però non ti turbi
la mia voce di sottoterra.

Non mi toccate le palpebre, s'arrendono facilmente - Alexandra Zambà

 Non mi toccate le palpebre, s'arrendono facilmente - Alexandra Zambà

Non mi toccate le palpebre, s'arrendono facilmente
non mi baciate l'arcata, le sopracciglia ricordano e
si dimenano disperate.

E gli abbracci sopra le spalle
quelli improvvisi con le risate ed il solletico
con le voci che rotolano a vista d'occhio

non ci provate, mi tagliano il cuore
e sanguina.

da "Poesie del tredici" di Alexandra Zambà

Invece di parole - Yehuda Amichai

Invece di parole - Yehuda Amichai

Il mio amore ha una veste bianca e lunghissima
di sonno, d'insonnia e di nozze,
va a sedersi la sera a un tavolino
sopra cui posa un pettine, due fiale,
una spazzola, invece di parole.
Dagli abissi della chioma pesca
molte forcine e poi le mette in bocca, invece di parole.

La scompiglio, lei si pettina,
nuovamente scompiglio. Poi che resta?
Lei si addormenta invece di parole,
e il suo sonno ormai mi conosce,
scodinzola con la sua coda di sogni lanosi,
il suo ventre s'è impregnato facilmente
di tutte le funeste profezie
della fine dei tempi.

Io la sveglio: siamo gli umili
strumenti di un difficile amore.

Così parlo di te e di me - Odisseas Elitis


Così parlo di te e di me - Odisseas Elitis
Così parlo di te e di me

Perché ti amo e nell'amore so Entrare come Plenilunio Da ogni parte, per il tuo piccolo piede nelle lenzuola sconfinate So sfogliare gelsomini - e ho la forza Sopita, di soffiare e di portarti Attraverso passaggi luminosi e segreti porticati del mare Alberi ipnotizzati con ragnatele inargentate

Di te hanno sentito parlare le onde, Come accarezzi, come baci, Come sussurri il «cosa» e il «sì» Tutt'intorno alla gola, alla baia Sempre noi la luce e l'ombra

Sempre tu la piccola stella e sempre io l'oscuro natante Sempre tu il porto e io il faro di destra Il molo bagnato e il bagliore sopra i remi In alto nella casa con i rampicanti Le rose intrecciate, l'acqua che si fa fredda Sempre tu la statua di pietra e sempre io l'ombra che cresce Tu l'imposta accostata, io il vento che la apre Perché ti amo e ti amo Sempre tu la moneta e io l'adorazione che le dà valore:

«Non berremo dallo stesso bicchiere» - Anna Achmatova


«Non berremo dallo stesso bicchiere» - Anna Achmatova

Non berremo dallo stesso bicchiere
L'acqua o il dolce vino,
Al mattino non ci daremo baci,
E a sera non guarderemo alla finestra.
Tu il sole respiri, io la luna,

Ma siamo vivi dello stesso amore.
Con te è sempre la tua gaia compagna,
Con me il fedele, mio tenero amico,
Ma vedo lo sgomento di grigi occhi,
E del mio male sei colpevole tu.
Lasciamo radi i nostri brevi incontri.
Così ci è serbata la pace dalla sorte.

La tua voce soltanto canta nei miei versi,
In quelli tuoi spira il mio respiro.
Oh, esiste un fuoco che non osa
Toccare né oblio né paura…
E se sapessi come mi son care
Ora le tue rosse, aride labbra.

Qualunque giorno non veggio 'l mi' amore - Cecco Angiolieri


Qualunque giorno non veggio 'l mi' amore - Cecco Angiolieri

Qualunque giorno non veggio 'l mi' amore,
la notte come serpe mi travollo,
e sì mmi giro, che paio un bigollo,
tanta è la pena che sente 'l meo core.
Parmi la notte ben cento mili' ore,
dicendo: " Dio, sarà mma' dì, vedròllo? ";
e tanto piango, che tutto m'immollo,
ch' alcuna cosa m'aleggia 'l dolore.
Ed i' ne son da llei così cangiato:
ché 'n una ched e' giungo 'n sua contrada,
sì mmi fa dir ch'i' vi son troppo stato,
e ched i' voli, sì ttosto me'n vada,
però ch'ell' ha 'l su' amor a ttal donato,
che per un mille più di me li aggrada.

Passione - Claudia Formiconi

Passione - Claudia Formiconi

Stigmate di sangue
gocce di passione
strozzati singulti
nel talamo di Venere.
Orgasmi consunti
nelle cosce sbocciate
di vita
di morte.
Il seme salmastro
feconda posidonia
fiore sublime
dell’oceano dei sensi.

Anime salve - Fabrizio De Andrè

foto: Lara Stone by Paolo Roversi for Vogue
 Anime salve - Fabrizio De Andrè

Mille anni al mondo mille ancora
che bell'inganno sei anima mia
e che bello il mio tempo che bella compagnia
sono giorni di finestre adornate
canti di stagione
anime salve in terra e in mare
sono state giornate furibonde
senza atti d'amore
senza calma di vento
solo passaggi e passaggi
passaggi di tempo
ore infinite come costellazioni e onde
spietate come gli occhi della memoria
altra memoria e non basta ancora
cose svanite facce e poi il futuro
i futuri incontri di belle amanti scellerate
saranno scontri
saranno cacce coi cani e coi cinghiali
saranno rincorse morsi e affanni per mille anni
mille anni al mondo mille ancora
che bell'inganno sei anima mia
e che grande il mio tempo che bella compagnia
mi sono spiato illudermi e fallire
abortire i figli come i sogni
mi sono guardato piangere in uno specchio di neve
mi sono visto che ridevo
mi sono visto di spalle che partivo
ti saluto dai paesi di domani
che sono visioni di anime contadine
in volo per il mondo
mille anni al mondo mille ancora
che bell'inganno sei anima mia
e che grande questo tempo che solitudine
che bella compagnia

Sempre più difficile - Erich Fried

Sempre più difficile - Erich Fried

Vederti solo una volta
e poi mai più
dev'essere più facile

che vederti ancora una volta
e poi mai più

Vederti ancora una volta
e poi mai più
dev'essere più facile
che vederti ancora due volte
e poi mai più

Vederti ancora due volte
e poi mai più
dev'essere più facile
che vederti ancora tre volte
e poi mai più

Ma io sono uno sciocco
e voglio vederti
ancora molte volte
prima
di non poterti vedere
mai più

Un'inezia - Erich Fried

Un'inezia - Erich Fried

Non so che cosa sia l’amore ma forse
è qualcosa come:

Se lei
ritorna a casa da un paese straniero
e mi dice con orgoglio: «Ho visto
un topo d’acqua»
e io mi ricordo di queste parole
quando la notte mi sveglio
e il giorno dopo al lavoro
e ho nostalgia
di ascoltarla
ripetere queste parole
e poi
che pronunciandole
mi appaia esattamente come quando
le pronunciò -

È forse questo, penso, l’amore
o qualcosa di non molto diverso

Deh, Violetta, che in ombra d'Amore - Dante Alighieri


Deh, Violetta, che in ombra d'Amore - Dante Alighieri

Deh, Violetta, che in ombra d'Amore
negli occhi miei sì subito apparisti,
aggi pietà del cor che tu feristi,
che spera in te e disiando more.
Tu, Violetta, in forma più che umana,
foco mettesti dentro in la mia mente
col tuo piacer ch'io vidi;
poi con atto di spirito cocente
creasti speme, che in parte mi sana
la dove tu mi ridi.
Deh, non guardare perché a lei mi fidi,
ma drizza li occhi al gran disio che m'arde,
ché mille donne già per esser tarde
sentiron pena de l'altrui dolore.

Alienazione - Claudia Formiconi

foto: Elena Sudakova by Bojana Tatarska
 Alienazione - Claudia Formiconi

Falsi fasti rilucenti dell’effimero
affastellati
banale sentire di voci garrule
sghignazzanti
sofismi del nulla gravano l’aria
ancor più vuota
desolante
l’horror vacui sopraffà
l’intimo senso ancestrale
i suoni dell’anima usurpati
violati.
Mi giro
mi guardo attorno
il mio essere
riluttante al clamore
affonda lo sguardo.
Inarrestabile la pletora dei miei silenzi.

Strappo - Claudia Formiconi

foto di Kiyo Murakami
Strappo - Claudia Formiconi

Strappare
infrangere la volta che brucia
dove l’angolo di pietra è lieve
oltre l’immagine segreta
della pupilla nascosta
nell’antro della parte inconscia
dei coni di luce della mente.

Gli occhi sono i tuoi talismani - May Ziadeh

Gli occhi sono i tuoi talismani - May Ziadeh

Gli occhi sono i tuoi talismani
occhi chiari come il cielo
profondi quanto l'oceano
vasti e illusori al par di un deserto
occhi che danno un senso all'etereo regno
della bellezza
occhi percorsi da nubi lampeggianti
occhi da cui distogli lo sguardo
in cerca di un neo, un chicco di splendore,
occhi vicini e tondi, a mandorla, allungati,
infossati nelle orbite dall'aver troppo guardato,
occhi che si curvano pigri, lentamente
sul deporsi sottile della palpebra
come uno stormo di bianchissimi uccelli
che sorvola i laghi del nord.
Altri occhi emanano raggi di verde fiammata,
attraggono come uncini il cuore che li guarda
e ci sono poi altri ed altri ancora…

occhi sensibili, pensierosi
occhi lieti
occhi che cantano
che scintillano al ritmo dell'odio e dell'ira
che conformano voragini ed arcani…

Gli occhi e i loro segreti.
Occhi che celano pensieri
o che li svelano.
Occhi gravati dal velo del torpore
dalle pupille dilatate dall'amore,
o contratte dall'odio.
Occhi che chiedono incessanti "chi sei"
o tornano a chiederlo ad ogni tua risposta
occhi che decidono in un lampo "tu sei mio schiavo"
o che implorano "ho bisogno di soffrire,
chi saprà torturarmi?"
occhi che dicono "voglio opprimere,
dov'è la mia vittima?"
occhi che sorridono e che supplicano
occhi in cui risplende l'incanto della preghiera
e l'estasi dell'implorante
occhi che indagano nei tuoi segreti
e dicono "non mi riconosci?"
occhi che alternano domande e seduzioni,
dinieghi e affermazioni.

Occhi, gli occhi,
forse non ti impauriscono gli occhi?

E tu, qual è il colore dei tuoi occhi?
cosa esprimono,
a che mondo visibile o invisibile si rivolgono?
Vai allo specchio
osserva i tuoi talismani fatati,
li avevi mai studiati prima d'ora?
Osservali in fondo al loro abisso,
troverai la voglia di sapere,
quella che spia i movimenti del creato,
che degli astri insegue eterno moto:
nel suo abisso profondo scorgerai
ogni luogo, ogni viso, ogni singola cosa…

E se vorrai conoscere me,
l'ignoto,
scruta le tue pupille,
il tuo sguardo mi troverà in se stesso,
tuo malgrado.

Legame - Claudia Formiconi (a Rudy)


Legame - Claudia Formiconi
(a Rudy)

Corre il mio sguardo sul tuo corpo
crocefisso di passioni
lo percorro
nei sentieri brucianti dell’attimo rapito
violato
voluto.
La mia bocca lembi di carne
su fiamme diramate
ardono sulla croce del tuo legno
che vive le stagioni
rinascita del momento.
Sempre vivo
mai consunto
la mia pelle come velo
raccoglie il sangue
del peccato primigenio
imbratterà la tela della mia carne
sarà il nostro ritratto vissuto
con ferri caldi c’inchioderemo.
Nasceranno primule
sbocciate melodie d’amore
appese al vento.

Ritratto di Signora III - Thomas Stearns Eliot

Ritratto di Signora III - Thomas Stearns Eliot

La notte d'ottobre discende; tornando come prima se
si esclude
Quasi un leggero senso di malessere
Salgo le scale e giro la maniglia, ed ho la sensazione
D'esser salito strisciando sulle mani
E sui ginocchi. « E così parti per l'estero; e quando
Pensi di ritornare? Ma è una domanda inutile.
Difficilmente saprai quando ritorni,
Troverai molte cose da imparare. »
Il mio sorriso cade pesantemente in mezzo al bric-à-brac.

« Forse mi potrai scrivere. »
La mia padronanza di me s'accende per un attimo;
Questo me l'aspettavo per davvero.
« Ultimamente me lo chiedevo spesso
(Ma i nostri inizi non sanno mai quale sarà la fine!)
Perché non siamo diventati amici. »
Mi sento come uno che sorrida, e volgendosi noti
all'improvviso
La sua espressione riflessa in uno specchio.
La mia padronanza si spegne; noi siamo veramente al
buio.

« Perché tutti l'avevano detto, tutti i nostri amici,
Erano tutti sicuri che i nostri sentimenti s' accordassero
Così intimamente! Anche per me è difficile capire.
Ora dobbiamo lasciarle al destino queste cose.
In tutti i casi, mi scriverai.
Forse non è troppo tardi.
Resterò qui a sedere, servendo il tè agli amici. »

E devo approfittare d'ogni forma mutevole se voglio
Trovare l'espressione... ballare, ballare
Come un orso ballerino,
Strillare come un pappagallo, schiamazzare come una
scimmia.
Andiamo a prendere aria, in un'estasi di tabacco -

Bene! E cosa accadrebbe se un pomeriggio morisse,
Un pomeriggio grigio e fumoso, una sera gialla e rosa;
Se lei morisse e mi lasciasse qui seduto con la penna
in mano
Con il fumo che scende giù dai tetti;
Pieno di dubbio, per un certo tempo
Senza sapere cosa provo o se comprendo
Né se sia saggio o pazzo, in ritardo o in anticipo...
Non avrebbe la meglio, dopo tutto?
Questa musica trova il tono giusto con un « morendo »
Ora che noi parliamo di morire -
E avrei il diritto di sorridere?

Le due strade - Guido Gozzano


Le due strade - Guido Gozzano
Tra le bande verdi gialle d'innumeri ginestre
la bella strada alpestre scendeva nella valle.
Andavo con l'Amica, recando nell'ascesa
la triste che già pesa nostra catena antica;
quando nel lento oblio, rapidamente in vista
apparve una ciclista a sommo del pendio.
Ci venne incontro; scese. «Signora! Sono Grazia!»
sorrise nella grazia dell'abito scozzese.
«Graziella, la bambina?» - «Mi riconosce ancora?»
«Ma certo!» E la Signora baciò la Signorina.
La piccola Graziella! Diciott'anni? Di già?
La Mamma come sta? E ti sei fatta bella!
«La piccola Graziella, così cattiva e ingorda!...»
«Signora, si ricorda quelli anni?» - «E così bella
vai senza cavalieri in bicicletta?» - «Vede...»
«Ci segui un tratto a piede?» - «Signora, volentieri...»
«Ah! ti presento, aspetta, l'Avvocato, un amico
caro di mio marito... Dagli la bicicletta.»
Sorrise e non rispose. Condussi nell'ascesa
la bicicletta accesa d'un gran mazzo di rose.
E la Signora scaltra e la bambina ardita
si mossero: la vita una allacciò dell'altra.
Adolescente l'una nelle gonnelle corte,
eppur già donna: forte bella vivace bruna
e balda nel solino dritto, nella cravatta,
la gran chioma disfatta nel tocco da fantino.
Ed io godevo senza parlare, con l'aroma
degli abeti, l'aroma di quell'adolescenza.
- O via della salute, o vergine apparita,
o via tutta fiorita di gioie non mietute,
forse la buona via saresti al mio passaggio,
un dolce beveraggio alla malinconia.
O bimba, nelle palme tu chiudi la mia sorte;
discendere alla Morte come per rive calme,
discendere al Niente pel mio sentiere umano,
ma avere te per mano, o dolce sorridente! -
Così dicevo senza parola. E l'Altra intanto
vedevo: triste accanto a quell'adolescenza!
Da troppo tempo bella, non più bella tra poco,
colei che vide al gioco la piccola Graziella.
Belli i belli occhi strani della bellezza ancora
d'un fiore che disfiora e non avrà domani.
Al freddo che s'annunzia piegan le rose intatte,
ma la donna combatte nell'ultima rinunzia.
O pallide leggiadre mani per voi trascorse-
ro gli anni! Gli anni, forse, gli anni di mia Madre!
Sotto l'aperto cielo, presso l'adolescente
come terribilmente m'apparve lo sfacelo!
Nulla fu più sinistro che la bocca vermiglia
troppo, le tinte ciglia e l'opera del bistro
intorno all'occhio stanco, la piega di quei labri,
l'inganno dei cinabri sul volto troppo bianco,
gli accesi dal veleno biondissimi capelli:
in altro tempo belli d'un bel biondo sereno.
Da troppo tempo bella, non più bella tra poco,
colei che vide al gioco la piccola Graziella.
- O mio cuore che valse la luce mattutina
raggiante sulla china tutte le strade false?
Cuore che non fioristi, è vano che t'affretti
verso miraggi schietti, in orti meno tristi.
Tu senti che non giova all'uomo soffermarsi,
gittare i sogni sparsi per una vita nuova.
Discenderai al niente pel tuo sentiere umano
e non avrai per mano la dolce sorridente,
ma l'altro beveraggio avrai fino alla morte:
il tempo è già più forte di tutto il tuo coraggio. -
Queste pensavo cose, guidando nell'ascesa
la bicicletta accesa d'un gran mazzo di rose.
Erano folti intorno gli abeti nell'assalto
dei greppi fino all'alto nevaio disadorno.
I greggi, sparsi a picco, in gran tinniti e mugli
brucavano ai cespugli di menta il latte ricco;
e prossimi e lontani univan sonnolenti
al ritmo dei torrenti un ritmo di campani.
- Lungi i pensieri foschi! Se non verrà l'amore -
che importa? Giunge al cuore il buono odor dei boschi:
di quali aromi opimo odore non si sa:
di resina? di timo? e di serenità?... -
Sostammo accanto a un prato e la Signora china
baciò la Signorina, ridendo nel commiato:
«Bada che aspetterò, che aspetteremo te;
si prende un po' di the, si maledice un po'...»
«Verrò, Signora, grazie!» Dalle mie mani in fretta
prese la bicicletta. E non mi disse grazie.
Non mi parlò. D'un balzo salì, prese l'avvio;
la macchina il fruscìo ebbe d'un piede scalzo,
d'un batter d'ali ignote, come seguita a lato
da un non so che d'alato volgente con le ruote.
Restammo alle sue spalle. La strada, come un nastro
sottile d'alabastro, scendeva nella valle.
Volò, come sospesa la bicicletta snella:
«O piccola Graziella, attenta alla discesa!».
«Signora! arrivederla!» Gridò di lungi, ai venti:
di lungi ebbero i denti un balenio di perla.
Graziella è lungi. Vola vola la bicicletta:
«Amica! E non m'ha detta una parola sola!».
«Te ne duole?» - «Chi sa!» - «Fu taciturna, amore,
per te, come il Dolore...» - «O la Felicità!»
E seguitai l'amica, recando nell'ascesa
la triste che già pesa nostra catena antica.

Cercami - Claudia Formiconi

foto di Katerina Lomonosov
Cercami - Claudia Formiconi

Cercami
tra gli spazi infiniti della mente
Chiamami
tra fasci di luce intervallati
Guardami
quando la luce del giorno s’arresta
Amami
tra spini candidi a primavera
Prendimi
di notte
tra le pieghe corrotte di complici lenzuola

Fiore - Claudia Formiconi

foto di Tim Wu
Fiore - Claudia Formiconi
Pulsa
sfavilla
fiore soave
sboccia
godi
d’essenze silvestri.
Cattura
come mantice
l’eros di Pan
dall’insidia d’amante
percorri con dita
di marmo lunense
il suo corpo assetato
eccitato
umettato
Oh! creatura violata
rendi il piacere
soggioga
viola
rapisci i suoi sensi
obnubila
il credo di pietra
Tu! Regina d’armonia
incarna
l’amor sacro
vesti
l’amor profanol’ora tagliente
scandisce l’orgasmo
l’urlo strappa l’aere
saliva di Balaam
delizia il mio bocciolo!

Di sollievo in sollievo - Amelia Rosselli

Nastassja Kinski, foto da: flickr.com
Di sollievo in sollievo - Amelia Rosselli

Di sollievo in sollievo, le strisce bianche le carte bianche
un sollievo, di passaggio in passaggio una bicicletta nuova
con la candeggina che spruzza il cimitero.

Di sollievo in sollievo on la giacca bianca che sporge marroncino
sull'abisso, credenza tatuaggi e telefoni in fila, mentre
aspettando l'onorevole Rivulini mi sbottonavo. Di casa in casa

telegrafo, una bicicletta in più per favore se potete in qualche
modo spingere. Di sollievo in sollievo spingete la mia bicicletta
gialla, il mio fumare transitivi. Di sollievo in sollievo tutte

le carte sparse per terra o sul tavolo, lisce per credere
che il futuro m'aspetta.

Che m'aspetti il futuro! Che m'aspetti che m'aspetti il futuro
biblico nella sua grandezza, una sorte contorta non l'ho trovata
facendo il giro delle macellerie.

Poso le mani sul tuo corpo musicale - Josè Saramago

Poso le mani sul tuo corpo musicale - Josè Saramago

Poso le mani sul tuo corpo musicale
dove attendono i suoni addormentati.
In silenzio comincio, ch'è preludio
a quel tono real che irrompe brusco.
E quando l'anima in crescendo canta
percorrendo la scala d'ogni senso,
non mente l'anima, il corpo non mente.
Non è per colpa nostra se la gola
arrochisce e all'improviso tace
in aspre dissonanze, in stridori
esasperanti negli accordi falsi.

Se nel silenzio in cui scolora il canto
s'insinua un altro tono, rievocato,
s'estingue di lì a poco, ammutolisce:
non s'accorda con il violino il fado.

Saudade - Grazia Fresu


Saudade - Grazia Fresu

Tu stavi, dalla tristezza mia
reso più duro,
a dirmi che potevi contenere
il mio dolore di zingara ferita,
mi lasciavi con accorta mitezza
a dipanare il filo di una vita
dalla misura sempre inadeguata,
ascoltavi esistevi raggrumato
nel mio guado profondo
come la terra che sostiene il tronco,
il frutto che dall’albero matura
in un precoce abbaglio
d’assolate vampe d’aprile.
Respiravo in te l’orizzonte perduto,
quell’incredulità che va tingendo
con perversa albagia
le notti insonni, la paura affamata
che rincorre il più chiaro sorriso,
la carezza che poi sconfigge il pianto.
Determinata e attenta
si difese la bellezza, tra noi,
oltre gli affanni.

Ritratto di un'ombra - Paul Celan


Ritratto di un'ombra - Paul Celan
I tuoi occhi, orma di luce dei miei passi;
la tua fronte, solcata dal lampo delle spade;
i tuoi sopraccigli, orlo della rovina;
le tue ciglia, messi di lunghe lettere;
i tuoi riccioli, corvi, corvi, corvi;
le tue guance, stemma del mattino;
le tue labbra, ospiti tardivi;
le tue spalle, statua dell'oblio;
i tuoi seni, amici delle mie serpi;
le tue braccia, ontani alla porta del castello;
le tue mani, tavole di morti giuramenti;
i tuoi fianchi, pane e speranza;
il tuo sesso, legge dell'incendio boschivo;
le tue cosce, ali nell'abisso;
i tuoi ginocchi, maschere della tua boria;
i tuoi piedi, teatro d'armi dei pensieri;
le tue piante, cripte di fiamme;
la tua orma, occhio del nostro addio.

Prima che tu risponda – Alfonso Gatto


Prima che tu risponda – Alfonso Gatto

Non ha parole chi rivolge agli occhi
la sua domanda e trova nello sguardo
gli occhi a conferma d'essere l'amore.
Quale il dubbio, di giungere in ritardo
sul tempo, di cadere nell'aperto
della speranza? Basta il mio tremore
a dirmi vivo e fragile, ma sono
la vita, il soffio che ti chiama in dono.
Ha solo gli occhi chi si parla solo,
attende la risposta dai suoi primi
giorni che visse a trattenere il fiato,
la meraviglia dell'offerta. C'era,
nella terra e nel cielo, il suo sgomento
d'aver tutto allo sguardo, c'era il sole
a lenirgli l'immagine del tempo
per ogni giorno che gli nasce nuovo.
Prima che tu risponda, ascolta l'aria
che dai millenni ignora se la voce
è fatta di silenzio o di parole:
perché l'amore s'abbia nella morte
-nel suo congedo- l'ora dell'incontro.

La mancanza - Grazia Fresu

foto di Christian Coigny

La mancanza - Grazia Fresu

La tua mancanza è come
nel deserto il respiro leggero
di un’acqua sconosciuta,

il sole infiamma lacerando
la terra, profanando
le dune gialle.
Tu, gabbiano ventoso
nel mistero del sonno,
mi sfiori scavando il desiderio
tra le mie cosce brune,
il mio corpo rinato
tra zefiri e abbandoni
ti sogna trasalendo
dei presagi del cuore,
una lacrima d’oro dal mio ciglio
piano si scioglie e ferma
sul mio seno

il tuo bacio prezioso.

Resto nel mondo e ascolto - Grazia Fresu


Resto nel mondo e ascolto - Grazia Fresu

Resto nel mondo e ascolto
ma inadatta a capire,
Venere mutilata
che si mostra nel patrizio giardino
dentro il seme di un marmo ostile.
L’ardore che mi invase
ha consumato ogni voglia di pace,
tu fai paura e trema
l ’armonia nei tuoi occhi
piegando il tempo a loro discrezione.
Non voglio più decori né condanne
dolori d’impotenza o di follie.
Eretta voglio restare e urlante
sulla riva di uno sconvolto mare.

John Keats - La Belle Dame Sans Merci

foto da: photo.99px.ru
 John Keats - La Belle Dame Sans Merci

Perché soffri, o cavaliere in armi,
E pallido indugi e solo?
Sono avvizziti, qui i giunchi in riva al lago,
E nessun uccello cantando prende il volo.
Perché soffri, o cavaliere in armi,
E disfatto sembri e desolato?
Colmo è il granaio dello scoiattolo,
E il raccolto è già ammucchiato.
Scorgo un giglio sulla tua fronte,
Imperlata d'angoscia e dalla febbre inumidita;
E sulla tua guancia c'è come una rosa morente,
Anch'essa troppo in fretta sfiorita.
Per i prati vagando una donna
Ho incontrato, bella oltre ogni linguaggio,
Figlia d'una fata: i capelli aveva lunghi,
Il passo leggero, l'occhio selvaggio.
Una ghirlanda le preparai per la fronte,
I Poi dei braccialetti, e profumato un cinto:
Lei mi guardò come se mi amasse,
E dolce emise un gemito indistinto.
Sul mio destriero al passo la posi,
E altro non vidi per quella giornata,
Ché lei dondolandosi cantava
Una dolce canzone incantata.
Mi trovò radici di dolce piacere,
E miele selvatico, e stille di manna;
Sicuramente nella sua lingua strana
Mi diceva, "Sii certo, il mio amore non t'inganna".
E mi portò alla sua grotta fatata,
Ove pianse tristemente sospirando;
Poi i selvaggi suoi occhi selvaggi le chiusi,
Entrambi doppiamente baciando.
Poi fu lei che cullandomi
M'addormentò - e, me sciagurato,
Sognai l'ultimo sogno
Sul fianco del colle ghiacciato.
Cerei re vidi, e principi e guerrieri,
Tutti eran pallidi di morte:
"La belle dame sans merci", mi dicevano,
"Ha ormai in pugno la tua sorte".
Vidi le loro labbra consunte nella sera
Aprirsi orribili in un grido disperato,
E freddo mi svegliai, ritrovando mi lì,
Sul fianco del colle ghiacciato.
Ed ecco dunque perché qui dimoro,
E pallido indugio e solo,
Anche se sono avvizziti i giunchi in riva al lago,
E nessun uccello canta, prendendo il volo.

Dal pelago di sogni - Mihai Eminescu


Dal pelago di sogni - Mihai Eminescu
Dal pelago di sogni felici, fiammeggiante,
Nella mia vita donna sorgesti ammaliante,
Come l'argentea luna - sorriso bianco- appare
Dallo stellato mare!

Nel pelago di sempre più menomati sogni
Svanisti e si spenser le dolci illusioni,
Come la luna malinconica e pallida scompare
Nello stellato mare!

Dal pelago di sogni sui piani del pensiero,
Nei sacri anni verdi tuo volto mi sorrise,
A me si cara donna, come la luna appare
Dallo stellato mare!

Filo rosso - Gladys González


Filo rosso - Gladys González
Debbo confessare
che soffro per un uomo
in tutto il corpo fotocopio il suo volto
e lo attacco alle fermate tristi
della Gran Avenida.
Bordo il suo nome col filo rosso nella mia
biancheria intima
e mi tatuo le costole se per caso un giorno
abbia a toglierti da dentro
bevo tè nove volte al giorno
parlo con gli uccelli,
faccio voti al Gesù Bambino di Praga,
leggo il kamasutra,
accendo incensi,e faccio sviluppare le tue vecchie foto,
e non dormo cercando qualcosa d'altro da
offrirti, mi taglio le unghie,
e cammino gocciolando le strade,
con la testa semirapata
e le braccia cadute.

Scrittrice al lavoro – Mary Dorcey


Scrittrice al lavoro – Mary Dorcey

Ricominciando ancora una volta dopo lungo silenzio, hai
dimenticato tutto, anche i rituali più comuni di
evocazione. Come ascoltare, come oziare, come
nell'oscurità fare un patto con i morti. Così
ripeti mentalmente antichi riti di passaggio
per fissare il senso, accogliere. Prima accendi la lampada,

prepara un fuoco caldo. Come in una vecchia casa disabitata, per
cambiar aria all'anima: spalanca tutte le finestre. Poi,
calato il silenzio, la pagina bianca, le parole pronte, siediti e
lascia che entrino gli spiriti. Con cautela, all'inizio, fuggevoli,
con la coda dell'occhio cogli un lampo o
un profumo, un'improvvisa brezza, un passo sulle

Scale, un tremito o un sospiro. La fiamma scivola sul vetro.
Lentamente prendono forza, gli spettri mormoranti.
Ogni voce ti è nota, ogni respiro ha un'eco.
Solo tu sei cambiata dopo tutto. Prendono il loro posto
uno dopo l'altro, l'ultimo ad andarsene è il primo a ritornare.
Uno attira l'altro sulla soglia, una collana di

Perle, infilate nell'ordine in cui si sono perse. Non esitare,
né deplorare mentre si riuniscono. Accetta l'unica
consolazione che possono offrirti; i ricordi di te,
invulnerabili al tempo. Prendi ciò che puoi vedere o ascoltare,
abbandona il tatto, respiro sulla pelle. Non c'è forza del desiderio
che possa recuperare questo dono terreno. Non avere paura allora -

Fermati; lascia che si raccolgano vicino al focolare, attorno al tavolo.
Austeri o capricciosi, fuori dal loro elemento, non chiedere
loro ciò che essi non ti hanno chiesto di perdere: peso, coerenza.
Siediti, ascoltali. Hanno fatto tutta questa strada solo per
fornire spiegazioni. Quando la luce si raffredda, fermati. Non
voltare le spalle alle loro suppliche, alla loro brama vorace.

La mia vita, il mio canto - Clemente Rebora

Foto: caravaggio di Ross - fotocommunity.it
La mia vita, il mio canto - Clemente Rebora

L'egual vita diversa urge intorno;
cerco e non trovo e m'avvio
nell'incessante suo moto:
a secondarlo par uso o ventura,
ma dentro fa paura.
Perde, chi scruta,
l'irrevocabil presente;
né i melliflui abbandoni
né l'oblioso incanto
dell'ora il ferreo battito concede.
E quando per cingerti io balzo
- sirena del tempo -
un morso appéna e una ciocca ho di te:
o non ghermita fuggì, e senza grido
nei pensiero ti uccido
è nell'atto mi annego.
Se a me fusto è l'eterno,
fronda la storia e patria il fiore,
pur vorrei maturar da radice
la mia linfa nel vivido tutto'
e con alterno vigore felice
suggere il sole e prodigar il frutto;
vorrei palesasse il mio cuore
nei suo ritmo l'umano destino,
e che voi diveniste - veggente
passione del mondo,
bella gagliarda bontà -
l'aria di chi respira
mentre rinchiuso in sua fatica va.
Qui nasce, qui muore i! mio canto:
e parrà forse vano
accordo solitario;
ma tu che ascolti, recalo
al tuo bene e al tuo male;
e non ti sarà oscuro.

29 aprile 2015

Canto di donna - Clemente Rebora

James Ward - Diana at the Bath

Canto di donna - Clemente Rebora

Lungo di donna un canto si trasfonde
come azzurro vapore
dai clivi lambiti dal sole d'autunno
che stanco dirada l'ardor delle fronde
e nuvole scioglie cercanti sopore.
Nel vuoto sostare dell'aria ascoltante
la voce mi pàlpita in cuore;
e le bellezze ripenso che sole
vaniscon senza amore:
baleno d'oro non giunto al guizzo,
pianta nel succhio divelta, tizzo
scordato sotto la cappa
a sognare la fiamma,
alito non respirato,
baci non schiusi,
forte corpo senza amplesso.

Dai clivi si versa si esala dispera
l'umido ombrare violetto:
a casa, a spremer la sera!

Collage - Magdalena Svetina Terčon

Collage -  Magdalena Svetina Terčon

Dietro il mare scintilla la cera
che ha incollato la bellezza della sera.
La cera si è raffreddata e la gioia rimane
davanti alle mie mani imploranti.
Le sotterrerò nella rena
perché nessuno si accorga con quanto ardore
[io desideri essere non-qua.
Laggiù, dietro quel mare ho mandato i sogni.
E ora con il radar cerco di captarne l’eco.
Qualunque cosa. Non sopporto più solo il silenzio.
Il silenzio uccide il mio viaggio.
Il silenzio uccide la lontananza.
Il silenzio è tra noi due.
Noi due siamo distrutti.
Dietro il mare scintilla la cera
che davanti a me ha chiuso tutte le porte all’allegria

La sposa infedele - Federico Garcia Lorca



La sposa infedele - Federico Garcia Lorca

E io me la portai al fiume
credendo che fosse ragazza,
invece aveva marito.

Fu la notte di S. Giacomo
e quasi per compromesso
Si spensero i lampioni
E si accesero i grilli.
Dopo l’ultima curva
toccai i suoi seni addormentati,
e mi si aprirono subito
come rami di giacinti.
L’amido della sua sottana
mi suonava nell’orecchio,
come una pezza di seta
lacerata da dieci coltelli.
Senza luce d’argento sulle loro cime
sono cresciuti gli alberi,
e un orizzonte di cani
latra molto lontano dal fiume.
Passati i rovi,
i giunchi e gli spini,
sotto la chioma dei suoi capelli
feci una buca nella sabbia.
Io mi levai la cravatta.
Lei si levò il vestito.
Io il cinturone con la pistola.
Lei i suoi quattro corpetti.
Né tuberose né chiocciole
hanno la pelle tanto sottile,
né cristalli sotto la luna
risplendono con questa luce.
Le sue cosce mi sfuggivano
come pesci sorpresi,
metà piene di fuoco,
metà piene di freddo.
Quella notte percorsi
il migliore dei cammini,
sopra una puledra di madreperla
senza briglie e senza staffe.
Non voglio dire, da uomo,
le cose che lei mi disse.
La luce della ragione
mi fa essere molto discreto.
Sporca di baci e sabbia,
io la portai via dal fiume.
Con l'aria si battevano
le spade dei gigli.
Mi comportai da quello che sono.
Come un gitano autentico.
Le regalai un tavolino da lavoro
grande di raso paglierino,
e non volli innamorarmi
perchè avendo marito
mi disse che era ragazza

quando la portavo al fiume

Bevvi una sola sorsata di vita - Emily Dickinson


Bevvi una sola sorsata di vita - Emily Dickinson
Bevvi una sola sorsata di vita.
Vi diro' quanto la pagai:
Precisamente un'esistenza.
E' questo il prezzo sul mercato, dicono.
Mi pesarono, granello per granello
E bilanciarono fibra con fibra.
Poi mi porsero il prezzo del mio essere:
Un solo sorso di cielo.

****************

Per fare un prato occorrono un trifoglio e un'ape - Emily Dickinson
Per fare un prato occorrono un trifoglio e un'ape,
Un trifoglio e un'ape
E il sogno.
Il sogno può bastare
Se le api sono poche.

Il mio sogno familiare - Paul Verlaine


Il mio sogno familiare - Paul Verlaine

Faccio spesso un sogno strano e penetrante,
d'una donna sconosciuta che amo e che mi ama
e che ogni volta non è proprio la stessa
ma neppure un'altra, e mi ama e mi comprende.
Sì, mi comprende, e il mio cuore, trasparente
a lei soltanto, solo per lei, ahimè! non è più
un problema, e lei sola, piangendo, sa rinfrescare
i sudori della mia fronte livida.
È bruna, bionda o rossa? - Lo ignoro.
Il suo nome? Ricordo che è dolce e sonoro
come i nomi dei nostri cari che la Vita esiliò.
Ha uno sguardo simile a quello delle statue,
e la sua voce, lontana, e calma, e grave,
ha l'inflessione delle voci amate che ora tacciono.

C'è come un dolore nella stanza - Amelia Rosselli


C'è come un dolore nella stanza - Amelia Rosselli

C'è come un dolore nella stanza, ed
è superato in parte: ma vince il peso
degli oggetti, il loro significare
peso e perdita.

C'è come un rosso nell'albero, ma è
l'arancione della base della lampada
comprata in luoghi che non voglio ricordare
perché anch'essi pesano.

Come nulla posso sapere della tua fame
precise nel volere
sono le stilizzate fontane
può ben situarsi un rovescio d'un destino
di uomini separati per obliquo rumore.

John Keats - Ode a Psiche

foto: Emilie P by Vivienne Mok

John Keats - Ode a Psiche

Ascolta, o Dea, questi versi dissonanti
Strappati dalla dolce violenza e dal ricordo caro;
E che sin entro la morbida conchiglia del tuo orecchio
Sian cantati i tuoi segreti, perdona.
Certo ho sognato, oggi – o davvero l’alata Psiche
Ho visto con i miei occhi aperti?
Giravo spensierato per un bosco
Quando di colpo estasiato per la sorpresa
Due belle creature vidi, coricate fianco a fianco,
Nell’erba folta, sotto un sussurrante tetto
Di foglie e tremuli fiori, ove un ruscello
Appena visibile scorreva:
Tra i taciti fiori dalle fresche radici, azzurri lunari,
Dolcemente profumati nei purpurei boccioli,
Giacevano con quieto respiro sopra un letto d’erba,
Le braccia intrecciate e le ali,
Solo le labbra non si toccavano, ché ancora non s’eran dette addio.
Come se sperate dalle mani dolci del sonno
Fosser pronte a superare il numero dei baci passati
Quando l’alba l’occhio tenero aprisse dell’amore nascente.
Conoscevo bene il fanciullo alato;
Ma tu, o felice colomba felice, chi eri?
La sua Psiche fedele!
Oh tu, ultima nata visione, più dolce
Sei di tutta la svanita gerarchia Dell’Olimpo,
Più bella di Diana nelle sue regioni di zaffiro,
Più bella di Venere, la lucciola amorosa del cielo,
Tu, la più bella sei, pur se tempio non hai,
Né altare colmo di fiori,
O coro di vergini che dolcemente piangano
La tua mezzanotte,
E non voce, o liuto, o flauto, o incenso squisito
Che fumi dal turibolo scosso,
O santuario, bosco, oracolo o ardore
Di profeta sognante della pallida bocca.
Tu, più splendida sei, pur troppo tardi nata
Per gli antichi voti o per l’ingenua lira appassionata,
Quando sacri erano i rami della foresta
Incantata, sacra era l’aria, l’acqua, il fuoco:
Pure, anche un questi giorni tanto lontani
Dalle fedi felici, le tue ali lucenti
Che volteggiano tra gli olimpi in rovina io vedo,
E canto, ai miei soli occhi credendo.
Si, lascia sia io il tuo coro e il pianto
Alzato per la tua mezzanotte,
Lascia si io la tua voce, il tuo liuto, il tuo flauto,
Il tuo incenso squisito che fuma dal turibolo scosso,
Il tuo santuario, il tuo bosco, il tuo oracolo e l’ardore
Di un profeta sognante dalla pallida bocca.
Voglio essere io il tuo sacerdote, e costruirti un tempio
Nelle inesplorate regioni della mia mente,
Dove ramosi pensieri, appena nati con piacevole dolore,
Mormoreranno al vento sostituendo i pini:
E lontano lontano, di vetta in vetta macchie oscure d’alberi
Vestiranno tutt’intorno i gioghi selvaggi dei monti
E zefiri, fiumi, uccelli e api culleranno
Nel sonno le driadi coricate sul muschio:
Tra questa ampia quiete
Adornerò un roseo santuario
Con la trama in intrecciata d’una mente al lavoro,
Con boccioli, campanule e stelle senza nome,
Con tutto ciò che l’alma fantasia sa inventare,
Lei, che creando fiori, sempre diversi li crea:
Per te sarà li ogni dolce piacere
Che l’ombroso pensiero può conquistare,
Una torcia splendente, un finestra aperta alla notte
Perché caldo l’amore vi possa entrare.

Ogni mattina il mio stelo vorrebbe levarsi nel vento - Alda Merini


Ogni mattina il mio stelo vorrebbe levarsi nel vento - Alda Merini
Ogni mattina il mio stelo vorrebbe levarsi nel vento
soffiato ebrietudine di vita,
ma qualcosa lo tiene a terra,
una lunga pesante catena d'angoscia
che non si dissolve.
Allora mi alzo dal letto
e cerco un riquadro di vento
e trovo uno scacco di sole
entro il quale poggio i piedi nudi.
Di questa grazia segreta
dopo non avrò memoria
perché anche la malattia ha un senso
una dismisura, un passo,
anche la malattia è matrice di vita.
Ecco, sto qui in ginocchio
aspettando che un angelo mi sfiori
leggermente con grazia,
e intanto accarezzo i miei piedi pallidi
con le dita vogliose di amore.

La sposa - Grazia Fresu

La sposa - Grazia Fresu

“Come sei bella, nel tuo velo,
o sposa!”
disse lo sposo fattosi gentile.
Lei sorrise, le gote di carminio,
gli occhi d‘ebano ardenti
e la sua veste fu l’incanto
dei fiori, fu il sorriso
che la sera trasforma
nel presagio delle ombre sottili.
“Come il tuo corpo
è santo, tabernacolo
del mio essere uomo,
desiderio che mi accompagna,
dalle spume dell’acqua generata,
soglia dell’infinito,
dalle battaglie il piede mio
ho levato
per depormi leggero nel tuo cuore,
ammirato del fulgore con cui
ti sei elevata,
tra le belle che il tempo
ha partorito senza ebrezza,
al sapore di verità e di cacce,
assolata, presente nel mio vanto,
orchidea di carnale devozione”
disse lo sposo
e fu da lei attirato
nello spazio ritroso delle sue cosce brune,
sul suo ventre depose il capo,
lei sorrise ancora
donandogli lo zefiro servile
che i capelli scioglieva tra le viole,
le carezze di lui calde ed accorte
dall’anima di lei
trassero il canto
che il suo corpo suonava.
Uniti conobbero il serpente variegato
che produsse nel cielo
lo splendore dell’uovo primordiale,
l’Essere che da sempre ha consegnato
nella carne lo Spirito
e lo ha alitato nel senno degli amanti,
fu tra loro risuscitato e eterno,
pellegrino lavato ed unto
degli aromi preziosi
che son dovuti al dio,
fu il cavaliere ardito
che trapassa leggende e inganni
senza mai scalfire l’armatura lucente
e che solo a Madonna
mostra intatto il suo petto virile,
indifeso e potente come non mai,
per lei vincente, uscito
dal bozzolo delmondo.

Per Eleonora - Enzo Montano

Jeune fille coiffant ses cheveux - Pierre Auguste Renoir
                                                                                                         (…)
                                                                                                       Né Lestrigoni o Ciclopi
                                                                                                      né Poseidone asprigno incontrerai,
                                                                                                       se non li rechi dentro, nel tuo cuore
                                                                                                       (…)
                                                                                                                  Costantino Kavafis - Itaca


Nome di Regine e Regina indiscutibile
non di Provenza d’Aquitania o di Castiglia
ma della Luce, come dicono i tuo occhi,
gioielli verdi dal cangiante lampo. Preziosi
più del tesoro custodito dai quaranta ladroni
e di ogni altro forziere raccontato da tutte
le leggende e i narratori d’oriente ed occidente.

Coi lampi abbacinanti dei diamanti del bel volto tuo
fà conto di illuminare la via lungo il tuo incedere
e raccogli tutto quel che puoi: Bellezza e conoscenza,
colori suoni della gioia e anche delle miserie umane.
Conserva tutto nelle capienti tasche della sapienza sterminata.
Osserva con gli occhi del curioso e non temere mai
di chiedere ai più saggi o alle pagine dei libri più ingialliti,
fino alla noia quello che non sai o che sembra vano,
raccogli tutti gli echi della storia anche i più insignificanti,
osserva le città, le vie le case, le persone e falle tue.
Sigilla i tuoi migliori affetti in una teca inaccessibile
assieme all’amore di chi vive i tuoi stessi giorni in ogni attimo.

Quando sarà tempo di volgere il tuo cammino,
verso la maturità andrai con rinnovato ardore
e saprai sorridere degli immani patimenti di adesso
o le ingiustizie smisurate dell’adolescenza.
Potrai costruire la tua vita con quello che sei stata,
i tesori che ti sono stati offerti, e che hai saputo cogliere,
respingeranno le paure decifrando i misteri inestricabili
di tutte le esistenze. Saprai comprendere i più remoti arcani
fossero anche vergati con astrusi segni in aramaico,
accadico o ittita o elamitico oppure in attico, ebraico o cinese.
Alla luce potente dei tuoi occhi tutto sarà chiaro:
la danza con la vita tua avrà sapore pieno ed inebriante.