Richard Madden ne L'amante di Lady Chatterley
da L' amante di lady Chatterley - di David Herbert Lawrence
(…)
Il tempo passava.
Qualunque cosa accadesse, in realtà, non accadeva mai nulla, e questo perché
lei era così mirabilmente lontana da tutto e da tutti. Lei e Clifford vivevano nelle
loro idee e nei libri di lui. Lei intratteneva... c’era sempre gente per casa.
Il tempo passava come l’ora sull’orologio: le otto e mezzo invece delle sette e
mezzo.
Connie, tuttavia, si
rendeva conto di una crescente agitazione. Agitazione che, a causa di quel suo
distacco da tutto e da tutti, si stava impossessando di lei come una
strisciante forma di follia. Avvertiva improvvise contrazioni muscolari, scattava
in piedi, spinta da un moto subitaneo e violento della spina dorsale, quando
non aveva nessuna intenzione di farlo. Sentiva che il corpo le fremeva, le
fremeva di un fremito che si diffondeva nel ventre fino a costringerla a
gettarsi in acqua e a trovare pace in lunghe nuotate: folle inquietudine. Il
cuore prendeva a batterle fortissimamente senza alcuna ragione. Inoltre, stava
dimagrendo.
Non era che
inquietudine. Era solita fare lunghe corse in mezzo al parco, abbandonare
Clifford per gettarsi a faccia in giù tra le felci. Andare via da quella
casa... doveva andare via da quella casa, da tutti. Il bosco era il suo unico
rifugio, il suo santuario.
Ma il bosco, in
realtà, non era un vero e proprio rifugio, e nemmeno un santuario; questo
perché anche con il bosco non intratteneva un vero rapporto. Era soltanto un
luogo di fuga. Non era mai riuscita a entrare in contatto con lo spirito del
bosco... se una cosa tanto assurda esisteva, poi, davvero. Si accorgeva,
seppure vagamente, che stava andando in pezzi. Vagamente s’accorgeva di avere
perso il contatto con le parti più importanti e vitali della realtà. C’erano rimasti
solo Clifford e i suoi libri, cose che non esistevano, vuote dentro. Quello era
vuoto su vuoto. Se ne accorgeva, vagamente. Ma era come battere la testa contro
un muro.
Suo padre l’ammonì
nuovamente:
– Perché non ti trovi un corteggiatore? Ti
farebbe un gran bene.
Quell’inverno arrivò
Michaelis in visita per qualche giorno. Era un giovane irlandese che si era
procurato grande fama in America grazie ad alcune opere teatrali. E a Londra,
per qualche tempo, la società più elegante e raffinata lo aveva accolto tra le
proprie fila in maniera entusiastica. Poi, a poco a poco, la società brillante
ed elegante si accorse di essere stata presa in giro e ridicolizzata da uno
scalcagnato poveraccio di Dublino. Fu il ripudio. Michaelis divenne sinonimo di
volgarità e spregevolezza. Si scoprì, addirittura, che si trattava nientemeno
che di un anti-inglese, accusa paragonabile al peggiore dei delitti. Fu
eliminato senza pietà, il suo corpo gettato nell’immondizia.
Michaelis, tuttavia,
conservava il suo appartamento a Mayfair, faceva le sue belle passeggiate per
Bond Street agghindato come un vero gentiluomo, visto che anche i migliori sarti
servono i poveracci diseredati, se questi poveracci diseredati pagano.
Clifford aveva
invitato il giovane commediografo in un momento davvero poco fortunato della
sua carriera. Eppure non aveva esitato. Michaelis, in fondo, poteva ancora
raggiungere un pubblico potenziale di un milione di persone; inoltre,
emarginato com’era, non poteva che dire grazie per essere stato invitato a
Wragby proprio in quella congiuntura della sua vita artistica, quando, cioè,
tutta la società che conta lo stava scaricando. La sua gratitudine gli sarebbe stata
utile “laggiù” in America. Fama! Si può conseguire molta fama “laggiù” se
qualcuno famoso parla bene di qualcun altro. Clifford era un precursore dei
tempi. Il suo istinto per i meccanismi della pubblicità aveva dell’incredibile.
Alla fine, infatti, Michaelis ne fece un nobile eroe di una sua commedia e
Clifford divenne dunque una specie di eroe popolare. Fino alla reazione, quando
si accorse di essere stato preso in giro.
Connie si stupiva di
quel bisogno cieco e assoluto di Clifford di diventare famoso e conosciuto;
conosciuto in quel mondo senza forma e indistinto che lui non aveva nessuna intenzione
di affrontare o di conoscere e del quale, anzi, aveva un po’ paura; conosciuto
come scrittore, come scrittore moderno di prim’ordine. Connie sapeva bene, per averlo
sentito dire dal padre, il vecchio di successo, pieno di cuore e un po’
millantatore Sir Malcom, che era consuetudine degli artisti farsi pubblicità,
cercare di vendere la propria merce. Ma il padre era solito usare altri mezzi,
i mezzi impiegati da tutti gli altri membri dell’Accademia Reale che intendevano
vendere i loro quadri. Clifford, invece, andava scoprendo nuovi e inusitati
canali di pubblicità. Invitava gente di tutti i tipi a Wragby, senza comunque
mai abbassarsi al loro livello. Determinato com’era a farsi una solida reputazione,
e anche in fretta, non esitava a manipolare tutta la creta che gli arrivava a
portata di mano.
Michaelis arrivò il
giorno stabilito, a bordo di un’automobile molto bella con autista e cameriere.
Tutto in lui era Bond Street! Vedendolo Clifford ebbe un sussulto di disprezzo.
Non era esattamente... non era esattamente quello che all’apparenza dimostrava
di essere. Per Clifford tanto bastava. Si mostrò, comunque, molto gentile con
lui, all’incredibile successo che si portava appresso. La dea-puttana del
Successo, così la chiamava Connie, scodinzolava, ringhiante e protettiva, tra
le calcagna di quel Michaelis dall’aspetto ora umile ora arrogante. Clifford ne
era del tutto intimidito. Anche lui, sì, anche lui voleva prostituirsi alla
deaputtana, al Successo, se soltanto lei lo avesse voluto.
(…)
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