pittura di Guy thiant
da “L’appetito
dell’imperatore” – Franco Cardini
(…)
Quanto alla ricetta dell’acquacotta, è
chiaro che quella preparata per il cardinale d’Ostia non conteneva i pomodori,
arrivati solo tre secoli dopo dal Nuovo Mondo e a lungo usati come pianta
ornamentale prima di entrare trionfalmente nelle nostre cucine, e in un primo
tempo soprattutto al fine di “colorare” i piatti secondo un’usanza già medievale
che contemplava talora l’utilizzo di ingredienti anche molto preziosi (come la foglia
d’oro; ne riparleremo a proposito di Falsa moussaka per il basileus). La parola
latina mortariolum è di etimo incerto: ma è probabile che, come nell’italiano “mortadella”
e nel francese mortier, indichi un cibo gli ingredienti del quale vanno a lungo
pestati e amalgamati nel mortarium, il mortaio (meno probabile che indichi un
tipo particolare di biscotto secco che si usava e in certe regioni ancor oggi
si usa preparare e consumare nella solennità dedicata ai morti; meno probabile
ancora che quei cibi prendessero in qualche modo nome dal fatto che nella
preparazione potevano entrare le bacche del mirto, o mortella, e il loro
succo). Da mortariolum deriva senza dubbio l’italiano “mostacciolo” usato per
molti tipi di biscotti secchi che variano però, nella loro composizione, a
seconda delle aree regionali o subregionali: può darsi che la parola abbia anche
a che vedere col mosto, e che quindi il mostacciolo possa essere simile, nella
sua forma primigenia, a quella che in Puglia si chiama la “cartellata”, nome
dipendente forse dalla sua forma a piccolo paniere (dal greco kartallos,
appunto “cesta”, “paniere”).
Forzando i testi, proponiamo da parte
nostra che i mostaccioli di madonna Giacomina non fossero poi troppo differenti
dai ricciarelli senesi, ricetta e preparazione dei quali abbiamo presentato
seguendo un libro del 1879 di Giovanni Righi Parenti (La cucina toscana, rist.,
Roma 1995), noto studioso della storia senese e toscana. In particolare, ne abbiamo
seguito i quattro “passaggi”. Questo racconto è dedicato a Chiara Mercuri, che
ama Francesco e l’Umbria.
ACQUACOTTA
Ingredienti
* 4 grosse cipolle rosse
* 1 sedano di media grandezza (solo il
bianco)
* 6 pomodori maturi tipo San Marzano
* 2 uova intere
* 2 lt di brodo vegetale
* 8 fette di pane “casalingo” (o
“casereccio”) raffermo
* 6 cucchiai da minestra di olio
extravergine d’oliva
* pecorino romano (o sardo, se lo si
preferisce) grattugiato, secondo il gusto
* sale grosso, meglio se integrale, qb
Tempi di preparazione
60 minuti (20 di preparazione
preliminare, 40 di cottura).
Preparazione
Pulite e affettate finemente le
cipolle, sistematele in un bel tegame (possibilmente di coccio) dai bordi alti,
il cui fondo avrete coperto con almeno 1 millimetro d’olio, e lasciatele
riposare (e “sudare”). Pulite il sedano avendo cura di eliminare i filamenti
duri, tagliatelo e unitelo alla cipolla. Lasciate cuocere le verdure a fuoco
dolce, aggiungendo i pomodori puliti e tagliati grossolanamente e quindi il
brodo vegetale – preparato prima con le verdure che volete – o semplicemente
dell’acqua (ma in questo caso è consigliabile almeno un dado da brodo o un
cucchiaio da minestra di estratto, sempre comunque vegetale). Fate andare il
tutto per circa mezz’ora, sempre a fuoco basso, aggiustate di sale e, quando le
verdure avranno raggiunto il grado perfetto di cottura, sbattete in una terrina
le uova e versatele a filo nella zuppa mescolando continuamente. Spegnete la
fiamma e lasciate riposare una decina di minuti, mentre sistemate le fette di
pane precedentemente abbrustolito nei piatti fondi e le cospargete di
abbondante pecorino grattugiato. Versate ora la zuppa nei piatti e servite. Le
verdure utilizzate per la preparazione del brodo vegetale, una volta ch’esso è
stato perfettamente filtrato, possono essere accomodate in un recipiente,
condite con olio extravergine d’oliva e sale biologico
grosso e messe in tavola a
disposizione dei commensali che gradiscano consumarle a parte per quello che a
Firenze si chiama un “ritocchino” (o, come lo definisce il conte Mascetti in
Amici miei, un “rinforzino”).
Vini
Il piatto è originariamente
senese-maremmano, ma si è impiantato anche in Umbria. Consigliabile un rosso
robusto tipo Morellino di Scansano.
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