13 luglio 2018

da “L’appetito dell’imperatore” – Franco Cardini

pittura di Guy thiant
da “L’appetito dell’imperatore” – Franco Cardini
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Quanto alla ricetta dell’acquacotta, è chiaro che quella preparata per il cardinale d’Ostia non conteneva i pomodori, arrivati solo tre secoli dopo dal Nuovo Mondo e a lungo usati come pianta ornamentale prima di entrare trionfalmente nelle nostre cucine, e in un primo tempo soprattutto al fine di “colorare” i piatti secondo un’usanza già medievale che contemplava talora l’utilizzo di ingredienti anche molto preziosi (come la foglia d’oro; ne riparleremo a proposito di Falsa moussaka per il basileus). La parola latina mortariolum è di etimo incerto: ma è probabile che, come nell’italiano “mortadella” e nel francese mortier, indichi un cibo gli ingredienti del quale vanno a lungo pestati e amalgamati nel mortarium, il mortaio (meno probabile che indichi un tipo particolare di biscotto secco che si usava e in certe regioni ancor oggi si usa preparare e consumare nella solennità dedicata ai morti; meno probabile ancora che quei cibi prendessero in qualche modo nome dal fatto che nella preparazione potevano entrare le bacche del mirto, o mortella, e il loro succo). Da mortariolum deriva senza dubbio l’italiano “mostacciolo” usato per molti tipi di biscotti secchi che variano però, nella loro composizione, a seconda delle aree regionali o subregionali: può darsi che la parola abbia anche a che vedere col mosto, e che quindi il mostacciolo possa essere simile, nella sua forma primigenia, a quella che in Puglia si chiama la “cartellata”, nome dipendente forse dalla sua forma a piccolo paniere (dal greco kartallos, appunto “cesta”, “paniere”).
Forzando i testi, proponiamo da parte nostra che i mostaccioli di madonna Giacomina non fossero poi troppo differenti dai ricciarelli senesi, ricetta e preparazione dei quali abbiamo presentato seguendo un libro del 1879 di Giovanni Righi Parenti (La cucina toscana, rist., Roma 1995), noto studioso della storia senese e toscana. In particolare, ne abbiamo seguito i quattro “passaggi”. Questo racconto è dedicato a Chiara Mercuri, che ama Francesco e l’Umbria.

ACQUACOTTA
Ingredienti
* 4 grosse cipolle rosse
* 1 sedano di media grandezza (solo il bianco)
* 6 pomodori maturi tipo San Marzano
* 2 uova intere
* 2 lt di brodo vegetale
* 8 fette di pane “casalingo” (o “casereccio”) raffermo
* 6 cucchiai da minestra di olio extravergine d’oliva
* pecorino romano (o sardo, se lo si preferisce) grattugiato, secondo il gusto
* sale grosso, meglio se integrale, qb
Tempi di preparazione
60 minuti (20 di preparazione preliminare, 40 di cottura).
Preparazione
Pulite e affettate finemente le cipolle, sistematele in un bel tegame (possibilmente di coccio) dai bordi alti, il cui fondo avrete coperto con almeno 1 millimetro d’olio, e lasciatele riposare (e “sudare”). Pulite il sedano avendo cura di eliminare i filamenti duri, tagliatelo e unitelo alla cipolla. Lasciate cuocere le verdure a fuoco dolce, aggiungendo i pomodori puliti e tagliati grossolanamente e quindi il brodo vegetale – preparato prima con le verdure che volete – o semplicemente dell’acqua (ma in questo caso è consigliabile almeno un dado da brodo o un cucchiaio da minestra di estratto, sempre comunque vegetale). Fate andare il tutto per circa mezz’ora, sempre a fuoco basso, aggiustate di sale e, quando le verdure avranno raggiunto il grado perfetto di cottura, sbattete in una terrina le uova e versatele a filo nella zuppa mescolando continuamente. Spegnete la fiamma e lasciate riposare una decina di minuti, mentre sistemate le fette di pane precedentemente abbrustolito nei piatti fondi e le cospargete di abbondante pecorino grattugiato. Versate ora la zuppa nei piatti e servite. Le verdure utilizzate per la preparazione del brodo vegetale, una volta ch’esso è stato perfettamente filtrato, possono essere accomodate in un recipiente, condite con olio extravergine d’oliva e sale biologico
grosso e messe in tavola a disposizione dei commensali che gradiscano consumarle a parte per quello che a Firenze si chiama un “ritocchino” (o, come lo definisce il conte Mascetti in Amici miei, un “rinforzino”).
Vini
Il piatto è originariamente senese-maremmano, ma si è impiantato anche in Umbria. Consigliabile un rosso robusto tipo Morellino di Scansano.

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