opera di Lisandro Rota
da “Autosole” – Carlo
Lucarelli
(…)
BRAVO AZZURRA
TERZA CORSIA
Luci rosse e gialle che frenano, rallentano e piano piano si
fermano. L’autostrada diventa un serpente dalle scaglie fitte, che attende
immobile sotto al sole rovente, respirando piano.
Lui mormora: «Ma porca» e fa rotolare la erre fra gli
incisivi, perché aveva appena annullato due clienti per arrivare in tempo e già
così ce la faceva al pelo.
Perché se non si fa vedere al solito tavolo in fondo a destra,
la Luisa chiude il ristorante e torna a casa con il marito ed è un gran
peccato.
Perché, ovviamente, non è lui il marito della Luisa.
Passo d’uomo: finché c’è movimento c’è speranza. Le auto
sfilano lungo i finestrini, sembrano tornare indietro e poi ripassano avanti,
lentissime.
Destra: la fiancata azzurra di un pullman.
Sinistra: arriva un signore con i baffi, sigillato dall’aria
condizionata, beato lui.
Destra: il pullman torna indietro e arrivano le ruote di un
camion ad ansimargli nel finestrino un alito caldo di gomma.
Sinistra, destra. Passo d’uomo sull’asfalto che sembra in
fiamme, galleria a trecento metri e, dopo un chilometro, il casello d’uscita e
la Luisa. Finché c’è movimento c’è speranza.
Mano al telefonino sul cruscotto. Numero in memoria.
Segreteria telefonica
del ristorante Piero e Luisa... riattacca.
Piero, quando tirava di boxe, lo chiamavano il Carnera della Bassa e non è il
caso di lasciargli un messaggio per la moglie. Già che c’è, controlla anche la
propria, di segreteria.
Marangoni che lo aspetta per i riordini, Longaretti che ha
pronta la fattura, la Luisa: è un pezzo che non ti si vede qui... cos’è,
hai cambiato zona? Eh no, no, Cristo, no... bisogna
avvertirla.
Destra e sinistra, passo d’uomo. Altri cento metri verso la
galleria. La camicia incollata alla pelle. Lampo di genio: Coloretti. Tutti i sabati
Coloretti va a pranzo dalla Luisa. E Coloretti sa come stanno le cose: gliel’ha
presentata lui, il giorno che gli ha lasciato il posto per andare in pensione.
Il dito che scorre sui tasti, a cercare il numero in memoria, il cellulare che
scivola sull’orecchio bagnato di sudore. Altri cento metri verso la galleria. A
sinistra, una Mini Minor rossa con una biondina mezza nuda... segreteria
telefonica... a destra, le gomme del camion che ringhiano, cavernose e
assordanti... dopo il segnale acustico, grazie.
«Coloretti? Emergenza. Appena senti il messaggio digli alla
Luisa che molli il cornutone e mi aspetti al solito posto, perché sto
arrivando. Grazie.»
Passo d’uomo, ecco la galleria. Finché c’è movimento c’è
speranza. Si volta e sta per sorridere alla biondina della Mini Minor quando
l’occhio gli cade sul display del cellulare.
Posizione in memoria dell’ultimo numero chiamato: 12.
Coloretti ha l’11.
No! Ha chiamato di nuovo il ristorante! Coloretti... bisogna
avvertire Coloretti, che faccia qualcosa! Il numero, presto...
Passo d’uomo. Spalancata e rovente, la galleria lo ingoia come
una bocca gigantesca. Sul display del cellulare l’indicatore della copertura
telefonica si azzera di colpo sotto quella cappa di monossido velata dalla luce
gialla del neon.
Davanti, dietro, a destra e a sinistra, le luci gialle e rosse
riprendono a lampeggiare e lentamente, senza speranza, il movimento si blocca.
(…)
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