da “Autosole” – Carlo
Lucarelli
AUTOSOLE
1° AGOSTO
Bravo azzurra. 180 km/h. Terza corsia. L’aria calda che entra
dai finestrini aperti schiaccia i fogli del listino prezzi contro il lunotto
posteriore ed è come avere due phon puntati contro le tempie. Lui guarda
l’orologio e pensa Marangoni subito, pausa pranzo dalla Luisa e dopo
Longaretti, che tanto fa orario continuato.
Poi pensa no, il pomeriggio Longaretti chiude. Allora prima
lui, poi Marangoni e salta la Luisa.
Poi pensa la Luisa.
Schiaccia l’acceleratore, mentre prende il cellulare.
«Longaretti? Mi spiace, un imprevisto...»
2CV azzurra e Mini Minor rossa. 140 km/h. Seconda e terza
corsia, affiancate.
La radio della 2CV è fuori sintonia ed è solo un fruscio che raschia
l’aria rovente a tempo di reggae. Anche lui si sente fuori sintonia ma poi la
biondina nell’auto di sinistra solleva le ginocchia nude, aggancia le dita dei
piedi al bordo del cruscotto e gli lancia un’occhiata che gli sembra un po’
indecente. Lui pensa dai, girati ancora, poi lei si china a
toccarsi un’unghietta laccata di rosso, scopre il tatuaggio sul bicipite del
ragazzo che ha accanto (teschio + pugnale + scritta “Natural Born Killer”) e
lui rallenta di colpo.
Megane argentata, prima corsia. 100 km/h.
Loro sono di quelli che non sorpassano mai nessuno. Così deve
aspettare che siano gli altri a passargli davanti al mirino. Allora spara e
resta a guardare le auto che sbandano sul guardrail, falciando senza pietà
quelli che escono con i vestiti in fiamme. Ha tutto il finestrino spruzzato di
bollicine di saliva per fare la mitraglia con la lingua ed è lì che lo manda a
sbattere con la fronte uno scapaccione della mamma.
«E basta con questo rumore che ci stai facendo diventare
scemi! Con questo caldo, poi!»
Punto bianca, adesivo “ACI? siamo amici!” un po’ slabbrato sul
bordo. A tavoletta, su tutte le corsie, da una all’altra.
Guida tenendo il volante in basso, in modo che il gomito gli
resti premuto sul fianco. Approfitta dello spessore della pistola nella cintura
per schiacciare ancora di più il fazzoletto insanguinato contro il buco rovente
che ha dentro. Parla da solo, strizzando gli occhi per il sudore che gli scende
sulla fronte.
Dice: «Quella guardia giurata, minchia, manco fosse stata sua
la banca!».
Pullman, frigobar e tivù, stilizzate in decalcomania sulla
vetrata posteriore. 90 km/h, prima corsia fissa.
Lui li odia i vecchi. Tanghi, mazurke e valzer nello stereo.
Aria condizionata spenta perché fa un po’ freschino. E quello là che arriva
traballando tra i sedili, puntuale come la morte, dopo la batteria di pentole
per cucinare senz’olio.
«Come va? Ma lo sa che quando c’era la guerra lo guidavo
anch’io un bestione così?»
Scania bianco, sei assi più rimorchio, 120 km/h, seconda
corsia fissa.
«Rambo? Qui Macho, mi copri? Dove hai detto che sta la
Finanza?»
Mercedes 5000, terza corsia. In frenata.
L’avvocato alza la testa, trattenendo i fogli che gli
scivolano dalle ginocchia.
«Che succede, Osvaldo, un incidente?»
Luci rosse e gialle, a intermittenza, che bruscamente
rallentano, scivolano piano e si fermano.
L’autostrada diventa un serpente dalle scaglie fitte, che
lentamente si allunga, si stende, abbagliante di riflessi, e attende, immobile,
sotto al sole, respirando piano al ritmo roco dei motori accesi.
(…)
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