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1 dicembre 2018

da Nel giardino del diavolo - Stewart Lee Allen

Caterina Mazzei - Cioccolato
da Nel giardino del diavolo - Stewart Lee Allen
La prima civiltà a cadere in adorazione davanti alla cioccolata fu la popolazione olmeca dell’America Centrale, intorno al 1500 a.C. Ma forse furono i maya. Non lo sappiamo con sicurezza. Quello che è certo è che la cioccolata era venerata da quasi tutte le popolazioni dell’America Centrale. I semi di cacao, dai quali si estraeva la cioccolata, erano usati come moneta di scambio. Un uovo costava tre semi. Un incontro intimo con una prostituta vi sarebbe costato dodici semi. Il tesoro di Moctezuma, il re azteco, ne conteneva un miliardo. Alcuni archeologi trovarono dei nascondigli segreti pieni di semi di cacao contraffatti, perfette imitazioni in ceramica, così ben copiati che gli stessi studiosi si accorsero dell’inganno soltanto quando cercarono di aprirne uno. Il piacere della cioccolata, comunque, era riservato alla classe dominante, che ne faceva uso, assieme al tabacco, dopo cena, come digestivo, un po’ come facciamo noi oggi con i liquori. C’erano delle eccellenti cioccolate verdi-azzurre, chiamate tlaquetzalli. C’erano cioccolate rosse aromatizzate all’annatto, ce n’erano altre rosa, arancione o bianche e nere. Molte erano aromatizzate al miele selvatico o alla vaniglia o all’essenza di fiori. C’era anche una bevanda alcolica fatta con la polpa dolce del seme. Nessuna di queste somigliava però neanche lontanamente alle forme scure e lisce che oggi divoriamo con tanta avidità. All’epoca la cioccolata era una bevanda densa, servita calda, profumata con peperoncino piccante. Il latte e lo zucchero non erano ancora conosciuti.

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