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28 maggio 2019

Critica leninista del presente

Critica leninista del presente
R. Luperini - F. Leonetti - R. Di Marco - A. Macchiorro - E. Fiorani - L. Geymonat

Il 1945 (o meglio la Resistenza) non produce una radicale rottura né sul piano economico né su quello istituzionale (nonostante l’effettiva svolta della caduta della dittatura fascista e della instaurazione della repubblica) né su quello culturale. Ciò non significa sottovalutare l’importanza della irruzione delle masse nella vita pubblica,  della affermazione della democrazia politica, dell’inserimento del marxismo nella cultura nazionale (seppure a piccolissime dosi e con notevoli edulcorazioni). Significa invece cogliere anzi tutto la continuità nella gestione del potere delle medesime forze capitalistiche e conservatrici che dominavano sul piano economico e su quello politico nell’epoca fascista (il nuovo stato democratico mantenne sostanzialmente inalterato l’apparato coercitivo del passato, oltre al rapporto privilegiato con la chiesa definito dal Concordato); e, in secondo luogo, la permanenza di modi di organizzazione della cultura e della società civile ereditati dal fascismo (si pensi alla struttura della scuola, la cui riforma si farà attendere sino agli inizi degli anni Sessanta; ma anche a quella della radio e del cinema) e di posizioni culturali e di atteggiamenti ideologici che tendevano a riproporre visioni del mondo di tipo idealistico (seppure talvolta frettolosamente verniciate con una mano di marxismo) e una concezione del ruolo degli intellettuali e dei loro rapporti con le masse, con la cultura e con la politica, risalente agli anni Trenta o addirittura all’età liberale. Il fatto è che l’organizzaazione capitalistica fu ricostruita, a partire da 1945, tale e quale come nel passato. Lo stato, ben presto interamente controllato da un nuovo partito di massa, la Dc, mantenne un ruolo centrale, sia allargando la classe di servizio e di burocrati di stato che il fascismo aveva creato, sia promuovendo un tipo di sviluppo dominato da grandi gruppi privati che venivano a esercitare un potere pubblico sottratto a ogni controllo di parte popolare. La “ricostruzione” fu in realtà la ricostruzione del capitalismo. I consigli di gestione (che avrebbero dovuto costituire la novità più risolutiva permettendo il controllo democratico sulla produzione) ebbero scarso potere reale e non furono sufficientemente sostenuti dai partiti di sinistra, cosicché scomparvero rapidamente. Sino agli inizi del anni Cinquanta, quando il processo di accumulazione gettò le basi di un nuovo balzo in avanti, la struttura del capitalismo restò sostanzialmente quella degli anni Trenta…

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