Domenico Gnoli - with Black Hair
da Come la penso –
Andrea Camilleri
Cinque
favole politicamente scorrette
Faust 2001
Un giorno un signore quarantenne, agile, elegante, ben
vestito, capelli curatissimi, faccia tirata a lucido, costosissima valigetta
griffata in mano, riuscì a farsi ricevere dal Cavaliere. A questi il visitatore
fece subito buona impressione: a prima vista, pareva il tipico
dirigente-manager del partito che aveva fondato, poteva essere un buon acquisto
in vista della prossima campagna elettorale.
«Desidera?» domandò il Cavaliere.
«Io? Io niente» fece il visitatore. «È lei che desidera
qualcosa da me.»
Il Cavaliere s’irritò. Lui non aveva niente da desiderare,
avendo tutto.
«Ci dev’essere un equivoco» disse brusco.
«Nessun equivoco, mi creda. Lei, ieri sera, alle diciannove e
tredici esatte, solo nel suo bagno, guardandosi allo specchio ha pensato: Darei qualsiasi cosa
per riavere i miei capelli. Ed eccomi qua a servirla.»
Senza dargli tempo di reagire, il visitatore aprì la
valigetta, ne trasse fuori una dozzina di disegni e li posò sulla scrivania: in
ognuno d’essi, la testa del Cavaliere era incoronata da una diversa, ma sempre
foltissima, capigliatura: ora riccioluta, ora liscia, ora a onde…
«Scelga quella che le piace di più. Il contratto ce l’ho qua
già pronto. Appena l’avrà firmato, si ritroverà in testa il modello che
desidera. E le garantisco anche che, fino alla morte, non perderà più nemmeno
un capello.»
«Lei quale ditta rappresenta?» domandò il Cavaliere.
«Non rappresento altro che me stesso. Non ha ancora capito chi
sono?»
Lo disse in modo tale che il Cavaliere capì. Il visitatore era
il Diavolo in persona. Dunque tutto quello che aveva detto era vero. Bastava
concludere il patto e avrebbe riavuto i suoi capelli.
«Quindi, secondo la tradizione, lei vorrebbe in cambio la mia
anima» disse lentamente il Cavaliere.
Il visitatore lo guardò, leggermente stupito, ma non aprì
bocca.
Il Cavaliere sospirò, ci pensò ancora un momento, poi allungò
la mano.
«E va bene, firmiamo questo contratto» fece.
A quel punto il visitatore si mise a sghignazzare.
«La sua anima? Lei vorrebbe darmi in contropartita la sua
anima? Ma non lo sa che da tempo non accettiamo più anime? Era un commercio che
piaceva a mio nonno, che andava sempre in perdita, poveraccio, e piaceva ancora
di più ai poeti che ci ricamavano sopra.»
«E allora lei che cosa vuole in cambio?»
«L’ottantacinque per cento di tutto quello che possiede,
televisioni, aziende, giornali, società, ville, tutto. Non è per niente esosa,
la nostra richiesta. Pensi alla figura che farà sui manifesti elettorali,
sicuramente vincerà la campagna.»
«In questo caso, preferisco farmi ritoccare le fotografie»
disse il Cavaliere.
E lo congedò.
Pubblicato su «Micromega», n. 2, marzo
2001.
Nessun commento:
Posta un commento