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15 novembre 2022

Festa 3. e.m.

Umberto Boccioni -Visioni-simultanee,1911

Festa . e.m.

3
Il sole in un bagliore verde 
finalmente si tuffa dentro l’Ovest.
Quante volte ha osservato il tramonto
per cogliere l’attimo verde…
Accende un’altra sigaretta
Smetti di fumare - vivi per i tuoi cari”.
un batuffolo di fumo di inerpica a un lato della finestra
Il fumo uccide - smetti subito”.
Un altro batuffolo si impiglia a ricordi lontani,
quando anche lui si mischiava alla folla della festa
si faceva assorbire dal clima della festa
aspettava nella piazza il concerto.
Ricorda un concerto del Banco.

Ho camminato fin qui sopra i più alti muri
per fare festa con te
ma vedo che sbagliavo:
parli di vita e di morte
non mi va.
Stai seduto sui tuoi pensieri
come un vecchio ladro fallito.

In piazza solo quattro gatti ad ascoltare
le belle poesie cantate.
La folla amava atre canzoni,
altri autori, 
altre atmosfere
e allora continuava a passeggiare
a sedersi ai tavolini
a bere birra e mangiare carne arrostita.

Da qui, messere, si domina la valle
ciò che si vede, è.
Ma se l'imago è scarno al vostro occhio
scendiamo a rimirarlo da più in basso

Si illudeva di far parte della festa
di essere anche lui la festa.
Dopo il concerto ebbro dei versi cantati
o di quelli scampati lontano dalla piazza
a chiacchierare di comunismo
attendeva l’epilogo della festa
i colorati zampilli pirotecnici
lanciati nella notte.
La festa andava via senza mai arrivare.

Le luminarie diventano signore del buio
sotto le arcate colorate si svolge la festa,
o la sua illusione,
adesso le lucine brillano 
come i coloratissimi fiori di un prato in primavera
sospesi sulla folla incontenibile 
che lenta marcia esitante
dietro la statua titubante
raffigurante una madonna dall’espressione assente
anch’essa titubante
un poco sofferente
vestita di bianco e azzurro 
con un bambino in braccio
su un carretto trainato da quattro cavalli
e seguito da una dozzina di altri
prodighi di evacuazioni.
Chissà se l’avrebbe rifiutata quella festa
se ne avesse avuto la possibilità.
Merda e piscio lastricano l’asfalto 
di una fanghiglia lutulenta,
luci e colori in alto a nascondere le stelle
ragazze e ragazzi in basso
tentano di non sporcare le scarpe nuove.

Profumi di torrone e noccioline zuccherate, 
di porchetta e zucchero filato, 
di salsicce e caramelle,
di birra ed escrementi di cavalli 
si confondono nelle narici.
Decine di palloncini colorati 
sfuggiti alle incerte mani dei bimbi piangenti
si perdono nel cielo nero 
oltre le lucine colorate.
Le ragazze con il vestito nuovo corto
le scarpe con i tacchi altissimi
e tracce di merda di cavallo attaccate alle suole 
mostrano le cosce abbronzate
e la loro bellezza in fiore.
I giovani uomini 
inconsapevoli dei limiti della loro giovinezza
le osservano distratti 
mentre sorseggiano l’ennesima birra
o indefinite miscele di liquori
ingurgitate fino all’ubriachezza.
“È l’amore la leva più potente,
è l’amore che tutto muove” 
pensa cercando il punto di dissoluzione del fumo,
il momento esatto nel quale aria e fumo 
diventano la stessa cosa.

Dal bar esce una bella donna,
austera, fiera, sguardo dritto,
sembra essere fuori posto. 
Il suo ancheggiare attira gli sguardi e i desideri degli uomini 
i loro occhi si incollano a ventosa 
sulle natiche sode come una scultura di Canova 
fasciate da uno stretto vestito turchese
immaginando di palparle a piacimento
in un letto tra lenzuola di seta blu.
Piero, seduto a un tavolino,
continua a guardare la bella donna 
anche quando si perde nella folla, 
vorrebbe inseguirla, accarezzarla,
rapirla, portarla via come Plutone
portò via Proserpina,
vorrebbe affondare le dita sulle natiche statuarie,
vorrebbe toccarle l’anima
vorrebbe fosse ancora sua
vorrebbe mille notti di passione
vorrebbe… 
ma dopo l’incidente non cammina più,
per lui la festa è finita prima ancora dell’inizio.
“Maledizione” urla dentro se stesso e a se stesso
“se solo fossi stato un poco più attento
la rincorrerei fino al polo Nord
ma la vita a volte ti prende
ti ammalia
ti modella
ti scompone
ti distrugge
e io sono stato suo complice
non posso inseguire più nessuno”.
Piero chiama il cameriere e chiede un altro amaro,
un'altra grappa
un altro brandy
un altro diavolo di un qualcosa che lo stordisca.


 

12 novembre 2022

Di fronte a una libreria - e.m.

Vincent van Gogh, Natura morta con romanzi francesi e una rosa, 1887, olio su tela, cm 73 x 93, Collezione privata
Di fronte a una libreria - e.m.

Cento, almeno.
    Forse duecento.
        Magari ancor di più.

Sono i libri che vorrei leggere.
Altri ancora li vorrei rileggerli,
Dante
    Omero
        Virgilio
            Kant
                Averroè
                        Marx
                Weil
            Arendt
        Montale
    Borges
Platone

Il tempo. Il tempo. Il tempo.
Dove scavare il Tempo per godere ancora dei versi
incastonati nei gioielli impareggiabili di
                        Majakovskij
                    Dickinson
                Kavafis
            Saffo
        Neruda
Baudelaire
        Leopardi
            Morra
                Pessoa
                    Bronte
                        Garcia Lorca

            Vorrei,
        lungo questo viale
che si accorcia.
 

27 ottobre 2022

Festa 2 - e.m.

Marc Chalmé - Intérieur

Festa - e.m.

2

È l’inizio dell’ultima sera della festa,
la più importante,
quello con i fuochi d’artificio dai mille colori di un attimo. 
Dal computer viene fuori la chitarra di The partisan 
assieme alla voce rauca di Cohen.
Il sole prima del tuffo nel crepuscolo 
allunga le ombre a dismisura.
È già cominciato il continuo andirivieni 
di persone allegre e colorate.
I bambini si fermano davanti alle bancarelle di giocattoli
gli uomini cercano attrezzi per i loro lavoretti fai da te
le donne osservano borsette, bracciali e collanine di corallo
i giovanotti guardano le ragazze
le ragazze guardano i ragazzi.

Due uomini piuttosto avanti con l’età 
e una ragazza dai capelli lunghi e neri 
sono fermi davanti a una bancarella 
a parlare con il venditore di libri usati. 
È lo stesso venditore di tutti gli anni
invecchiato insieme ai tanti libri amati
agli stessi libri che quasi più nessuno compra,
sono le stese pagine dove il venditore 
ha trovato la pace e la serenità 
nei momenti di dolore o di solitudine non voluta
che poi è la più dolorosa forma del dolore.
Sono gli stessi libri densi di sogni 
i medesimi allucinogeni
che tenta vendere agli altri per poche lire.
La ragazza sfoglia un libro di poesie di Rilke
Una rosa sola, è tutte le rose
e quella: l’insostituibile
legge ornando di un sorriso il suo bel viso,
è lei l’insostituibile per qualcuno?
I due anziani ne sfogliano uno con la copertina gialla 
con sopra scritto “Tutte le poesie di Kavafis”.
Chissà se hanno trovato la loro Itaca
o se ancora vagano nel mare aperto.

Il tramonto indora i tetti delle case di luce tenue, 
il sole appeso a un cielo senza nuvole 
è come un quadro di Mirò.
Le luminarie si accendono e si spengono,
sono le prove prima dell’apoteosi delle lucine colorate.
Le luci delle bancarelle illuminano gli oggetti esposti 
in attesa della grande folla, 
dell’esplosione dell’ultima sera della festa, 
del vocio incessante dei festanti,
del desiderio di comprare un ricordo
della voglia di partecipare.

Dal pc adesso Guccini canta Il volo interrotto.
La sua finestra è come la coffa di un veliero
può vedere lo svolgersi della festa quasi nella sua interezza.
Ha sempre amato le bancarelle la vera anima della festa.
Ci sono libri dalle copertine lise, trombette colorate, 
ceramiche di tutte le forme, ventagli giapponesi, 
matrioske russe, oggetti dell’esercito polacco, 
maschere africane, tappeti indiani, collane colorate, 
cataste di giocattoli e montagne di illusioni.
La piazza si riempie di persone variegate 
e si inonda del profumo di torrone,
una ragazza si avvicina al banchetto dello zucchero filato 
afferra un batuffolo candido lo addenta allegramente 
le sue labbra segnano il bianco di rossetto rosso.


 

25 ottobre 2022

Festa 1 - e.m.

René Magritte – La lunette d’approche (Il telescopio), 1963

Festa - e.m.

1
Ha bevuto ancora un bicchiere di vino rosso forte, 
forse il terzo 
o il quarto
o il quinto.
Legge “il Manifesto”,
gli occhiali da vicino 
sovrapposti alla benda bianca sull’occhio
gli conferiscono un aspetto comico e sinistro insieme
ma guardarlo bene si nota serenità dello sguardo
e il sorriso a sottolineare le notizie lette sul giornale:
un ceto politico imbelle senza idee e senza coraggio,
senza dignità.
Posa il quotidiano per accendersi una sigaretta di cannabis,
ha ripreso a fumare dopo venti anni
ma solo per combattere il dolore, 
ne fuma due o tre al giorno;
da qualche tempo ha ripreso a comprare anche le Camel
forse per nostalgia dei tempi lontani.
Rigira il pacchetto tra le mani,
non è più come quello che ricordava,
“Il fumo uccide - smetti subito”
legge sul pacchetto
“Il fumo del tabacco contiene oltre 70 sostanze cancerogene”;
un riso amaro si fa strada a fatica 
sul viso deturpato dal cancro.
Osserva il fumo bianco uscire dalla bocca e dal naso,
“É l’aria che dà forma al fumo 
oppure è il fumo a imprigionare l’aria e darle una forma?”
si chiede. Si guarda intorno nella penombra della stanza,
“É la solitudine che dà forma alla libertà?
e se non c’è libertà senza solitudine tutto il resto è tradimento? 
è finzione? è necessaria allucinazione?
Sono allora i sogni a dare forma ai giorni
e i giorni sono solo frutto dell’immaginazione?”.
Ama il cinema perché sullo schermo vanno in scena i sogni
e lui è un sognatore, un amante delle illusioni,
ancora crede nell’assalto al cielo.

Rincorre i pensieri osservando le lente volute del fumo,
non sa distinguere se i rumori vengono da fuori 
o sono nella sua testa, 
sente poco e anche gli occhi lo hanno tradito.
Si avvicina alla finestra con passi malfermi 
scosta le tenda 
scosta il torpore che l’avvolge
scosta la nebbia dalla mente 
scosta il dolore degli ultimi mesi
scosta l’idea del pensiero corto poiché la prospettiva
ormai gli è negata dai responsi
e sente l’orizzonte farsi sempre più prossimo,
scosta la malinconia degli ultimi anni
scosta le delusioni di una vita intera
scosta il velo che gli offusca la vista
scosta la tenda profumata di bucato
e finalmente attraverso la stanchezza 
vede al di là del vetro nitido 
la festa nella piazza.


 

14 ottobre 2022

Tristezza - e.m.

foto surrealista di Dariusz Klimczack
Tristezza - e.m.

Troppo presto arrivò il giorno dell’addio,
neanche il tempo di assaporarla appieno
la certezza dei rumori, della voce, della presenza.
Svogliato scorre solo il giorno dell’Arrivederci
lento come il rivolo dorato del miele sul vasetto:
una condanna lenta alla malinconia della separazione
prima degli abbracci, delle carezze,
delle inutili raccomandazioni sussurrate.
E poi lo sventolare della mano sul balcone,
lo sguardo fisso alle luci posteriori,
l’ultimo sorriso triste, l’ultimo contatto
prima che l’auto svolti
dietro l’incompiutezza di una casa
assieme agli ultimi giorni dell’estate.

Si compie infine la separazione
rimane una spessa coltre di tristezza silenziosa
dentro la casa e ai giorni. Dentro di me!
Sedimentata con le incrostazioni del tempo
come la lana intorno alla conocchia
di Penelope nelle notti dell’infinita attesa.
Non va via la dolorosa malinconia,
non si cancella lo strazio della lontananza.
Eppure conosco la tristezza degli addii,
ho appreso le separazioni fin da tempi lontani,
ho percorso strade per molti Altrove sconosciuti
so che tutto si ripete, tutto è già stato,
so del ripetuto andirivieni del fuso sul telaio.
Conosco il dolore della separazione,
so dello smarrimento e del silenzio,
e conosco anche la gioia dell’attesa.
Ho imparato a conoscere anche la tristezza di un’altra attesa,
quella a cui nessuno sfugge.
Canti di muse che solo io so ascoltare
perché gioia, tristezza e paura
non hanno note di strumento o voce.

Piove - e.m.

Piove - e.m.

Il tamburellare della pioggia
saluta un giorno grigio.
Dalla finestra una fila di automobili mal parcheggiate
sulla strada e su ipotesi di marciapiedi.
In una pozzanghera si rispecchia la desolazione
o il fascino triste di una periferia
si potrebbe dire.

In altre buche sottolineate dall’acqua 
si riflettono tondini sporgenti da pilastri di cemento
e pareti di mattoni di case incomplete 
da venti anni o forse più
e che mai si completeranno,

È una pioggia triste di un mattino triste
è il tamburellare monotono in un giorno monotono
accompagnato dagli Avion Travel
da millenovecentocinquanta
e dal Volo interrotto proprio come le case e le strade
e i marciapiedi e il paese e il tempo
e i desideri.

Lontana è la pioggia di una primavera lontana
ma pregna di sole e di promesse 
annunciate dal ramo di un limone
spinto dal vento contro il vetro
o dal profumo forte della menta
o dai netti colori degli anemoni
ma forse è solo immaginazione.

Piove  in un mattino senza luce né colori
lontane sono le roventi estati
all’ombra del grande fico
a contare i colori delle libellule
i cocci antichi di vasi colorati
o i gechi sui muri bianchi

Il tamburellare della pioggia infine si fa allegro
non cessa con il passare delle ore
in una bolla di tempo senza luce né profumi
ci si può perdere tra le note di Corelli e la follia. 

29 settembre 2022

Ruota il vento, ruota il vento - Fernando Pessoa

Jean-Baptiste C. Corot - Il Pescatore  Effetto Serale

Ruota il vento, ruota il vento - Fernando Pessoa

Ruota il vento, ruota il vento,
Il vento ruota intorno al mio essere,
E trasforma il mio pensiero
In fronde che fremono.

È la voce del caos che giunge
Per ricordare alle anime viventi
L’abisso che abita in ogni cosa
Sotto il cielo, sul mare e sulla terra.

Astratto, forte, rapido
Spazza via i sogni che io macino
Giacché questa è davvero la voce
Del niente che mi chiama il suo bambino.

Da “Fernando Pessoa. L’esistenza spirituale, tutte le poesie ortonime” – Acquaviva Edizioni 


 

Cos'è nella sera - Fernando Pessoa

Paul Cézanne - Mont Sainte-Victoire visto da Bellvue

Cos'è nella sera - Fernando Pessoa

Cos’è nella sera
Che viene a rattristarmi senza essere?
Io percepisco un male
Sul punto di arrivare.

Ma il male che arriva lo
Percepisco come passato…
Cosa lo fa sentire
E chiamare così?

Può essere la brezza
Che alla fine del cammino
Fa la sua ronda, o forse
Il silenzio, o forse ancora niente...

Da “Fernando Pessoa. L’esistenza spirituale, tutte le poesie ortonime” – Acquaviva Edizioni 


 

Tempo in proroga - e.m.

The Time is now by Dariusz Klimczak

Tempo in proroga - e.m.

Ogni giorno una parentesi di tempo 
dato in proroga
una virgola nella bolla 
attraversata da immagini distorte.
Tempo in proroga accordato
alla ricerca dei ricordi.
Tempo per rimpiangere le occasioni perse
o quelle non comprese.

Non un dono generoso
ma tortura che rinnova
le ferite inferte dalla vita.
Tempo che rincorre il tempo passato,
i tanti errori e i sogni non realizzati,
il rimpianto degli incontri non capiti
il dolore dei moli tradimenti.

Giorni senza aurore purpuree
o albe luminose,
né tramonti colorati d’ametista.
Ogni giorno un cammino
in un Tempo senza dimensione,
tra ricordi ormai appassiti 
e quelli inafferrabili ormai fuggiti via.

E ogni notte concessa è un bivio
tra l’incubo e l'insonnia,
una scelta dolorosa
tra abbandono malinconico
e sfida al dolore mai affrontato, 
mai sconfitto che sempre ritorna
appuntito come le argentee spade
di agave imperturbabile 
nei giorni di tempesta
o nel sole ardente dell’estate.

Ogni giorno è una coltre di passato
posata sul dolore
che mai si ha avuto il coraggio
di attraversare.
Ogni giorno può essere l’ultimo 
respiro di una vita poco generosa.
Ogni giorno è l’attesa
della Signora affascinante
con il vestito a fiori,
la Beatrice dell’ultimo viaggio.

E con Lei scambierò l’ultimo sorriso
mentre alzerò il calice rosso
al sole dell’ultimo tramonto
prima della partenza.

Senza più ricordi né rimpianti.


 

Io sono Hamed - e.m.

Street art su immigrazione

Io sono Hamed - e.m.

Corri Dorina!
Corri Borys!
Correte forte,
mettetevi in salvo!
Correte veloci assieme alla vostra mamma,
correte verso la pace.

Correte!
Io sono con voi.
Assieme ad altre persone a spingervi via
da questa guerra maledetta.
Correte!
Correte veloci!

Per me non hanno trovato un porto sicuro,
nessuno mi ha teso la mano
e sono qui in fondo al mare.

Io sono Hamed! 

Enzo Montano - Vara - Estate

David Hockney - Senza titolo
Enzo Montano, „Vara - Estate”

Încă aici
cu faţa înaintea mării 
într-un pustiu fierbinte, tăcut 
respirând rozmarin și sare  
și mentă și busuioc și mirt.

Încă aici
cu fața spre Răsărit 
îmbrățișat de soarele zilei fierbinți
în dimineața de august obișnuita 
închipuindu-mi roşul muşcatelor
în jardinierele de pe balcoane

Încă aici 
cu fața înspre Zenit
cu licăriri de soare sub pleoape 
cu - în juru-mi - fluturânde neclare umbre roșii.
Cu pâlpâitoare reverberații în minte 
fărâme de rămășițe de amintiri.

Încă aici 
în fața unui soare
mov la acel apus  
pe care eu nu-l zăresc 
închipuindu-mi umbra până spre zare 
să mă îmbăt cu vin și cu soare 
și cu miresmele pe care nu le simt.

Încă aici 
în apropierea nopții fierbinți 
după ziua trăită de la fereastră
să ridic un pahar de vin roș 
să-i simt dulceața în tot corpul
să mă îmbăt cu Scirocco-n aromele de scorțișoară.

Încă aici 
în fața verii trecute
să o salut cu cea mai caldă îmbrățișare
încă o dată pânzele-mi să le ridic și să plec
spre alte zări neștiute, și-n depărtare 
să mai încerc un dans la hotaru-între cer și mare
mai înainte de-a ști ce m-așteaptă într-o altă zare.
-traducere de Catalina Franco-
_____________________________

Ancora qui
di faccia al mare
in questo deserto rovente e silenzioso
a respirare rosmarino e sale
mirto basilico e menta.

Ancora qui
di faccia all’Est
abbracciato dal solito sole già rovente 
in un invisibile mattino d’agosto
immaginando il rosso dei gerani
nelle fioriere sui balconi.

Ancora qui
di faccia allo Zenit
con barbagli di sole dentro le palpebre
e ombre rosse indefinite che ruotano d’intorno.
Riverberi baluginanti penetrano la mente
sconquassano rimasugli di ricordi.

Ancora qui
di faccia a un sole 
che imporpora il tramonto che non vedo
a immaginare la mia ombra allungarsi fino all’orizzonte
a ubriacarmi di sole e vino 
e di  profumi che non sento.

Ancora qui
nell’imminenza della notte calda
dopo un giorno visto passare dalla finestra
a innalzare un calice rosso brindando ai mille brindisi non fatti
a sentire la dolcezza del vino dentro tutto il corpo
a inebriarmi di sorsi dello Scirocco profumato di cannella.

Ancora qui
di faccia all’ultima estate 
per salutarla nell’abbraccio più caldo
per issare le mie vele ancora una volta e andare via
per cercare orizzonti più lontani di quelli che conosco
per tentare un’ultima danza sulla cerniera tra cielo e mare
prima di vedere quel che c’è in nell’altrove sconosciuto.

21 settembre 2022

La sinistra - e.m.

Vignetta di Mauro Biani

La sinistra - e.m.

«La sinistra italiana è morta. Non lo ammettiamo perché si apre un vuoto che la vita politica quotidiana non ammette. Possiamo sempre consolarci con elezioni parziali o con una manifestazione rumorosa. Ma la sinistra rappresentativa, quercia rotta e margherita secca e ulivo senza tronco, è fuori scena. Non sono una opposizione e una alternativa e neppure una alternanza, per usare questo gergo. Hanno raggiunto un grado di subalternità e soggezione non solo alla politica della destra ma al suo punto di vista e alla sua mentalità nel quadro internazionale e interno».

Luigi Pintor – dal suo ultimo editoriale per “il Manifesto”

 

“Quanto più la classe dominante è capace di assorbire gli elementi migliori della classe oppressa, tanto più solido e pericoloso è il suo dominio”

 

La maggior parte dei sudditi crede di essere tale perché il re è il Re, non si rende conto che in realtà è il re che è Re perché essi sono sudditi.”

 

“Le idee dominanti di un'epoca sono sempre state soltanto le idee della classe dominante.”

Karl Marx

 

Sono comunista! Urlo di essere orgogliosamente comunista più forte che posso. Sono di sinistra per storia, formazione e convinzione. Sono orgogliosamente comunista e lo rivendico. Ripudio, perciò, il tentativo di accantonare il comunismo nel novero dei termini obsoleti. Ripudio il tentativo di far passare il comunismo come il male e il capitalismo fondato sul profitto come il bene e come l’unico sistema possibile. Ripudio il tentativo reazionario e semplicistico di circoscrivere l’idea del comunismo al cosiddetto “comunismo reale” poiché i regimi dittatoriali di stampo fascista, compresi quelli nascosti  dietro la bandiera rossa, sono lontanissimi dall’idea professata da milioni di donne e di uomini. Sono comunista perché dello stalinismo non condivido nemmeno una virgola e perché Stalin è il dittatore che ha sterminato intere generazioni di comunisti. Sono anche convinto, per contro, che la rivoluzione russa non si può ridurre alla narrazione che fa dell’URSS l’impero del male. Sarebbe la stessa cosa, altrettanto semplicistica e fuorviante, se affermassi che la democrazia statunitense si fonda sullo sterminio di intere popolazioni indigene usurpandone i territori e cancellandone la storia oppure quella che ha cancellato le popolazioni di intere città come Hiroshima e Nagasaki o, più recentemente, Falluja; nemmeno sarebbe corretto dire che la democrazia statunitense è solo quella del disastro afgano. Sarebbe poco onesto affermare che la destra è solo quella di Hitler, Mussolini, Francisco Franco, Salazar, Pinochet, Videla, ecc. E sarebbe falso sovrapporre il vasto mondo dell’Islam al terrorismo. La storia e i fenomeni del secolo scorso, e di questo, sono ben più complessi di una frase buttata lì da un commentatore televisivo o scritta da un editorialista in un articolo di fondo. I fenomeni vanno studiati e approfonditi in ogni sfaccettatura altrimenti si fa del qualunquismo confusionario. Il comunismo è un’idea, un’idea meravigliosa della convivenza della società, le idee non muoiono e nemmeno si possono sopprimere. Il comunismo è un sogno e per realizzare i sogni bisogna saper sognare. Sono comunista e voglio urlarlo con orgoglio! 

Paese allucinato. Resto allibito di fronte ad affermazioni tipo quelle dell’esimio giornalista Paolo Mieli che vede comunisti e barbari ovunque senza mai scorgere i fascisti e i razzisti: “La realtà è che Letta nel Pd comanda per modo di dire… perché comanda ancora un nucleo che ha le proprie radici culturali nella storia e negli ideali della rivoluzione d’ottobre”. Mi chiedo come si possano affermare tali idiozie. Ma ormai poco mi stupisco giacché stampa e televisione sono divenute la cassa di risonanza di una narrazione di una realtà inesistente, che tende a riscrivere la storia a proprio piacimento e vantaggio, che fa dell’Italia una nazione di allucinati, di anestetizzati da dosi massicce di disinformazione comminate quotidianamente.

Superficialità. Gli opinionisti, i giornalisti, i conduttori, i politici che parlano in televisione, o scrivono sui giornali lo fanno come se loro fossero i migliori, i depositari di ogni verità e con soluzioni pronte per ogni necessità. È, questo, un atteggiamento ricorrente degli assertori della superiorità dell’Occidente. Si ha la presunzione di essere il centro del mondo e di essere sempre nella parte del giusto tralasciando la comprensione della storia e le ragioni del resto del mondo. Si parla mai degli ideali della rivoluzione di ottobre e di quello che era la Russia zarista? Si parla mai delle grandi civiltà dell’Oriente? Ci si sforza di capire la complessità di un grande Paese come la Cina? Si scava a fondo sulle ragioni per le quali in vaste aree del pianeta si muore ancora di fame? Ci chiediamo il perché delle guerre continue e del perché alcune ci interessano e altre no? Ecco, l’essere di sinistra è anche avere uno sguardo lungo e ampio, è avere la curiosità dello studio, è parlare del mondo come se fosse una cosa sola, è comprendere e mettere a nudo le innumerevoli contraddizioni del capitalismo. Parola desueta? No! Il sistema che regola, oggi, l’esistenza dei popoli del mondo si chiama capitalismo, si chiama mercato, si chiama profitto, si chiama accumulazione della ricchezza da parte di un numero sempre più ristretto di persone.

Esimi giornalisti con le bretelle rosse o no, con la erre moscia o no; esperti economisti o no e presuntuosi imprenditori, molti di essi grazie a concessioni statali pagate meno di un piatto di lenticchie, parlano di “mercato” quasi fosse un’entità suprema e neutrale, come se non fosse un sistema regolato dai grandi capitali, estraneo alla quasi totalità della popolazione mondiale. Il “mercato” ci viene raccontato come fosse un grande padre misericordioso che se va bene offre benessere a tutti. Nella realtà il mercato è una partita giocata solo dai ricchi. Naturalmente vince il più forte, e il più forte è chi ha più soldi. Come sempre e i deboli sono sopraffatti e se non hanno un loro partito, come adesso, sono sconfitti facilmente. Ebbene io sono comunista e ripudio il sistema capitalista, ripudio il libero mercato, ripudio il profitto a danno dei deboli, ripudio l’accumulo di ricchezze sconsiderate, ripudio la povertà e anche la carità quale lavacro delle coscienze dei ricchi.

Pd di sinistra? Con imperturbabile nonchalance molti politici, commentatori, giornalisti, opinionisti, analisti e lacchè tuttofare e tuttodire parlano di sinistra riferendosi a quell’agglomerato informe e mutevole chiamato Partito democratico la cui unica certezza sembra sia diventata quella di prostrarsi al grande economista, al tecnocrate iperliberista e attuale presidente del consiglio e chi non lo fa è un traditore. Niente di più sbagliato! Sfido chiunque a dimostrare che la maggioranza dei dirigenti di quel partito: Letta, Franceschini (quello di tutte le stagioni), Serracchiani, Delrio, Malpezzi, Ascani, Guerini, Boccia, Carbone (quello del ciaone), Bonafè, Marcucci, Lotti, il presuntuoso Bonaccini; oppure candidati al parlamento come Casini, Cottarelli, Furlan, Di Maio (seggio blindato) ecc. abbiano qualcosa in comune con la Sinistra. Nessuno potrà dimostrarlo perché, se va bene, si tratta di esponenti di centro. Certamente sono liberisti, ancor più certa è la loro abissale lontananza dai principi della socialdemocrazia. D’altra parte il Pd, a suo tempo, tra la possibilità di nuove elezioni e quella di un governo guidato da un altro grande economista scelse la seconda; scelse di far parte del governo Monti. Di quel periodo non si conserva un buon ricordo, non furono varati provvedimenti in favore dei meno abbienti, dei pensionati o dei lavoratori. Stessa scelta compiuta di recente con l’ingresso nel governo di un altro tecnico e con la sua difesa a oltranza. “L'economista è un rappresentante ideologico del capitalista.” afferma Karl Marx nei suoi “Manoscritti economico. Filosofici del 1844”, come dargli torto.

Sono comunista! La fantomatica agenda Draghi è lontanissima dalla sinistra e dal mio pensiero politico. E, lo dico con dolore, il Pd non può essere di sinistra e nel contempo sventolare la mitologica agenda Draghi.

Assenza della sinistra. È doloroso ammetterlo ma in Italia il pensiero di una sinistra strutturata, il partito capace di rappresentare le istanze dei lavoratori, dei pensionati, dei precari, dei deboli, degli ultimi sono morti nei giorni della Bolognina nel novembre del 1989. L’assenza di un partito della sinistra, dei partiti strutturati, più in generale, ha causato la destrutturazione della democrazia. L’illusione di fare della televisione e dei social media i soli luoghi della politica sottraendola a sezioni, strade, piazze, periferie, luoghi di lavoro ha lasciato campo libero alle destre, al populismo, al qualunquismo, al razzismo, al proto fascismo. E in effetti siamo scivolati, in pochi anni, in una realtà simile a quella che precedette il fascismo. Sicuramente non ritornerà la dittatura del ventennio, ma una sorta di egemonia culturale pericolosa in grado di monopolizzare l’informazione e determinare le scelte del parlamento, stravolgimento della Costituzione compresa, si. Non ci scandalizzi, per favore per il parallelismo tra la situazione attuale e il periodo che precedette l’avvento del fascismo; si vadano a studiare a riguardo le analisi di Antonio Gramsci e gli scritti di eminenti intellettuali viventi. Certo, sono passati cento anni da allora, e dopo un secolo le cose non possono accadere nel medesimo modo come una sorta di fotocopia della storia ma non si può negare una certa preoccupazione da parte di molti. Forse sarà per questo che il segretario del Pd sottolinea (tardivamente e dopo averla favorita con scelte scellerate) il pericolo della vittoria della destra nella imminente tornata elettorale.

Il malinteso chiamato Pd. Per contrastare l’onda montante di razzismo proto fascista e aprire un fronte contro i pericoli di una destra che affonda nel fascismo le proprie radici bisognerebbe tornare a fare la politica come la stessa richiede: tesseramento, militanza, discussione, confronto, incontri con la cittadinanza, selezione di una classe dirigente, condivisione degli obiettivi politici, lavoro di squadra. Tutto il resto sono scorciatoie dannose oltre che inutili, come insegna la storia recente che ha condotto la grande aree politico-culturale della sinistra italiana all’irrilevanza, a non essere rappresentata, all’astensione oppure a un voto dato per inerzia. Quel partito non c’è. Il partito che avrebbe dovuto svolgere quella funzione nel centrosinistra italiano ha dissipato la sua forza, ha disperso patrimoni di idee, di persone di voti. Ha vanificato l’entusiasmo di centinaia di migliaia di giovani. E non sono sufficienti (spesso sono dannose) le comparsate nei talk show di dirigenti improbabili, inadeguati, impreparati, contraddittori. Dirigenti, il più delle volte parlamentari  non per meriti ma per nomina da parte di un capo clan. La proposta politica non può essere il continuo inseguimento a Giorgia Meloni, alle sue parole, agli slogan funzionali a mantenere viva l’attenzione del proprio elettorato. Non può essere solo il parlare delle contraddizioni della Lega di Matteo Salvini o di Silvio Berlusconi. Non può essere la continua demonizzazione di Giuseppe Conte colpevole nientepopodimeno di non aver votato al senato (voto per altro ininfluente) la fiducia al migliore. È poi una colpa difendere i capisaldi del proprio programma elettorale dai continui attacchi? La campagna elettorale non può essere il continuo richiamo al “voto utile” per l’ennesima volta. Utile per cosa? Tanti voti “utili” hanno consentito per anni e anni la permanenza al governo della presunta sinistra con il risultato di far crescere a dismisura le destre con la prospettiva di avere un governo della destra razzista e proto fascista dopo il 25 settembre. L’unica scelta sensata per evitare un governo di destra sarebbe stata un’alleanza elettorale con il Movimento 5 stelle. Se il Pd ha scelto altro e non c’è voto utile che tenga. La colpa della sconfitta sarà solo sua.  

Vorrei un partito di sinistra. Vorrei il Pd raccogliesse l’eredità della grande tradizione dei partiti di massa, ma sarebbe troppo lunga la lista delle scelte inopportune o completamente sbagliate fatte in nome della sinistra nel passato recente ma tutti è chiaro lo stato della sinistra di oggi (o centrosinistra o campo largo o campo stretto): un pugile suonato, messo nell’angolo, incapace di reagire ai fendenti che arrivano da tutte le parti, tranne che dall’establishment. C’è una perdurante assenza dai territori, dalle periferie, dai luoghi di lavoro, le sezioni quasi sempre chiuse, sono abolite le assemblee e gli incontri pubblici, nessun confronto con la realtà, partito senza una struttura politica capace di contare, candidati nominati dalle oligarchie, senza mai uno sforzo di generosità verso l’esterno. La conseguenza è quella di aver ridotto il parlamento a un “accampamento” di persone senza qualità. Si aggiunga la quasi estraneità al mondo della cultura, quella cultura che per il Partito Comunista Italiano costituiva leva essenziale per la crescita del partito e dell’intera società. Chi è il responsabile della cultura del Pd? Ce n’è uno? Se c’è non se ne avverte la presenza. E non basta dire “ci proviamo” di fronte alle critiche, non basta arroccarsi nei palazzi del potere. No, non basta essere forza di governo se si perde ogni legame con la realtà, se non si creano dei gruppi dirigenti, anche qui sarebbe opportuno rileggere Gramsci quando parla di partito e della sua organizzazione. I gruppi dirigenti dei partiti sono morti perché sostituiti dai rappresentanti nelle istituzioni. Il peggiore errore che si potesse fare lo si è fatto sistematicamente solo per la conservazione della poltrona. Sovrapporre il livello politico con le rappresentanze istituzionali ha desertificato le sezioni fino all’inattività o le ha trasformate in sedi di comitati elettorali del capo clan di turno. Il Pd analogamente all’intero centrosinistra appare come quel pugile suonato, che dovrebbe reagire con forza invece resta immobile: perde quando governa e anche quando è all’opposizione (si fa per dire). È incapace di qualsiasi reazione univoca. Ognuno ha una propria linea. Ognuno spara a vanvera il suo “Ciaone”, Ognuno dissemina la sua dose di arrogante sconfitto e perdente, ognuno si sente in dovere di svuotare le tasche delle verità solo a loro visibili.

Per concludere. Vorrei una sinistra, orgoglioso di essere sinistra. Vorrei un partito capace di parlare di sentimenti, uguaglianza, solidarietà, giustizia, diritti, difesa dell’ambiente. Vorrei una sinistra capace di parlare al cuore. Vorrei una sinistra che candidasse i migliori, coloro di difendere e attuare la Costituzione. La sinistra Italiana ha per lungo tempo, infatti, avuto come guida la Costituzione, germogliata dalla lotta partigiana, dove i nostri padri costituenti avevano descritto un sogno. Purtroppo quel sogno è andato in frantumi per l’insipienza e la pochezza dei leader della sinistra di oggi. Gli altri, le destre, sono nemici dichiarati del sogno descritto nelle pagine meravigliose della Costituzione perciò difenderla è compito della sinistra.

Sono comunista! Urlo di esserlo più forte che posso.


 

16 settembre 2022

Estate - e.m.

Estate - e.m. 

Ancora qui
di faccia al mare
in questo deserto rovente e silenzioso
a respirare rosmarino e sale
mirto basilico e menta.

Ancora qui
di faccia all’Est
abbracciato dal solito sole già rovente 
in un invisibile mattino d’agosto
immaginando il rosso dei gerani
nelle fioriere sui balconi

Ancora qui
di faccia allo Zenit
con barbagli di sole dentro le palpebre
e ombre rosse indefinite che ruotano d’intorno.
Riverberi baluginanti penetrano la mente
sconquassano rimasugli di ricordi.

Ancora qui
di faccia a un sole 
che imporpora il tramonto che non vedo
a immaginare la mia ombra allungarsi fino all’orizzonte
a ubriacarmi di sole e vino 
e di  profumi che non sento.

Ancora qui
nell’imminenza della notte calda
dopo un giorno visto passare dalla finestra
a innalzare un calice rosso brindando ai mille brindisi non fatti
a sentire la dolcezza del vino dentro tutto il corpo
a inebriarmi di sorsi dello Scirocco profumato di cannella.

Ancora qui
di faccia all’ultima estate 
per salutarla nell’abbraccio più caldo
per issare le mie vele ancora una volta e andare via
per cercare orizzonti più lontani di quelli che conosco
per tentare un’ultima danza sulla cerniera tra cielo e mare
prima di vedere quel che c’è in nell’altrove sconosciuto.