Abraham Janssens - Cerere, Bacco e Venere
Vino - Grazia Fresu
Arrossando
le coppe le gote i piaceri
un
cratere dove bevve Venere
nella
pancia disegnati i suoi amori
con
l’ocra delicato,
dove s’inebriò
Adriano prendendo
Antinoo
dalle membra dorate,
il
ricordo delle vigne al sole
del
liquido amaranto nei tini,
il
canto delle fanciulle
l’ebrezza
dei vignaiuoli,
vi posò
Saffo le labbra
assaporando
il vino profumato
mentre
i versi si facevano
tabernacoli
di profonde delizie,
lo
diede Ulisse al Ciclope
tramandovi
l’inganno
un
latte di granati ammaliando
il
gigante pastore,
si
aprirono sulle rive del mare
le case
ai naviganti, su tavole imbandite
per
onorarli pregiate libagioni
e Bacco
con Noè rise mandandolo a tentare
da
donne ubriache col seno dipinto,
poi ne
fecero sangue espiando
antichi
peccati del mondo
e un
Galileo lo bevve coi suoi compagni
spartendo
il sacrificio e il pane,
serpeggiando
nel rito si fece santo,
fu
sognatore invitante corrotto
una
lacrima impaziente nelle bocche riarse
un dono
sorpreso di sesso e d’allegria
poi si insinuò
esperto negli abbracci
nelle
canzoni di gente tranquilla
riempì con
l’orgoglio di un re cristalli lucenti
sedusse
dame e damerini
visse umile
nelle bottiglie impagliate
con il
pane e salame sulle impalcature
di
cantieri assassini,
un
calore di vene gole serate cattive a volte
di
passi traballanti e memorie perdute,
un
rubino a gocce tremanti
antico
seduttore di storie.
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