Charles Hardaker -Two Letters
da “Malte Laurids Brigge” – Rainer Maria Rilke
Bibliothèque Nationale
(…)
Sono sempre stato in
strada. Sa il cielo in quanti sobborghi sono stato, in quante strade, cimiteri,
ponti, gallerie. Non so più dove ho visto un uomo che spingeva un carretto di
verdura. Gridava: Choufleur, choufleur; con un eu stranamente
malinconico. Accanto a lui camminava una brutta donna stecchita che di tanto in
tanto lo urtava. E a ognuno di quegli urti l’uomo gridava. Talvolta gridava
anche da solo ma era inutile e doveva gridare di nuovo, perché si era dinanzi a
una casa di compratori. Ho già detto che l’uomo era cieco? No? Ebbene era
cieco. Era cieco e gridava. Mentirei dicendo questo solo, sopprimendo il
carretto, non ricordando che la parola che quell’uomo gridava era: cavolfiore! Ma
è essenziale questo? E anche se è essenziale, spiega quello che è stato per me
quella visione? Ho visto un vecchio che era cieco e gridava. Questo ho visto.
Visto. E si crederà che esistono case sì fatte? No, si dirà che mentisco. Ma
questa volta è la verità; non ho lasciato da parte nulla, non ho aggiunto
nulla. Del resto, dove avrei potuto trovare altro? Si sa che son povero. È cosa
nota.
Case, dunque? No, per
essere esatti, case che non esistevano più. Case demolite dal tetto in giù.
Quello che restava erano le altre case, le case alte, superstiti. Pareva che
fossero anch’esse in pericolo da quando avevano demolito tutto intorno; e
un’armatura di lunghe travi incatramate era stata messa obliqua fra il terreno
ingombro di macerie e la parete rimasta a nudo. Non so se ho già detto che è
quella la parete a cui io penso. Ma è, per così dire, non la prima parete delle
case rimaste in piedi (come si potrebbe pensare), ma l’ultima delle case di una
volta. Si vedeva la parte loro. Si vedevano ai vari piani muri di camere su cui
era ancora attaccata la tappezzeria, qua e là gli inserti del pavimento e del
soffitto.
(…)
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