foto flickr.com
da “Malte Laurids Brigge” – Rainer Maria Rilke
Bibliothèque Nationale
(…)
Fra una stanza e
l’altra lungo tutta la parete correva un canale bianco sporco e su quel canale
si snodava come un verme, con i nauseabondi contorcimenti di un intestino che
digerisce, il tubo aperto e arrugginito delle latrine. Delle condutture dove
era passato il gas illuminante erano rimaste tracce grigie e polverose all’orlo
dei soffitti che qua e là si curvavano in bizzarre volute e sparivano nel
colore delle pareti lasciando buchi tenebrosi. Ma quello che è più difficile
dimenticare sono le pareti stesse. La vita tenace di quelle stanze non si era
lasciata distruggere. Era ancora là, aggrappata ai chiodi rimasti sui muri,
dritta sugli ultimi resti dei pavimenti, appiattata nei rifugi degli angoli,
dove restava ancora un po’ di spazio. Si poteva vederla nei colori che
lentamente, da un anno all’altro, cambiavano: il blu diventava un verde pallido,
il verde grigio, il giallo un bianco vecchio e gualcito, pieno di muffa. Ma era
anche nei luoghi più freschi che si erano mantenuti dietro gli specchi, i
quadri e gli armadi; aveva tracciato sempre più netti i loro contorni e si era
rifugiata in quegli angoli nascosti con la polvere e le tele di ragno che ora
apparivano alla luce. Era in ogni striscia logora, in ogni bolla di umidità
cresciuta all’orlo inferiore della tappezzeria. Palpitava in ogni brandello
strappato, trasudava dalle macchie schifose che si erano formate da lungo
tempo.
(…)
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