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30 novembre 2018

da “Voglia di cucinare la pasta” - Autori vari

Totò - fotogramma di Miseria e Nobiltà
da “Voglia di cucinare la pasta” - Autori vari

Mare e fili al peperoncino
Pulite il pesce; tagliate il tonno e la coda di rospo a pezzetti e dividete le acciughe a metà dopo averle diliscate privandole della testa. In abbondante olio fate soffriggere gli spicchi d’aglio tritati, il prezzemolo e qualche pezzo di peperoncino, quindi unite il pesce e, dopo 5 minuti, le acciughe. Bagnate con il vino bianco e, non appena sarà quasi del tutto evaporato, unite la salsa di pomodoro (vedi box) diluita in un mestolo d’acqua calda, le olive e i capperi. Aggiustate di sale, abbassate la fiamma e coprite il tegame, quindi lasciate cuocere per circa 15 minuti prima di spegnere.
Salsa di pomodoro
Ingredienti: 800 g di pomodori maturi e sodi, 4 spicchi d’aglio, 1 mazzetto di prezzemolo, origano (facoltativo), olio extravergine d’oliva, sale, peperoncino rosso.
In un tegame fate insaporire alcuni cucchiai d’olio con l’aglio schiacciato, facendo bene attenzione a non farlo bruciare. Abbassate la fiamma e unite il pomodoro; proseguite così la cottura a tegame coperto. Dopo 20 minuti condite con sale, peperoncino, prezzemolo tritato e, volendo, un pizzico di origano.
INGREDIENTI
Spaghetti, 400 g
Acciughe, 250 g
Coda di rospo, 150 g
Tonno fresco, 150 g
Olive nere, 20 g
Salsa di pomodoro, 3 cucchiai
Capperi, 1 cucchiaio
Prezzemolo
Vino bianco, 1/2 bicchiere
Aglio, 2 spicchi
Peperoncino
Olio extravergine d’oliva
Sale
Preparazione: 45 MIN.
Vino: MONTEPULCIANO D’ABRUZZO CERASUOLO

da “Voglia di cucinare la pasta” – Autori vari

da “Voglia di cucinare la pasta” – Autori vari

Spaghetti al sugo di pomodoro
Mettete sul fuoco una pentola con dell’acqua e, quando bolle, tuffatevi i pomodori per un attimo, in modo che la buccia cominci a screpolarsi e sia facile pelarli. Dopo averli pelati, privateli dei semi e passateli al passaverdure. Se sono molto acquosi, dopo averli sbucciati tagliateli a metà e lasciateli colare su un piano inclinato per almeno un quarto d’ora prima di passarli al passaverdure. Dopo aver portato a termine queste operazioni, mettete sul fuoco un tegame, versatevi la passata di pomodoro e l’olio e, dopo circa un quarto d’ora di cottura a fuoco moderato, aggiungete del sale e del peperoncino rosso a vostra discrezione. Continuate la cottura fino a quando vi sembrerà necessario. A cottura ultimata, aggiungete le foglie di basilico sminuzzate. Mettete sul fuoco una pentola con l’acqua per la pasta e, quando bolle, salatela e versatevi gli spaghetti. Lessateli al dente, scolateli, trasferiteli in una zuppiera, conditeli con il sugo di pomodoro e mescolateli adeguatamente. Infine portateli in tavola, servendo a parte il formaggio grattugiato.
INGREDIENTI
Spaghetti, 400 g
Pomodori maturi e sodi, 800 g
Basilico, alcune foglie
Parmigiano o pecorino grattugiato
Peperoncino rosso in polvere
Olio extravergine d’oliva
Sale
Preparazione: 1 H
Vino: ISONZO DEL FRIULI RIESLING

29 novembre 2018

da Nel giardino del diavolo - Stewart Lee Allen

Tjalf Sparnaay - De moorkop, 2009
da Nel giardino del diavolo - Stewart Lee Allen

La cioccolata del re
C’erano due cose che il marchese de Sade chiedeva con maggiore insistenza durante la sua forzata permanenza nei sotterranei della Bastiglia. La prima era la sostituzione dei falli
di mogano che egli puntualmente rompeva nei suoi tentativi di autoerotismo. L’altra era “la cioccolata… nera come il culo del diavolo”. Il nobile francese considerava questi due articoli complementari perché la cioccolata ricaricava il suo liquido seminale e, insieme a quei durissimi membri di legno, gli permetteva di raggiungere i suoi dieci orgasmi quotidiani. Non a caso fu un’orgia a base di sesso e gatti a nove code, irrorati di cioccolata, a trascinarlo in prigione. Ma la sua vera colpa, come vedremo, fu di dispensare la cioccolata, meglio nota come theobroma, o cibo degli dèi, alle classi inferiori e alle donne.

da “I segreti della tavola di Montalbano” – Stefania Campo


da “I segreti della tavola di Montalbano” – Stefania Campo

La trattoria di Enzo aiuta Camilleri a conferire continuità alle sue storie: il commissario cambia trattoria, ma non le abitudini e i gusti, tant’è che alla fine del brano il confronto fra i due locali e la loro innegabile somiglianza procurano in Salvo un rassicurante senso di pace. Anche il rapporto di Salvo con Calogero viene sostituito da quello con Enzo; i due entrano subito in una confidenza amichevole, tant’è che Montalbano impartisce con disinibizione ordini ed Enzo non si mostra per nulla offeso, solo stupito.
“‘Addruma subito la televisione!’ ordinò a Enzo appena trasuto nella trattoria.
Quello lo taliò ammaravigliato.
‘Ma comu! Ogni volta che trase e la trova addrumata la voli astutata e ora ca la trova astutata la voli addrumata?’.
‘Puoi levarci l’audio’ concesse Montalbano”. (Il giro di boa)
Da questo momento in poi Montalbano inizierà a frequentare assiduamente la trattoria di Enzo. “‘Bentornato dottore! Capita proprio il giorno giusto!’ fece Enzo.
Eccezionalmente, Enzo aviva priparato il cuscusu con otto tipi di pisci, ma solo per i clienti che gli facevano sangue. Tra questi c’era naturalmente il commissario che appena si vitti il piatto davanti, e ne sintì il sciauro, ebbe una botta di commozione irrefrenabile”.
(La pazienza del ragno)

da “I segreti della tavola di Montalbano” – Stefania Campo

da “I segreti della tavola di Montalbano” – Stefania Campo

“Ha niente in contrario se il cavaliere Pintacuda mangia con lei?”.
Qualcosa in contrario l’aveva, temeva sempre di dover parlare mentre stava mangiando. Poco dopo, il settantino segaligno si presentò con un mezzo inchino.
“Liborio Pintacuda, e non sono cavaliere”.
“La debbo preavvertire di una cosa anche a costo di apparire vastaso” continuò il non cavaliere appena assittatosi. “Io, quando parlo, non mangio. Di conseguenza, se mangio, non parlo”.
“Benvenuto al club” disse Montalbano tirando un respiro di sollievo. (Il ladro di merendine).

da “Gli amori difficili”. L'avventura di una moglie, (1958). Italo Calvino

dipinto di Kenton Nelson
da “Gli amori difficili”. L'avventura di una moglie, (1958). Italo Calvino
(…)
Stefania uscì a vedere se avevano aperto il portone. Fece qualche passo in là sul marciapiede. No, era sempre chiuso. Intanto l'uomo era uscito anche lui dal bar con l'aria di volerla seguire. Stefania tornò sui suoi passi, rientrò nel bar. L'uomo, che non se l'aspettava, restò un po' incerto, fece per tornare anche lui, poi fu preso da una ventata di rassegnazione, proseguì per la sua strada, tossicchiando, andò via.
- Ha sigarette? - chiese Stefania al barista. Era rimasta senza e avrebbe voluto fumarne una appena in casa. I tabaccai erano ancora chiusi.
Il barista tirò fuori un pacchetto. Stefania lo prese e pagò.
Si rifece sulla soglia del bar. Un cane le venne quasi addosso, d'impeto, trattenuto da un guinzaglio e tirandosi dietro un cacciatore, col fucile, la cartuccera, il carniere.
- Giù, Frisette, fà cuccia! - esclamò il cacciatore. E al bar: - Un caffè!
- Bello! - fece Stefania, carezzando il cane. - È un setter?
- Épagneul breton, - disse il cacciatore. - Femmina -. Era giovane, un po' brusco, ma più per timidezza che per altro.
- Quanti anni?
- Avrà dieci mesi. Giù, Frisette, brava.
- Allora, queste pernici? - disse il barista.
- Oh, si va per far correre un po' il cane... - disse il cacciatore. - Lontano? - fece Stefania.
Il cacciatore disse il nome d'un posto non distante.
- In macchina è un salto. Così alle dieci sono di ritorno. Il lavoro...
- È bello, lassù, - disse Stefania. Le veniva di non lasciar cadere la conversazione, anche se non parlavano di niente.
- C'è la valle sgombra, pulita, tutta cespugli bassi, di brugo, e la mattina non c'è niente nebbia, si vede bene... Se il cane alza un volo...
- Potessi andare a lavorare alle dieci, dormirei fino alle nove e tre quarti, - disse il barista.
- Bè, dormire piace anche a me, - fece il cacciatore, - eppure, esser lassù mentre tutti gli altri dormono ancora, non so, m'attira, è la passione...
Stefania sentiva che dietro quest'aria di giustificarsi, quel giovane celava un orgoglio tagliente, un astio contro la città addormentata lì intorno, la caparbietà di sentirsi diverso.
- Non s'offenda, ma per me voialtri cacciatori siete matti, - disse il barista. - Mica per altro, sa, ma per questa storia dell'alzarsi a certe ore.
- Io invece lo capisco, - fece Stefania.
- Mah, chi lo sa? - diceva il cacciatore. - Una passione come un'altra -. Adesso s'era messo a guardare Stefania e quel po' di convinzione che aveva messo prima nel discorso della caccia, ora pareva gli fosse già caduta, e la presenza di Stefania lo facesse dubitare che tutto il suo modo di pensare era sbagliato, che forse la felicità era un'altra cosa da quella che lui andava cercando.
- Davvero, la capisco, una mattina come questa... - disse Stefania.
Il cacciatore stette un po' come chi ha voglia di parlare ma non sa cosa dire. - Quando il tempo è così, secco, e fresco, il cane può lavorare bene, - disse. Aveva bevuto il caffè, aveva pagato, c'era il cane che tirava per andar fuori e lui restava ancora lì, esitante. Disse, goffo: - Perché non ci viene anche lei, allora, signora?
Stefania sorrise. - Vuol dire che un'altra volta che ci incontriamo, combiniamo, eh?
Il cacciatore fece: - Eh... - si girò ancora un po' intorno per vedere se trovava un altro appiglio di conversazione. Poi fece: - Bè, vado. Buongiorno -. Si salutarono e lui si lasciò tirar fuori dal cane.
(…)

Sinfonia azzurra - Ada Negri

opera di Victor Vasarely
Sinfonia azzurra - Ada Negri

Venne in cerca di te
nella calda notte, lungo le strade dai fanali azzurri.
Tutte le strade, allora, la notte erano azzurre
come le vie dei cieli,
e il volto amato
non si vedeva: si sentiva in cuore
E ti trovò, o dolcezza, nell'ombra
casta, velata d'un vapor di stelle.
Fra quel tremolìo d'astri
discesi in terra,
in quell'azzurro di due firmamenti
l'uno a specchio dell'altro, ella
ella pure rispecchiò in te l'anima sua notturna.
E ti seguì con passo di bambina
senza sapere, senza vedere, tacita e fluida.
E allor che il giorno apparve
con fresco riso roseo su l'immenso turchino,
non trovò più se stessa
per ritornare.

da “I segreti della tavola di Montalbano” – Stefania Campo


dipinto di Mary Whyte
da “I segreti della tavola di Montalbano” – Stefania Campo

LA SIGNORA GUARNOTTA
“‘Lei mangiò, commissario?’. ‘Veramente, ancora no’ fece Montalbano sentendo il cuore aprirsi alla speranza. ‘Allora non c’è problema’ concluse la signora Guarnotta ‘s’assetta con noi e si mangia un piatto di pasta. Accussì parliamo tutti meglio’. La pasta era stata scolata al momento giusto (…), la carne col suco era tenera e saporosa”. (La gita a Tindari, pp. 41, 42)
Pasta col ragù alla siciliana. Ingredienti: (per 6 persone) 500 gr. di maccheroncini, 500 gr. di carne di manzo tritato, 500 gr. di pomodori maturi, 100 gr. di caciocavallo, 50 gr. di pecorino grattugiato, 1 cipolla, sedano, prezzemolo, 1 carota basilico, vino rosso, olio d’oliva, sale e pepe.
Tritate una cipolla, una carota, mezzo gambo di sedano, basilico e prezzemolo a piacere e mettete tutto in un tegame insieme a un bicchiere di olio. Ottenete un soffritto e poi fate rosolare la carne macinata. Aggiungete sale, pepe e un bicchiere di vino rosso, coprite il tegame e lasciate cuocere per dieci minuti a fuoco lentissimo. Aggiungete i pomodori sbucciati e passati e continuate a cuocere il tutto per più di un’ora, innaffiandolo spesso, specialmente per la prima mezz’ora, con qualche cucchiaio d’acqua calda. A metà cottura aggiungete il pepe. Fate bollire dell’acqua salata, cucinate i maccheroncini e scolateli al dente. Stendete la pasta a strati su una teglia unta d’olio aggiungendo il pecorino grattugiato, il sugo con la carne tritata e delle fette di caciocavallo. Mettete la teglia in forno caldo per venti minuti e servite.

da “Favole al Tramonto” – Andrea Camilleri

dipinto di Eric Bowman
da “Favole al Tramonto” – Andrea Camilleri

La magarìa
Alla picciliddra, che si chiamava Lullina e manco aveva cinque anni, piaceva accompagnare campagna campagna il nonno che le spiegava tante cose. Quella matina però il vecchio s’addunò che la picciliddra non pareva interessata alle sue parole, era come se stesse appresso a un suo pinsèro.
“Che hai?” - le spiò a un certo momento della passeggiata.
“Nenti” - disse Lullina, evitando la taliàta del vecchio.
“Non vuole incontrare i miei occhi, mi ammuccia qualcosa” - pinsò il vecchio.
S’assittò sopra una grossa pietra e attirò a sé la picciliddra.
“Lullinè, tu non me la conti giusta. Se ti capitò o hai fatto qualcosa, dimmela. Lo sai che io t’addifendo sempre”.
“E va bene” - fece Lullina tutto d’un fiato - “Stanotte ho fatto un sogno, è spuntato uno e mi ha detto un segreto che non devo dire a nessuno”. Il vecchio sorrise, gli piacevano le fantasie dei bambini.
“Com’era quest’uno che t’è spuntato nel sogno?”
“Era come quello che m’hai fatto vedere al circo, quando mi ci hai portata. Un omo accussì nico che pareva un picciliddro”.
“Un nano”.
“Sì, quello. Era vestito tutto di giallo. E mi ha detto la magarìa per far scomparire a uno e doppo farlo ricomparire daccapo”.
Il vecchio rise. Poi pinsò: Questo è il risultato dei cartoni animati che si vedono alla televisione. Non ebbe bisogno di sollecitare la picciliddra, Lullina ci aveva pigliato gusto a rivelare il segreto.
“Si dicono sette parole mammalucchigne e si sparisce. Per ricomparire, bisogna che un amico dica altre sette parole mammalucchigne e si ricompare. Facciamo la prova?”
“Facciamola” - disse il nonno divertito.
Lullina si scostò da lui di un passo, chiuse gli occhi, incrociò le braccia sul petto, mormorò sette parole. E sparì.
E lui, il vecchio, non si era fatto dire le sette parole mammalucchigne per far ricomparire la
picciliddra.
Lo accusarono di stupro e omicidio. Lo fecero impazzire domandandogli ogni ora dove avesse sotterrato i resti della piccola.
Morì di crepacuore durante il processo.

Il senso evidente delle cose - Wallace Stevens

Berardino Totaro - Castello rosa
Il senso evidente delle cose - Wallace Stevens

Dopo che le foglie sono cadute, torniamo
al senso evidente delle cose. E’ come se
fossimo giunti alla fine dell’immaginazione,
trapassata in inerte sapere.

E’ difficile persino trovare l’aggettivo
per questo freddo vuoto, questa tristezza senza ragione.
La grande struttura è diventata una casa qualunque.
Nessun turbante traversa i pavimenti invecchiati.

Mai così tanto la serra bisognò che fosse dipinta.
Il camino ha cinquant’anni e si curva di lato.
Un incomparabile sforzo ha fallito, una ripetizione
nel ripetuto ritorno di uomini e mosche.

L’assenza di immaginazione doveva tuttavia
essere immaginata. Il grande stagno,
il suo senso evidente, irriflesso, le foglie,
il fango, l’acqua come vetro sporco, emanano un silenzio,

come il silenzio di un topo venuto a vedere,
il grande stagno e il suo spreco di gigli, tutto
si doveva immaginare, come una conoscenza inevitabile,
richiesta, siccome necessità richiede.

Trad. Nadia Fusini

oblio – Amalia Guglielminetti

Lisandro Rota - Ho portato la nonna al parco
oblio – Amalia Guglielminetti

Son qui raccolta in un oblio profondo
contro il tuo cuore. Credo che ancor siamo
nella vita, ma già fuori del mondo.

So che tu mi desideri e ch'io t'amo,
e tutto che oltre questo è gioia o pena
o bene o male noi dimentichiamo.

Ho il senso di volar su un'altalena
vertiginosa, come fanciulletta
balzavo nell'azzurrità serena.

Ne discendevo con la gola stretta
dal batticuore e con sperduti sguardi,
come or che tu m'avverti: – Il tempo ha fretta

di separarci, o amore. Andiamo, è tardi.

Margherita – Riccardo Cocciante

dipinto di Marc Figueras
Margherita – Riccardo Cocciante

Io non posso stare fermo
con le mani nelle mani,
tante cose devo fare
prima che venga domani...
E se lei già sta dormendo
io non posso riposare,
farò in modo che al risveglio
non mi possa più scordare.

Perché questa lunga notte
non sia nera più del nero,
fatti grande, dolce Luna,
e riempi il cielo intero...
E perché quel suo sorriso
possa ritornare ancora,
splendi Sole domattina
come non hai fatto ancora...

E per poi farle cantare
le canzoni che ha imparato,
io le costruirò un silenzio
che nessuno ha mai sentito...
Sveglierò tutti gli amanti
parlerò per ore ed ore,
abbracciamoci più forte
perché lei vuole l'amore.

Poi corriamo per le strade
e mettiamoci a ballare,
perché lei vuole la gioia,
perché lei odia il rancore,
poi con secchi di vernice
coloriamo tutti i muri,
case, vicoli e palazzi,
perché lei ama i colori,
raccogliamo tutti i fiori,
che può darci Primavera,
costruiamole una culla,
per amarci quando è sera.

Poi saliamo su nel cielo
e prendiamole una stella,
perché Margherita è buona,
perché Margherita è bella,
perché Margherita è dolce,
perché Margherita è vera,
perché Margherita ama,
e lo fa una notte intera.

Perché Margherita è un sogno,
perché Margherita è sale,
perché Margherita è il vento,
e non sa che può far male,
perché Margherita è tutto,
ed è lei la mia pazzia.
Margherita, Margherita,
Margherita adesso è mia,
Margherita è mia.

da Achille in Sciro – Pietro Metastasio

Achille scoperto da Ulisse olio su legno 1630-1635 cm 107,5 x 145,5, Museo del Prado, Madrid
da Achille in Sciro – Pietro Metastasio

Achille
(risoluto) Sì, vengo.
Guidami dove vuoi... Ma... (si ferma)
Ulisse
Che t'arresta?
Achille
E Deidamia?
Ulisse
E Deidamia un giorno
Ritornar ti vedrà cinto d'allori
E più degno d'amore.
Achille
E intanto...
Ulisse
E intanto
Che d'incendio di guerra
Tutta avvampa la terra, a tutti ascoso,
Qui languir tu vorresti in vil riposo?
Diria l'età futura:
'Di Dardano le mura
Diomede espugnò; d'Ettore ottenne
Le spoglie Idomeneo; di Priamo il trono
Miser tutto in faville
Stenelo, Aiace... E che faceva Achille?
Achille, in gonna avvolto,
Traea, misto e sepolto
Fra le ancelle di Sciro, i giorni sui,
Dormendo al suon delle fatiche altrui.'
Ah! non sia ver. Destati al fine; emenda
Il grave error: più non soffrir che alcuno
Ti miri in queste spoglie. Ah, se vedessi
Quale oggetto di riso
Con que'fregi è un guerriero! In questo scudo
Lo puoi veder. Guardati, Achille. (gli leva lo scudo) Dimmi:
Ti riconosci? (presentandogli lo scudo)
Achille
(lacerando le vesti) Oh vergognosi, oh indegni
Impacci del valor, come fin ora
Tollerar vi potei? Guidami, Ulisse,
L'armi a vestir. Fra questi ceppi avvinto
Più non farmi penar.
Ulisse
Sieguimi. (Ho vinto). (s'incamminano)
 


da Achille in Sciro – Pietro Metastasio

Peter Paul Rubens - Achille scoperto da Ulisse e Diomede olio su tela, museo del Prado, Madrid
da Achille in Sciro – Pietro Metastasio

Achille
Ove son? che ascoltai? Mi sento in fronte
Le chiome sollevar! Qual nebbia i lumi
Offuscando mi va? Che fiamma è questa,
Onde sento avvamparmi?
Ah! frenar non mi posso: all'armi! all'armi! (s'incammina furioso, e poi si
ferma, avvedendosi d'avere in mano la cetra)
Ulisse
Guardalo. (piano ad Arcade)
Achille
E questa cetra
Dunque è l'arme d'Achille? Ah! no; la sorte
Altre n'offre, e più degne. A terra, a terra,
Vile stromento! (getta la cetra e va all'armi, portate co' doni di Ulisse)
All'onorato incarco
Dello scudo pesante
Torni il braccio avvilito: (imbraccia lo scudo) in questa mano
Lampeggi il ferro. (impugna la spada) Ah! ricomincio adesso
A ravvisar me stesso. Ah, fossi a fronte
A mille squadre e mille!
Ulisse
E qual sarà, se non è questo, Achille? (palesandosi)
Achille
Numi! Ulisse, che dici?
Ulisse
Anima grande,
Prole de'numi, invitto Achille, al fine
Lascia che al sen ti stringa. Eh! non è tempo
Di finger più. Sì, tu la speme sei,
Tu l'onor della Grecia,
Tu dell'Asia il terror. Perché reprimi
Gl'impeti generosi
Del magnanimo cor? Son di te degni:
Secondali, signor. Lo so, lo veggo,
Raffrenar non ti puoi. Vieni: io ti guido
Alle palme, a'trofei. La Grecia armata
Non aspetta che te. L'Asia nemica
Non trema che al tuo nome. Andiam!

da Achille in Sciro – Pietro Metastasio

Achille e Deidamia - Joseph Pollet, Palazzo del Lussemburgo
da Achille in Sciro – Pietro Metastasio

Deidamia
Che d'infami pirati
Tutto è infestato il mar? Così rapite
Fur le figlie infelici
Al re d'Argo e di Tiro. Ignori forse
La recente di Sparta
Perdita ingiuriosa? e che ne freme
In van la Grecia, e che domanda in vano
L'infida sposa al predator troiano?
Chi sa che ancora in quelle
Insidiose navi... Oh dèi! vien meco.

Achille
Di che temi, mia vita? Achille è teco.

Deidamia
Taci.

Achille
E se teco è Achille...

Deidamia
Ah! taci: alcuno
Potrebbe udirti: e, se scoperto sei,
Son perduta, ti perdo. E che direbbe
Il genitor deluso? Una donzella
Sai che ti crede, e si compiace e ride
Del nostro amor; ma che sarà se mai
(Solo in pensarlo io moro),
Se mai scopre che in Pirra Achille adoro?

Achille
Perdona, è vero.

Epigramma 49 – Pallada

Edson Campos - Capriccio
Epigramma  49 – Pallada

Hanno travasi di bile perfino formiche e zanzare
e gli insetti più infimi, si dice.
E alla mercé di chiunque tu vuoi ch’io stia senza bile,
così da non rifarmi con parole
verso chi compie ingiustizia coi fatti? Restare dovrei
con la bocca cucita e senza fiato!

Epigramma 45 – Pallada

Edson Campos - version The Last Supper Leonardo
Epigramma  45 – Pallada

Uomo, se mai ti rammenti che fece, nel darti la vita,
tuo padre, smetteresti di insuperbirti.
Ma fu Platone che in te, vaneggiando, infuse la superbia:
ti chiama ‘eterno’ e ‘rampollo divino’.
Nato dal fango, di che vai superbo? Così ti direbbe
chi la cosa indorasse per decenza.
Ma, se la vera parola tu vuoi, da lascivia nascesti
immoderata e da una goccia immonda.

Gestimmtseit – Pier Paolo Pasolini

Artista sconosciuto - Antinoo Mondragone, circa 130 d.C.
Gestimmtseit – Pier Paolo Pasolini

Discinto nel candore
corrotto della lampada
guardo il mio corpo
di mota e avorio.

Dio, nella mia stanza
è chiusa la mia vita:
giovanile ironia,
fanciullesca speranza.

da Pier Paolo Pasolini, Versi dal paese dell’anima.
Corriere delle Sera - Un secolo di poesia, a cura di Nicola Crocetti

La sorgente – Pier Paolo Pasolini

La sorgente – Pier Paolo Pasolini

Ogni viltà mi è assolta
nel grembo del Presente
dove la mia vita
nascendo si ascolta.

Ma tutto è imperfetto
in questa confidenza
folle, in cui esalto
e umilio me stesso.

da Pier Paolo Pasolini, Versi dal paese dell’anima.
Corriere delle Sera - Un secolo di poesia, a cura di Nicola Crocetti

Notturno – Pier Paolo Pasolini

Lamber-Sigisbert Adam - Nettuno
Notturno – Pier Paolo Pasolini

Voi non mi conquistate
con le gioie o i terrori
dei freschi silenzi
vostri, stelle invecchiate.

E non mi trepidate,
gelide, nel fiore
dove impera un Ardore
dolce, la mia esistenza.

Ma con voi è lontano
(no, non piango, non rido)
in questo cielo di Dio
che io non so né amo.

da Pier Paolo Pasolini, Versi dal paese dell’anima.
Corriere delle Sera - Un secolo di poesia, a cura di Nicola Crocetti

Carne e cielo - Pier Paolo Pasolini

Michelangelo Buonarroti - David, 1501, 1504, marmo, 517×199 cm, Galleria dell'Accademia, Firenze
Carne e cielo - Pier Paolo Pasolini

O amore materno,
straziante, per gli ori
di corpi pervasi
dal segreto dei grembi.

E cari atteggiamenti
inconsci del profumo ,
impudico che ride
nelle membra innocenti.

Pesanti fulgori
di capelli... crudeli
negligenze di sguardi...
attenzioni infedeli...

Snervato da pianti ,
ben soavi rincaso
con le carni brucianti
di splendidi sorrisi.

E impazzisco nel cuore
della notte feriale
dopo mille altre notti :
di questo impuro ardore.

da Pier Paolo Pasolini, Versi dal paese dell’anima.
Corriere delle Sera - Un secolo di poesia, a cura di Nicola Crocetti

Il fresco sguardo – Pier Paolo Pasolini

Michelangelo Merisi (Caravaggio) - Fanciullo con canestra di frutta, olio su tela, 1593/1594, cm 74x78, Galleria Borghese, Roma
Il fresco sguardo – Pier Paolo Pasolini

Tra i dolci muri spenti
vedo dopo il rosario
correre i ragazzi
umili e violenti...

E ascolto tremare
sperduti strumenti
in fondo all'asfalto
nella pace lunare.

Ma non piango in segreto.
O, vincendo il pianto,
non mi mostro tremante
di finte allegrezze.

Allegrezze che ingenuo
effondevo un tempo
divorato da colpe
innocenti di vergine.

Nessuno mi sentiva
impazzire, all'alba,
desto da sogni
che un MAI malediva.

Ma l'odiata purezza
e i peccati sognati
erano il fresco sguardo
dei miei occhi bruciati.

da Pier Paolo Pasolini, Versi dal paese dell’anima.
Corriere delle Sera - Un secolo di poesia, a cura di Nicola Crocetti

Il narciso e la rosa – Pier Paolo Pasolini

Michelangelo Merisi (Caravaggio) - Narciso 1597/1599, olio su tela, cm 112 x 92, Galleria Nazionale d'Arte Antica, Palazzo Barberini, Roma
Il narciso e la rosa – Pier Paolo Pasolini

Non Narciso, lo specchio
brilla nel verdecupo
prato della mia morta
fanciullezza di lupo…

Buona sera, Demonio,
mi ascolti sorridendo?
Ma non aprire bocca,
ho capito, mi arrendo.

Parlavo dello specchio
che null’altro è che luce
pura, riflessa – nido
di poetici echi.

No, Narciso non c’entra,
s’è guardato abbastanza;
e, una volta tanto,
posso affrontarti intrepido.

Sogno o indífferenza
o memoria, non so,
l’argenteo specchio splende
nel nero prato solo.

Mi soggíoga il suo raggio
vespertino che fruga
immoto nella mesta
ombra del paesaggio.

Vieni, caro Demonio,
e contempliamo insieme
l’assenza di Narciso
nell’argento del sogno.

Non imperversa il riso
nella tua bocca odiosa?
Ebbene, amico, cogli
nell’orto una rosa.

Moralità o poesia
o bellezza, non so,
protendo questa rosa
a rispecchiarsi sola.

da Pier Paolo Pasolini, Versi dal paese dell’anima.
Corriere delle Sera - Un secolo di poesia, a cura di Nicola Crocetti

Solitudine – Pier Paolo Pasolini

Michelangelo - Tomba di Giuliano de' Medici, particolare, marmo, 1524/1534, 650×470 cm, Sagrestia Nuova, Firenze
Solitudine – Pier Paolo Pasolini

… Nondimeno ti parlo:
chissà che la maschile
tua distrazione tarli
l’indiscreto, il Vile.

Ecco: la tela stinta
dei calzoni disegna
le tue forme intime
dove l’arcano regna.

Arrossisci? Mi scacci?
Pensati tredicenne,
in treno, con le mani
strette sul grembo tenero.

Pensati sotto il fiotto
della doccia, a Bologna,
col costume disciolto,
ebbro di vergogna.

………………….

Oh è inutile insistere,
ormai ci si è intesi:
è abbastanza triste
il tuo volto riacceso.

Ma… hai forse ingannato
lo stesso Tentatore?
Ti vedo appassionato
DI BELLEZZA O D’AMORE?

Disprezzo e tenerezza
verso di te, Narciso,
covi nel carezzevole
odioso tuo viso.

Me ne vado: imprendibile
nel tuo esistere puro,
ingenuo, e conscio, vivi:
anche a me sei oscuro.

da Pier Paolo Pasolini, Versi dal paese dell’anima.
Corriere delle Sera - Un secolo di poesia, a cura di Nicola Crocetti