da “Una questione privata” – Beppe Fenoglio
Gli
alberi erano anneriti dalle piogge e, senza che ti-rasse vento, sgrondavano
fragorosamente.
Come
vi entrò sotto, subito sentì un trepestio, anna-spamenti, delle esclamazioni
smozzicate di allarme e di disgrazia. Allora stese avanti una mano e disse:
–
Non abbiate paura. Sono un partigiano. Non scappate.
Erano
cinque o sei uomini di quella collina che, ripara-ti nel bosco, spiavano le
mosse dei fascisti laggiù in Santo Stefano. Erano tutti ammantellati e uno
portava a tracolla una coperta arrotolata. Avevano anche fagottini di roba da
mangiare. Se i soldati avessero puntato di sorpresa alla loro collina, essi
erano pronti ed equipaggiati per fuggire e restar lontani per ventiquattro ed
anche quarantott’ore.
Senza
parlare, solo guardando di sottecchi la sua straordinaria infangatura,
tornarono ai loro osservatori,indifferenti allo stillicidio che gli
infradiciava i berretti e le spalle. Il più anziano di loro, ed anche quello
che sem-brava sopportare con più buon umore la situazione, un uomo con capelli
e baffi bianchi e occhi umorosi, domandò a Milton:
– Quando
dici che finirà, patriota?
– Primavera,
– rispose, ma la voce gli uscì troppo rauca e falsa. Diede un colpo di tosse e
ripeté: – Primavera.
Allibirono.
Uno bestemmiò e disse:
– Ma quale
pri-mavera? C’è una primavera di marzo e una primavera di maggio.
– Maggio, –
precisò Milton.Rimasero tutti sbalorditi. Poi il vecchio domandò a Milton come
avesse fatto ad infangarsi così.
Milton
arrossì, inspiegabilmente. – Sono caduto in di-scesa e sono scivolato di petto
per molti metri.
– Verrà pure
quel giorno, – disse il vecchio guardando Milton con troppa intensità.
– Certo che
verrà, – rispose Milton e richiuse la bocca. Ma il vecchio insisteva a fissarlo
con un’avidità insoddisfatta, forse praticamente insaziabile. – Certo che
verrà, – ripeté Milton.
– E allora,
– disse il vecchio, – non ne perdonerete nemmeno uno, voglio sperare.
– Nemmeno
uno, – disse Milton. – Siamo già intesi.
– Tutti,
tutti li dovete ammazzare, perché non uno di essi merita di meno. La morte,
dico io, è la pena più mite per il meno cattivo di loro.
– Li
ammazzeremo tutti, – disse Milton. – Siamo d’accordo.
Ma il
vecchio non aveva finito.
– Con tutti
voglio dire proprio tutti. Anche gli infermieri, i cucinieri, anche i cappellani.
Ascoltami bene, ragazzo. Io ti posso chiamare ragazzo. Io sono uno che mette le
lacrime quando il macellaio viene a comprarmi gli agnelli. Eppure, io sono quel
medesimo che ti dice: tutti, fino all’ultimo, li dovete ammazzare. E segna quel
che ti dico ancora. Quando verrà quel giorno glorioso, se ne ammazzerete solo
una parte, se vi lascerete prendere dalla pietà o dalla stessa nausea del
sangue, farete peccato mortale, sarà un vero tradimento. Chi quel gran giorno
non sarà sporco di sangue fino alle ascelle, non venitemi a dire che è un buon
patriota.
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