Bo Bartlett - Passivity 1979 Oil on Panel 11 x 9
Il ballo degli impiccati – Arthur Rimbaud
Sulla forca nera, grazioso moncherino,
ballano e danzano i paladini,
smunti araldi del demonio,
scheletri di Saladini.
Messer Belzebù tira per la cravatta
i neri burattini che fan sberleffi in cielo,
e, colpendoli in fronte con una suola di ciabatta,
li fa ballare al suono di un canto di Natale!
I fantocci si urtano intrecciando le gracili braccia:
come dei neri organi, i petti traforati,
che stringevano un tempo le dolci damigelle,
si urtano a lungo in un orrido amplesso.
Viva i gai ballerini che non hanno più la pancia!
Potete piroettare, il palco è così vasto!
Su! che nessuno capisca se è lotta oppure danza!
Belzebù furiosamente gratta i suoi violini!
Dure calcagna, voi non usate sandali!
Quasi tutti han gettato la camicia di pelle;
il resto non può turbare e all’occhio dare scandalo.
La neve posa sui crani un bianco cappello:
il corvo fa da pennacchio a queste teste crepate,
un brandello di carne tremola al mento scarno:
par di veder volteggiare in fosche mischie
dei prodi stecchiti, cozzanti in armature di cartone.
Evviva! il vento fischia al gran ballo degli scheletri!
La nera forca mugghia come un organo di ferro!
E i lupi le rispondono dalle foreste viola:
all’orizzonte, il cielo è di un rosso infernale…
Olà, scrollatemi questi funebri spacconi
che sgranano, sornioni, con le grosse dita spezzate,
un rosario d’amore sulle vertebre livide;
ehi, non è un convento questo, trapassati!
Ed ecco che nel bel mezzo della macabra danza
balza nel cielo rosso un gran scheletro pazzo
sospinto dallo slancio, come un cavallo che s’impenna:
e, ancora sentendo la corda tesa al collo,
contrae le magre dita sul femore che scricchiola
con stridori simili a sghignazzate,
poi, come un saltimbanco che torni al carrozzone,
ritorna nella danza al canto delle ossa.
Sulla forca nera, grazioso moncherino,
ballano e danzano i paladini,
smunti araldi del demonio,
scheletri di Saladini.
Trad. Laura Mazza
Sulla forca nera, grazioso moncherino,
ballano e danzano i paladini,
smunti araldi del demonio,
scheletri di Saladini.
Messer Belzebù tira per la cravatta
i neri burattini che fan sberleffi in cielo,
e, colpendoli in fronte con una suola di ciabatta,
li fa ballare al suono di un canto di Natale!
I fantocci si urtano intrecciando le gracili braccia:
come dei neri organi, i petti traforati,
che stringevano un tempo le dolci damigelle,
si urtano a lungo in un orrido amplesso.
Viva i gai ballerini che non hanno più la pancia!
Potete piroettare, il palco è così vasto!
Su! che nessuno capisca se è lotta oppure danza!
Belzebù furiosamente gratta i suoi violini!
Dure calcagna, voi non usate sandali!
Quasi tutti han gettato la camicia di pelle;
il resto non può turbare e all’occhio dare scandalo.
La neve posa sui crani un bianco cappello:
il corvo fa da pennacchio a queste teste crepate,
un brandello di carne tremola al mento scarno:
par di veder volteggiare in fosche mischie
dei prodi stecchiti, cozzanti in armature di cartone.
Evviva! il vento fischia al gran ballo degli scheletri!
La nera forca mugghia come un organo di ferro!
E i lupi le rispondono dalle foreste viola:
all’orizzonte, il cielo è di un rosso infernale…
Olà, scrollatemi questi funebri spacconi
che sgranano, sornioni, con le grosse dita spezzate,
un rosario d’amore sulle vertebre livide;
ehi, non è un convento questo, trapassati!
Ed ecco che nel bel mezzo della macabra danza
balza nel cielo rosso un gran scheletro pazzo
sospinto dallo slancio, come un cavallo che s’impenna:
e, ancora sentendo la corda tesa al collo,
contrae le magre dita sul femore che scricchiola
con stridori simili a sghignazzate,
poi, come un saltimbanco che torni al carrozzone,
ritorna nella danza al canto delle ossa.
Sulla forca nera, grazioso moncherino,
ballano e danzano i paladini,
smunti araldi del demonio,
scheletri di Saladini.
Trad. Laura Mazza
Nessun commento:
Posta un commento