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21 agosto 2021

Agosto - Enzo Montano

Vincent Van Gogh - Il meriggio (la_siesta), 1890, olio su tela 73 x 91 cm, Musée d'Orsay

Agosto - Enzo Montano

Rovente l’alito dello scirocco
ordina il sole immobilità e silenzio
immobili le argentee foglie dell’ulivo,
immobili le spesse foglie di fico.

La gialla immensità delle stoppie 
e i rossi fiori  d’oleandro 
testimoniano gli ultimi canti di cicala 
prima del silenzioso autunno.

Ammutolisce il pomeriggio
l’afa ruba residui di pensiero
rivoli salmastri percorrono le schiene
all’ombra delle finestre chiuse,
fuori la luce fonde le strade.

Il generale dello Zenit intima il silenzio,
tace il mare, tace lo scirocco, tace la cicala.
Quando le ombre diventano oblique
i giochi di bimbi rompono le righe.

Milioni di stelle scintillanti innalzano
l’arrogante inno alla notte.
Lo scirocco torna a respirare
il suo alito rovente di cannella e menta
di mirto rosmarino resina e sale.

Lento il sonno si insinua nella notte
illusione di pace che non si compie 
fino al respiro del primo mattino.

E ancora un incendio all’alba
ancora un giorno rovente senza scampo
di questo inutile agosto
che brucia senza riscaldare.

Afa - Enzo Montano

Pierre-Auguste Renoir - Dopo il bagno

Afa - Enzo Montano

Il mattino incendia l’Est, il mare 
s’infiamma all’orizzonte insieme al cielo.
Ardente la luce dilaga nella stanza, 
avvolge i sudari della notte insonne.
Non è salvezza l’acqua fredda
della doccia. Solo effimero il sollievo.

Rovente il respiro arde le narici 
e fulmina il cervello. Lo paralizza.
L’incandescenza si propaga rapida
come liquido di contrasto nelle viscere
la senti fino all’ultima propaggine 
dei polmoni e poi risalire nelle vene.

Gocce ostinate di sudore 
si moltiplicano lungo la schiena,
sfacciate umide si insinuano lente
in ogni piega della pelle e tra i capelli:
sono arcipelaghi tropicali, 
l’oceano è tutto il corpo.

Colpi del sole sulle tempie 
come su pelle lacera di tamburo.
Esplode l’afa nello Zenit senza fine
Lunghe immersi nelle ondate 
di piombo fuso misto a lava.
Serrande o tende vani ostacoli al rosso rovente.

Quando la luce abbacina gli occhi, 
imbianca strade campi e case,
quando l’asfalto è fiume di lava 
nera dove affondano i passi,
quando più forte è forte fragore delle coppe 
al banchetto dei demoni in danza,
ed è totale resa senza scampo 
al divampare che tutto avvolge
e lento il sole descrive il suo arco 
verso l’orizzonte opposto
si allungano le ombre 
finalmente rivive la speranza 
nella polvere purpurea:
illusione avvolta senza scampo
dall’umido velo di canicola.

Non smettono di gozzovigliare 
i demoni del fuoco nelle fiamme.
Solo un attimo  di ristoro
è l’acqua che scivola sul corpo,
pochi attimi di illusione
e sarà ancora sudore, afa 
vento caldo, foglie immobili 
e immobilità di ogni pensiero.


 

18 agosto 2021

La fine del volo - Enzo Montano

La fine del volo - Enzo Montano

                         (al poeta Rudy De Cadaval)

Ciao amico mio!
Ciao poeta!
Ciao minatore delle parole,
artigiano della poesia,
soldato contro le ingiustizie.
Continuo ad ascoltare l’allegria della tua voce anche dopo l’ultimo volo,
quello definitivo che ti porta via,
mentre canti la vita con il cantilenante intercalare di veneto.

Voglio nutrirmi del silenzio.
Voglio urlarlo senza infastidire.
Voglio gioire dell’amore vissuto.
Voglio adirarmi delle ingiustizie viste dai miei occhi.
Voglio contemplare gli sguardi della mia esistenza
che ricordo ad uno ad uno.
Voglio perdermi nella bellezza delle isole non conosciute di Venezia
tra lo sciabordio dell’acqua e la triste nostalgia.
Voglio cogliere i frutti proibiti che la vita proibisce.
Voglio passeggiare tra le nubi con Montale e Ungaretti.
Voglio meravigliarmi di un onda che svanisce nel bagnasciuga
o del sorriso di una bimba tra le macerie di Kabul.
Sono stanco di essere stanco!
Sono stremato dalla separazione dolorosa dalla scrittura!
Voglio danzare con il vento dell’estate al di sopra degli aranceti,
inseguire i cento cavalieri che già conoscono la meta del mio girovagare.
La mia umana fatica la esprimeranno i sassi calpestati delle tante strade percorse,
la racconteranno i ricordi di me prima di essere coperti dalla polvere dell’oblio,
Adesso voglio volare via nell’infinito a cavallo dell’ultimo verso.

Ti ascolto amico mio!
Ti ascolto mentre una lacrima scivola via e dalle mani scorre la sabbia dell’esistenza,
insieme a te raccolgo ancora manciate di sabbia per gettarla al cielo.


 

12 agosto 2021

Sguardo – Enzo Montano

dipinto di Nelina Trubach-Moshnikova
Sguardo – Enzo Montano

Guardano i tuoi occhi cose che non vedo
parli con me ma taci le parole
vaghi in un Altrove dove non mi vedi
perché io non ci sono.
Danzi tra i mercanti dell’oriente
mentre ti offrono opale colorato
per il tuo bel collo,
ambra del baltico per i morbidi lobi
e vaghe promesse di dolci praterie.

Quelle vaste praterie
dove insieme abbiamo camminato
altri mercanti adesso le percorrono

I riverberi del tardo autunno che vedo
attraverso i vetri sbeccati
di una finestra verso est
rimbalzano sul mare
mi inondano come un tempo mi inondavano
i tuoi sguardi delle tante luci
come attraversassero i colori dell’opale
io non so distinguere il tuo pensiero.
Io non so se tu ci sei.
Io non so chi tu sei.
Non so se è lontananza,
distrazione oppure oblio.

Un’altra carovana ti porta lontano.
Non ci sei,
non sento la tua voce,
non lo sguardo caldo
né il respiro,
nemmeno il profumo della tua pelle…
Sei solo musica lontana
in deserti sconosciuti dell’oblio.
Musica lontanissima
e fievole che si disperde.

Nulla mi trattiene
in questo luogo desertificato
senza più colori e suoni
voci, speranze e sensazioni.
Nella luce obliqua d'ametista
apro la vecchia finestra
dispiego le ali e volo.
Tu nell’allegria della nuova carovana
di mercanti con le maschere,
adornata di vesti di seta damascata
e una preziosa cavigliera
in una sosta danzi l’ossequio al tuo signore
che passeggia sul tuo corpo.
Io nel Non so Dove
con lo sguardo sulla vibrazione
delle cinque del mattino
e poi lungo il cammino lento delle ore
il silenzio scintillante del nulla
.

Ore dorate – Enzo Montano

dipinto di Henry Asencio
Ore dorate – Enzo Montano

In quei giorni gli scrigni erano ricolmi
cadevano i gioielli ai bordi dell’alcova,
nella stanza del limone alla finestra
si udivano sospiri e tintinnio d’argento;

corpi avvinti nel presente immaginavano
itinerari d’ametista in paesi profumati
nella luce di una piovosa primavera
riflessa sull’annunciazione di Leonardo.

Erano ore d’oro e cesti colmi di frutti dolci.
Erano miele menta mirto e caprifoglio.
Era il sapore dell’ambrosia fino alla sera.

Non eterna sera giacché il saccheggio
disperde ogni bottino in mille rivoli
non ha più valore quel che era tesoro inestimabile.

Medusa - Enzo Montano

Medusa - Enzo Montano

Medusa impugna
il falcetto di diamanti
con la mano sinistra.
È lei a decapitare
questa volta.
Ma non è la testa di Perseo
a penzolare dalla mano destra,
per i capelli afferra la mia testa.
Medusa ha sbagliato
e Perseo la decapiterà comunque
guardandola attraverso lo scudo.
Lei è l’inganno e l’ingannata.

Ha corrotto l’ordine la Gorgone?
Pura illusione!
Niente ha modificato,
ha solo fatto un’altra vittima.
Non può corrompere l’ordine
chi non lo conosce.
Questa Gorgone è un riflesso falso
nascosto nell’inganno
è una Medusa senza serpenti
né sguardo che impietrisce
ma capace di trasformare in pietra
qualunque cosa le si avvicini.
Confonde verità e menzogna.

Una Medusa smemorata,
carnefice che si fa vittima.
Prima pietrifica e poi decapita.
È l’inganno abile
scaltro e senza scrupoli.
Gli ingannati ignari
sono quelli che le stanno intorno.

Separazione – Enzo Montano

Pierre Auguste Renoir - Gli innamorati, 1875, olio su tela cm 175 x 130. Praga, Galleria Nazionale
Separazione – Enzo Montano

Separazione dei corpi
è lontananza
sua trasformazione
è fuoco ardente
oppure brace
che lentamente muore.

Non pietre i nostri giorni
né dimenticanza rapida,
né solo parole pronunciate
o vano suono nella polvere
che sordo si disperde.
Non solo voci sotto coltri
di cenere seppellite.

Sorrisi carezze
pronunciamenti solenni,
complicità divine
e menzogne infami.
Quello che siamo è anche
ciò che nel tempo siamo stati.

Un lungo preambolo
della separazione.

 

Sorriso - Enzo Montano

Sorriso - Enzo Montano

Sorriso e sguardo
inganno e tradimento.

Sorriso
del colore del sole
del mare e anche del cielo.

Sguardo
come la Gorgone,
ammalia, pietrifica
e polverizza
senza pietà alcuna.

Inganno.
Regale quanto la bellezza
profumato più della rosa
effimero come un miraggio
nello zenit del deserto.
Indossa una maschera
un sorriso di finta pietà.
In un borsa capiente
depone con sapienza
menzogne, egoismo, finte parole
e tradimenti a volontà.
Ha delle carte tra le mani
le sfoglia come petali di margherita
ogni tanto ne getta via una
quella non più utile,
la getta e la calpesta:
quella carta è sempre la stessa.

Tradimento.
Incede danzante
travestita di Giustizia.
Giudice integerrimo
soppesa quello che non vede
e stabilisce le pene,
indossa poi la maschera del boia
e sotto il braccio ostenta la condanna:
una cesta con trenta coltelli.
Il gallo canta trenta volte
e trenta volte cento sono le ferite.
Mentre affonda l’ultima lama
scaglia un sorriso come pietra
i suoi capelli mutano in serpenti.
Giustizia solleva la condanna
la pesante lama taglia il collo
di un corpo ormai già morto,
dal sangue spunta un bel fiore
il rosso geranio
di tutte le stagioni.

Danzando al suono di un liuto
si allontana col bottino
e il suo sorriso
leggero come il vento
del colore del sole
del mare e anche del cielo.
Nei due piatti della bilancia
Giustizia ha deposto la mia testa
sopra trenta monete d’oro
assieme alla protervia
e altre menzogne. 


 

7 agosto 2021

Dimmi - Enzo Montano

Michelangelo Merisi - Caravaggio - 15971600, olio su tela cm 145 x 195. Palazzo Barberini, Roma.

Dimmi - Enzo Montano

Saluta la tua mano, 
leggera si agita nel vento,
azzurro e nuvole i tuoi capelli pettinano 
in altre lontananze 
il tuo cuore va posandosi. 
I tuoi sorrisi incontrano volti sconosciuti
sollevi gli occhi e gli aghi accecano 
ridi piangi e ti disperi vicino ad ogni dubbio:
cosa può accaderti?

Con fragore di festa le rondini
un anno, un altro anno
e l’altro ancora
in ogni primavera dilatano l’aria con il canto
mentre le allodole si specchiano nel sole.

Ogni estate dispensa fantastiche impressioni 
voli di libellule la dipingono,
le cicale ne scandiscono i giorni
e lo scirocco dona sempre i suoi profumi
di cannella. ciclamini e menta.

L’autunno è sempre il tempo in danza
sempre la tristezza ci accompagna
sempre cadono le foglie 
e un po’ di noi muore assieme a loro,
vani sono gli inventari prima dell’oblio.

Verso fragole lontane me ne sarei andato
se fuoco e conoscenza avessi imparato a leggere
prima dell'inverno,
la coltre fredda adesso mi avvolge 
rare ormai sono le stelle.

La pioggia arriva sempre 
strimpella concerti sulle tegole
e sui vetri,
il ghiacciaio si scioglie per divenire fiume
i fiori mutano in frutti appesi ai rami.

Dimmi:
se ne nel breve tempo 
e in quello lungo
compagno inseparabile avremo il dolore,
se l’immobilità dell'agave stanca ancora l’anima,
se lo scorpione non muta la sua danza,
se nel mare un'onda insegue un'altra
il pensiero è necessario?
Cosa distingue un ricordo
dal disegno fatto sull’acqua?
E cosa una parola taciuta
da una inascoltata?

Non ho bisogno di sapere quel che già mi è noto,
sempre il dolore mi circonda
ma lo conosco e so come respirarlo,
brucia la fenice ma poi riprende il volo.

Tasche vuote - Enzo Montano

foto di Dariusz Klimczak

Tasche vuote - Enzo Montano

Lentamente come il conio si avviò.
Dall’alfabeto di vocali e consonanti
scavò parole scintillanti
sfaccettate dal pensiero,
modellate per riflettere i sogni
dagli angoli bui dov’erano celati.
Si inerpicò verso la luna 
oltre le nuvole
per cogliere frammenti di cielo
e farne dono alla fragilità dei fiori,
bellissimi petali impolverati.
Gli specchi ripetevano
la solita tristezza quotidiana
di un paesaggio piatto giallo ocra.
Le tasche piene di quelle monete
lentamente si svuotarono
e i passi tintinnanti si fermarono.

Fantasia volò via in un batter di ciglia,
la miniera di parole fu esaurita, 
caddero le visioni e i sogni 
non più ipotesi di versi
ma solo gramigna e spinosi rovi
afferrarono caparbie
le mani insanguinate.
Con tasche ormai svuotate di ogni certezza 
e pensieri senza sogni
si incamminò lungo una strada buia.

Uno sguardo alla luna,
lo scintillio di una lacrima
nascosta da una ruga
e un velo di tristezza lieve
lo accompagnarono nel silenzio.

Un’altra isola - Enzo Montano

William Bouguereau - Le ninfe, 1878, olio su tela 144,7 x 209,5 cm
Un’altra isola - Enzo Montano

Ripresi il mare con la vela nera
dopo guerre, traversie e mille affanni
il vento mi spinse in mari sconosciuti;
la stretta prua attraversava le onde,
come lama di coltello tagliava il mare
mentre l'anima mia si gonfiava di vento e sole.
Navigai per giorni mesi e anni
tra alti marosi e mare di bonaccia.
Un chiaro mattino allagato di infinito
l’orizzonte fu spezzato da scura sagoma
venne incontro alla prua quell’ombra immobile 
e l’orizzonte ritornò forma perfetta:
circolo azzurro di mare sole e cielo.

Era un’isola la nera spezzatura
al centro della perfetta forma.
Era piccola e pietrosa 
nella sconfinata vastità del mare.
Era lontananza da persone, cose e  pensieri.
Terra ferma sperduta nell'immenso blu.
L'isola cercata dai velieri fatti di nubi!
L'isola più bella di ogni desiderio!

Nessuno la può scorgere:
è la mia isola, 
solo mia!
Sempre avvolta dalle nebbie
a me si è voluta rivelare
e si è fatta approdo
per me che ho fame
di mai saziata tranquillità.
Spiaggia bellissima e chiara di sole
e di lune bianche come il latte 
e di stelle presuntuose
come gerani rossi sui davanzali dell'estate.
Ho fame di magia e di chiari di luna,
ho fame di frutti rossi dolci e maturi,
ho fame di sogni e desideri
ho fame delle illusioni di un adolescente
anche adesso che non solo il tempo
solca e deforma quel che di me lo specchio restituisce.

Deposi ferri, lance e lame 
e dimenticai i rancori
dimenticai perfino l'ultimo sogno
al confine tra il vero e il nulla.
Ridivenni contadino e fui felice Re.
I campi furono il mio regno, 
la natura mia compagna inseparabile.
Le vigne diedero vino dolce 
e lunghi viaggi nell’ebbrezza,
i campi l’oro delle messi per il pane 
e i gioielli per chi percorre i sogni,
gli ulivi generosi e austeri 
donarono l'oro verde per i sapori forti
e unguento dolce per le tante ferite
mai rimarginate,
mai dimenticate,
perennemente insanguinate.

Si trasformò in giardino l'isola mia.
Luogo di meraviglie 
di stupori e rinnovate utopie.
Gli dei ne furono lieti
e felici furono i rari ospiti.
Le onde del mare come limpide come zaffiri
donarono coralli e perle 
acquamarina e rubini scintillanti
ametiste, quarzi e smeraldi
come gli occhi della dea.
Tornai ad ascoltare i suoni e i canti,
riscoprii la bellezza delle parole
e le voci melodiose di poeti e aedi,
tornai a comprendere storie e poesie,
ancora una volta mi furono concessi
i profumi innumerevoli 
del vento, dell'acqua e della terra
dei frutti, dei fiori e delle erbe.

Bellissime ninfe inviate dagli dei
nelle notti chiare di luna
e in quelle illuminate dalle stelle,
danzarono leggiadre assieme al vino rosso,
per donarmi ancora leggerezza 
e il piacere dei giorni dati in proroga.

6 agosto 2021

Alienazione - Enzo Montano

Alienazione - Enzo Montano

Sogni di mille notti nella bocca
voce di miele 
e riso argenteo nell’orecchio.
Suoni di vocali consonanti
e pianti
furono melodia in ogni ora dell’assenza.
Nel buio si materializzò il sogno.
Sorriso che squarciò le tenebre.
Mano che mi portò dov’era luce,
profumo che inebriò la mente.

Viene un altro mattino
a prendermi
il sole non riscalda
il mare è senza voce
ed ecco ancora le tenebre.
Mi spinge nelle segrete l’incubo
là dove i suoi capelli pendono,
tendo la mano per afferrarla 
ma sempre sfugge.

Mille notti lontane 
in alto stanno gli appigli.
Il passo nel vuoto 
è l’unica scelta
il viso che lei forse vede 
sono cocci a punta
in ognuno di essi cento gocce rosse
e tre schizzi bianchi di cervello
finché il teschio si svuota.
Stordito ciò che stringo è solo buio
il sapore sulle labbra è acre sudore,
suona la sveglia ed è finita la notte.
Il solito deserto 
rotolato lento fino al tuffo del sole
poi l’altra notte
poi ancora un’altra 
e un’altra ancora
fino al mattino senza l’aurora.
Corazze 
scudi 
armature 
e loriche
non riparano dall’incubo.
Gettai via lontano
la difesa del tempo 
e la ruggine degli anni.

Chi mi libera?
Non posso continuare a morire
ogni giorno
e per mille giorni ancora.
Ma l’Angelo ha altro da fare,
per la città cerca atomi di certezza
dove riflettere lo sterminato io.
Perdonami! 
Colpevole o innocente
perdonami.

Inutile il verdetto della logica.
Togli il velo dagli occhi
e con l’azzurro attraversa la coltre
nuota, guarda e tuffati: 
eccomi,
sono qui ma nessuno mi vede.

Nella valle del fiume 
i lupi lacerano il silenzio
i boschi rivedono i briganti,
cambia il bottino
una testa è sempre in cima al palo
e quella testa ha i miei stessi occhi
la mia bocca
il mio sorriso spento.
Oleandro, menta e parietaria
profumo di eucalipto 
e bacche rosse di mirto
venite scendete dal costone
riempie i bacini con la musica triste 
del mio presente.

Ognuno insegue il suo trionfo
io non lo inseguo 
poiché nulla rimane da raggiungere, 
se c’è infine un trionfo
io non lo conosco.
Solo tramontare intorno a me 
di stelle e lune 
riflessi senza immagini 
e silenzio.
Qualcuno udrà in questa terra d’argilla
di ginestre solitarie 
di oleandri rossi e bianchi
e inondazioni di profumi
il canto della follia
quando la mia polvere si leverà
confusa ai mille verdi del ramarro?

Perché vieni estate? - Enzo Montano

Alphonse Mucha - L'estate

Perché vieni estate? - Enzo Montano

Perché vieni estate?
Perché vai via amata primavera?
Perché il sole s'innalza sempre più
nel cielo inutilmente blu?
Sono appassiti i fiori 
in quel giardino,
non profumano le zagare del limone,
né le rondini dilatano l'aria.
Nel silenzio non si ode 
l’argento della voce che conosco.
Tu lo sai, Sfinge
perché l’estate torna?
Sai chi adesso abita la casa 
delle belle estati?

Certo che lo sai!
Sai chi brinda con la col mio cranio
colmo della mia tristezza
del mio dolore,
del mio strazio.
Enigmatica Sfinge,
tu che conosci gli arcani
e i grovigli degli inganni,
tu che diguazzi nel non vero
fammi dono di un attimo di sincerità,
solo uno,
dimmi:
perché torna l’estate se il sole non riscalda?

I giorni traboccano di dubbi,
e non ho più brocche da riempire.
Insegnami ad aprire le porte dell’oblio,
lì non ci sono ombre 
perché non c’è la luce,
lì i pensieri non prendono forma
perché assenti sono i ricordi.
Dimmi Sfinge, 
dimmelo sussurrando,
dimmi come ci si annulla,
dimmi come si cancella il passato
e come ci si anestetizza dal presente. 
E dimmi come cogliere ancora 
la carezza di una lieve brezza, 
di un pensiero,
di una parola, 
di un soffio...

Sogno - Enzo Montano

Gustave Courbet - Uomo disperato (autoritratto), 1844/1845, olio su tela 45x55 cm, collezione privata

Sogno - Enzo Montano

Attendere il sogno una vita intera
inseguirlo fino al sangue delle unghie,
impervi i muri
appuntiti i cocci di vetro
aguzze le punte delle stelle
e nere le tormente.
Scovare il sogno fuggente 
nei recessi del pensiero,
leggerne i segni:
accenni impercettibili
inesistenti quasi,
pennellate in aria accennate del destino.

Attenderlo 
raccoglierlo 
e contemplarlo
nelle ore della calura senza ombre,
poi inseguirne l’esistenza dubbia
decifrando i grani identici dei giorni
e delle notti,
coltivarlo
accarezzarlo
scrutarlo da lontano,
nel silenzio immobile
denso sempre del sogno ricorrente.

Un sogno sopra un altro identico,
la sensazione di sfiorarlo con il dito
o di assaporarlo col pensiero
è solo un inganno:
mai si spalanca l’estasi di averlo.

Una sola virgola di inatteso tempo,
un’illusione
un miraggio
una chimera
un gioco di luci e ombre sovrapposte,
un delirio vissuto fino all'infinito
e poi perderlo per sempre
nell’eterna notte senza luna
carpito da un ladro incredulo
posto dal beffardo caso
sotto le lancette del mio cielo
nello stesso attimo,
proprio quello.
Un capriccio del tempo,
dello spazio e degli dei impietosi
proprio lì quando il sogno a me sfugge
e un'altra mano lo raccoglie.

E allora costruisci impalcature
intorno al vero
o ponti strade e funivie
ma vano è il tentativo della fuga.
Chi misura i sentimenti?
Chi la loro potenza?
Chi designa gli sconfitti?
Chi incorona quello che trionfa?
Uno è il sogno
uno quello che perde
e quello che vince
è sempre un altro.
Tutto misura la distanza
o le fortunate coincidenze
io sono lontano
e mai la fortuna è stata mia compagna,
sono io il pensiero effimero
sono io quello che si dimentica
e sono anche chi perde la mano
la partita e il sogno.
E se l’amore è puro solo tra individui soli,
lo è anche quello con data di scadenza?
Il muro di metallo invalicabile esiste
o noi lo costruiamo con perizia?
Un’altra mano
e sono io quello che ancora perde,
non ho assi nella manica
né considerazione degli astri
ho solo nervi 
battiti del cuore urlanti
e sangue nelle mani
ma con quelli non si vince.

Uno è il teschio
che cento volte sbatte contro l'acciaio,
una e cento volte
ad ogni rintocco di campana,
la lama taglia il cranio
e restituisce il volo ai sogni
che lì non hanno paese o residenza.
Cadono cocci di ossa
e di vetri rotti 
schizzi di cervello imbrattano i muri;
ti accorgi del ritardo
quando è già svanito l’ultimo alito,
dissolto nella durezza del metallo,
o nella dimensione vana del sogno.
Inutile aggrapparsi 
Alle aguzze punta delle stelle,
il sogno è quello andato in frantumi
ma anche quello è stato rubato
e ricomposto in un altrove
in un mosaico di tessere incerte.
E non c’è più una strada
dove farlo viaggiare
oltre l’ipocrisia di un paravento misericordioso.
Rimane lì il sogno
posato nell’angolo più buio del ripostiglio,
e lo vedi e lo rivedi ancora mille volte
costretto dal solenne desiderio.

Il sogno dolce ha un volto
ma è lo stesso dell’incubo atroce,
le labbra che in sogno sorridono
sono quelle del boia che decapita,
la mano che cosparge di olio dolce le ferite
è la stessa che prima e dopo
infligge impietose coltellate.

Nella corona non più tua,
tra i panni stesi ai fili
assieme alla passione
amore, menzogne ed egoismo
tu non puoi più abitare.
Lo sguardo rivolto all'orizzonte conosciuto
in equilibrio sul burrone
cerchi il ritorno al nulla
dalla strada che divide
poi ancora il consueto nulla
oltre la soglia dell'oblio

.... e lì attendi il compimento del nulla.

Tempo in proroga - Enzo Montano

foto di Dariusz Klimczak
Tempo in proroga - Enzo Montano

Ogni giorno una parentesi di tempo
dato in proroga
una virgola che il Mostro concede.
Tempo in proroga accordato
per la ricerca dei ricordi
rimpiangere le occasioni perse
quelle non comprese.

Non un dono generoso
ma tortura che rinnova
le ferite inferte dalla vita
e il dolore degli incontri non capiti.

Ogni giorno un cammino
tra ricordi ormai appassiti
e quelli fuggiti via.
Ogni giorno è un bivio
una scelta dolorosa
tra abbandono malinconico
e la perpetua sfida del dolore
mai affrontato
mai domato
mai sconfitto
che sempre ritorna
appuntito come le argentee spade
di agave immobile
nei giorni di tempesta
o nel sole ardente dell’estate.

Ogni giorno è una coltre
di tempo doloroso posata sul dolore
che mai si ha avuto il coraggio
di attraversare.
E ogni giorno può essere l’ultimo respiro 
di una vita poco generosa.
Ogni giorno attendo
la Signora affascinante
con il vestito a fiori,
la Beatrice dell’ultimo viaggio.

E con Lei alzerò
l’ultimo calice rosso
prima della partenza
senza più ricordi né rimpianti.