foto da direttanews.it - Macchu Picchu
Allora sulla scala della terra – Pablo Neruda
Allora sulla scala della terra sono salito
tra l'atroce intrico delle selve perdute
fino a te, Macchu Picchu.
Alta città di pietre fatte a scale,
alfin dimora di colui che il terrestre
non nascose nelle addormentate vesti.
In te, come due linee parallele,
la culla del lampo e dell'uomo
si dondolavano in un vento di spine.
Madre di pietra, schiuma dei condor.
Alta scogliera dell'aurora umana.
Pala sperduta nella prima arena.
Questa fu la dimora, questo il luogo:
qui gli ampi grani del mais ascesero
e discesero di nuovo come grandine rossa.
Qui fibra dorata uscì dalla vigogna
a vestire gli amori, i tumuli, le madri,
il re, le orazioni, i guerrieri.
Qui i piedi dell'uomo riposarono di notte
presso i piedi dell'aquila, nelle alte tane
carnivore, e nell'aurora
calpestarono con i piedi del tuono la nebbia rarefatta,
e toccarono le terre e le pietre
fino a riconoscerle nella notte o nella morte.
Guardo le vesti e le mani,
la traccia dell'acqua nella cavità sonora,
la parete levigata dal tatto di un volto
che guardò coi miei occhi le lampade terrestri,
che obliò con le mie mani gli scomparsi
legni: perché tutto, vesti, pelle, vasellame,
parole, vino, pani,
scomparve, cadde nella terra.
E l'aria entrò con dita
di zagara su tutti gli addormentati:
mille anni d'aria, mesi, settimane d'aria,
di vento azzurro, di cordigliera ferrea,
che furono come dolci uragani di passi
che levigarono il solitario recinto della pietra.
Allora sulla scala della terra sono salito
tra l'atroce intrico delle selve perdute
fino a te, Macchu Picchu.
Alta città di pietre fatte a scale,
alfin dimora di colui che il terrestre
non nascose nelle addormentate vesti.
In te, come due linee parallele,
la culla del lampo e dell'uomo
si dondolavano in un vento di spine.
Madre di pietra, schiuma dei condor.
Alta scogliera dell'aurora umana.
Pala sperduta nella prima arena.
Questa fu la dimora, questo il luogo:
qui gli ampi grani del mais ascesero
e discesero di nuovo come grandine rossa.
Qui fibra dorata uscì dalla vigogna
a vestire gli amori, i tumuli, le madri,
il re, le orazioni, i guerrieri.
Qui i piedi dell'uomo riposarono di notte
presso i piedi dell'aquila, nelle alte tane
carnivore, e nell'aurora
calpestarono con i piedi del tuono la nebbia rarefatta,
e toccarono le terre e le pietre
fino a riconoscerle nella notte o nella morte.
Guardo le vesti e le mani,
la traccia dell'acqua nella cavità sonora,
la parete levigata dal tatto di un volto
che guardò coi miei occhi le lampade terrestri,
che obliò con le mie mani gli scomparsi
legni: perché tutto, vesti, pelle, vasellame,
parole, vino, pani,
scomparve, cadde nella terra.
E l'aria entrò con dita
di zagara su tutti gli addormentati:
mille anni d'aria, mesi, settimane d'aria,
di vento azzurro, di cordigliera ferrea,
che furono come dolci uragani di passi
che levigarono il solitario recinto della pietra.
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