a Marcia Scantlebury
Se in quei giorni d'ottobre
e di bende nere
quando davvero la paura
mordeva la carne
e noi custodivamo nomi
nelle pieghe del sudore
ti avessi toccato la fronte oltraggiata
per curarti la ferita con l'acqua
che oggi ci unisce
non mi avresti creduto.
Mai fummo più vicine
alle rose.
Ti ricordi quelle rosse
che paradossalmente crescevano lì,
nel cuore stesso del dolore?
Belle rose...
di cui ci fu negato
il favore del profumo
ma non le tristi spine.
Se in quei giorni di ottobre
a Villa Grimaldi
quando neanche il mio olfatto
mi diceva che ti saresti svegliata,
Marcia,
ti avessi parlato
solo per consolarti
per curarti la ferita del viso
per liberare l'aria da un brutto sogno
per volgere lo sguardo all'indietro
prendendo il tempo per le corna
e ricostruire il velo ci cipolla
che ci coprì
fino ad allora.
Se ti avessi fatto una promessa,
se avessi predetto un invito,
in una città
lontana, bella
San Marco, Venezia
la città del ritrovarsi
prodigioso.
Non mi avresti creduto
perché la morte batteva le ali
là fuori
e la bontà taceva.
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