Bo Bartlett - Kingdom of Ends, 2009 - Oil on Linen - 82 x 82
Ode al globo terrestre - Pblo Neruda
Rotondo e liscio
come
una mela,
globo purificato…
Nella tua limpidezza
le cordigliere
aspre, le punte
del pianeta, si fecero
soavità, le cavità
che colpiscono l’oceano
o perpetrano nella pietra
la cascata,
nel tuo contorno verde,
pelle satinata sono,
rotonda capsula
di soavi continenti e contatti.
Nessuno distingue
nei tuoi bruniti emisferi,
nell’ottone levigato
del globo della terra,
i terribili sforzi degli uomini.
Nessuno respira
polvere mortale, zolfo
nel deserto,
catrame negli acquitrini, fango
di natura pestilente.
Non vediamo chi cammina
nell’ovaio torbido
dei fiumi
con lentezza pesante,
passo a passo, attorniato
da foglie e vapori
e radici.
Quando nella neve
il freddo
ti accoltella,
o nel mare
una onda
si scarica
come
repentina, violenta
dinamite,
non sei,
terra,
rotonda e limpida
uva,
ma
ferruginosa
capigliatura,
frusta dell’abisso!
E quando i vulcani
aprono
la loro cassa
di
segreto
fuoco,
e la montagna
è
sangue,
cenere,
cicatrici,
tuono,
oh mappamondo,
non sei
un globo
di
pelle pura,
ma
una bollente e orrida
sorgente
dell’inferno.
Nella tua carta,
verde, rosata,
i paesi
si coricano
trasparenti
come alghe,
ma
proprio lì,
gravi
moltitudini,
movimenti
dell’uomo, miti,
sangue,
ragione,
oscurità,
storia,
tremano, si sviluppano
con movimento eterno.
In ciascuna
delle verdi praterie
della mappa e delle sue regioni
si incendiano
e si spengono
le vite,
si riuniscono,
si consumano
e ritornano poi
alle
aspre
mani
della terra.
Le città
elevano
i loro mattoni,
le loro lance,
i loro segni
orgogliosi,
le loro
erette
odi,
le loro cappe di miseria,
di abbandono,
di lacrime
e lotte,
e sul tuo rotondo
ventre
planetario
non accade
niente,
non germina
frumento,
né si precipita
l’acqua
smisurata
delle inondazioni.
Tu, mappamondo,
oggetto,
sei
bello come
una colomba verde opulenta,
o come una
esaltante cipolla,
ma
non
sei
la terra, non
hai
freddo, sangue,
fuoco, fertilità.
Una donna, un uomo,
o la piccola mano
di un bambino
povero o una
semplicissima
castagna,
rappresentano
più che la tua rotondità
il nostro pianeta.
Non hanno paralleli,
numeri né meridiani:
tutto è stella,
tranne la tua fredda forma:
globo
bello,
tutto ha la terra
che tu non hai.
Non continuare
A mentire
con la tua convessa pelle, con la tua limpidezza.
Io voglio vedere
il mondo
aspro
e veritiero
perché non siamo
punti,
linee,
segni,
di mappa planetaria.
Siamo gli uomini
germi
oscuri
di chiarezza che dalle nostre mani
inonderà la terra.
Rotondo e liscio
come
una mela,
globo purificato…
Nella tua limpidezza
le cordigliere
aspre, le punte
del pianeta, si fecero
soavità, le cavità
che colpiscono l’oceano
o perpetrano nella pietra
la cascata,
nel tuo contorno verde,
pelle satinata sono,
rotonda capsula
di soavi continenti e contatti.
Nessuno distingue
nei tuoi bruniti emisferi,
nell’ottone levigato
del globo della terra,
i terribili sforzi degli uomini.
Nessuno respira
polvere mortale, zolfo
nel deserto,
catrame negli acquitrini, fango
di natura pestilente.
Non vediamo chi cammina
nell’ovaio torbido
dei fiumi
con lentezza pesante,
passo a passo, attorniato
da foglie e vapori
e radici.
Quando nella neve
il freddo
ti accoltella,
o nel mare
una onda
si scarica
come
repentina, violenta
dinamite,
non sei,
terra,
rotonda e limpida
uva,
ma
ferruginosa
capigliatura,
frusta dell’abisso!
E quando i vulcani
aprono
la loro cassa
di
segreto
fuoco,
e la montagna
è
sangue,
cenere,
cicatrici,
tuono,
oh mappamondo,
non sei
un globo
di
pelle pura,
ma
una bollente e orrida
sorgente
dell’inferno.
Nella tua carta,
verde, rosata,
i paesi
si coricano
trasparenti
come alghe,
ma
proprio lì,
gravi
moltitudini,
movimenti
dell’uomo, miti,
sangue,
ragione,
oscurità,
storia,
tremano, si sviluppano
con movimento eterno.
In ciascuna
delle verdi praterie
della mappa e delle sue regioni
si incendiano
e si spengono
le vite,
si riuniscono,
si consumano
e ritornano poi
alle
aspre
mani
della terra.
Le città
elevano
i loro mattoni,
le loro lance,
i loro segni
orgogliosi,
le loro
erette
odi,
le loro cappe di miseria,
di abbandono,
di lacrime
e lotte,
e sul tuo rotondo
ventre
planetario
non accade
niente,
non germina
frumento,
né si precipita
l’acqua
smisurata
delle inondazioni.
Tu, mappamondo,
oggetto,
sei
bello come
una colomba verde opulenta,
o come una
esaltante cipolla,
ma
non
sei
la terra, non
hai
freddo, sangue,
fuoco, fertilità.
Una donna, un uomo,
o la piccola mano
di un bambino
povero o una
semplicissima
castagna,
rappresentano
più che la tua rotondità
il nostro pianeta.
Non hanno paralleli,
numeri né meridiani:
tutto è stella,
tranne la tua fredda forma:
globo
bello,
tutto ha la terra
che tu non hai.
Non continuare
A mentire
con la tua convessa pelle, con la tua limpidezza.
Io voglio vedere
il mondo
aspro
e veritiero
perché non siamo
punti,
linee,
segni,
di mappa planetaria.
Siamo gli uomini
germi
oscuri
di chiarezza che dalle nostre mani
inonderà la terra.
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