Woman in Front of the Setting Sun - Caspar David Friedrich
da "Il libro dell'inquietudine" - Fernando Pessoa
Amo, nei pigri pomeriggi estivi, la quiete del centro della città bassa.Soprattutto quella quiete che viene accentuata dal contrasto con il forterumore in cui, durante il resto del giorno, quella zona si trova immersa.Rua do Arsenal, Rua da Alfândega, il prolungamento delle strade tristi chesi snodano verso est dal punto in cui Rua da Alfândega termina, l’interalinea ripartita dei moli placidi – tutto ciò mi conforta di tristezza, se miinoltro, in quei pomeriggi, nella solitudine del loro complesso articolarsi.Vivo un’epoca anteriore a quella in cui vivo; mi piace sentirmi coevo diCesário Verde ed ho in me anche versi che pur non simili ai suoi, hannodei suoi uguale sostanza. Là trascino, fino all’imbrunire, una sensazione divita simile a quella delle strade stesse. Di giorno esse sono colme di unrumore che non vuol dire niente; di notte sono colme dell’assenza di quelrumore che non vuole dire niente. Di giorno io sono nullo, ma di notte iosono io. Non c’è differenza tra me e le strade dalla parte dell’Alfândega,salvo che esse sono strade e io sono anima, il che può anche essere che nonvoglia dire niente, in comparazione all’essenza delle cose. C’è un destinouguale, perché è astratto, per gli uomini e per le cose – una designazioneugualmente indifferente nell’algebra del mistero.Ma c’è ancora un’altra cosa… In queste ore lente e vuote, mi saledall’anima alla mente una tristezza di tutto il mio essere, l’amarezza chetutto sia al medesimo tempo una sensazione mia e una cosa esterna, chenon è in mio potere alterare. Ah, quante volte i miei stessi sogni mi siergono in cose, non per sostituirsi alla realtà, ma perché si rivelano pari ame, in quanto provenendo dal di fuori non sono stati da me voluti, come iltram che svolta all’ultima curva della strada, o come il richiamo delnotturno venditore ambulante, di non so quale cosa, che si eleva, conintonazione araba, come un getto d’acqua improvviso, dalla monotonia delcrepuscolo!Passano coppie di futuri coniugi, passano i ragazzi delle sartine, passano i giovani ansiosi di conquiste, fumano nella loro solita passeggiatai pensionati da tutto, fermi in ozio sull’una o sull’altra porta i padroni deinegozi osservano con aria svagata. Indolenti, forti e fiacche, comesonnambuli le reclute deambulano a frotte, ora molto rumorose ora più cherumorose. Gente normale appare di tanto in tanto. Le automobili in questaora non sono molto frequenti; sono musicali. Nel mio cuore c’è una pacedi angustia, e la mia quiete è fatta di rassegnazione.
Passa tutto questo, e niente di tutto questo mi dice qualcosa, tutto èestraneo al mio destino, estraneo, persino, allo stesso destino – incoscienza, imprecazioni a sproposito quando il caso getta, pietre, echi divoci ignote – insalata russa della vita.
Amo, nei pigri pomeriggi estivi, la quiete del centro della città bassa.Soprattutto quella quiete che viene accentuata dal contrasto con il forterumore in cui, durante il resto del giorno, quella zona si trova immersa.Rua do Arsenal, Rua da Alfândega, il prolungamento delle strade tristi chesi snodano verso est dal punto in cui Rua da Alfândega termina, l’interalinea ripartita dei moli placidi – tutto ciò mi conforta di tristezza, se miinoltro, in quei pomeriggi, nella solitudine del loro complesso articolarsi.Vivo un’epoca anteriore a quella in cui vivo; mi piace sentirmi coevo diCesário Verde ed ho in me anche versi che pur non simili ai suoi, hannodei suoi uguale sostanza. Là trascino, fino all’imbrunire, una sensazione divita simile a quella delle strade stesse. Di giorno esse sono colme di unrumore che non vuol dire niente; di notte sono colme dell’assenza di quelrumore che non vuole dire niente. Di giorno io sono nullo, ma di notte iosono io. Non c’è differenza tra me e le strade dalla parte dell’Alfândega,salvo che esse sono strade e io sono anima, il che può anche essere che nonvoglia dire niente, in comparazione all’essenza delle cose. C’è un destinouguale, perché è astratto, per gli uomini e per le cose – una designazioneugualmente indifferente nell’algebra del mistero.Ma c’è ancora un’altra cosa… In queste ore lente e vuote, mi saledall’anima alla mente una tristezza di tutto il mio essere, l’amarezza chetutto sia al medesimo tempo una sensazione mia e una cosa esterna, chenon è in mio potere alterare. Ah, quante volte i miei stessi sogni mi siergono in cose, non per sostituirsi alla realtà, ma perché si rivelano pari ame, in quanto provenendo dal di fuori non sono stati da me voluti, come iltram che svolta all’ultima curva della strada, o come il richiamo delnotturno venditore ambulante, di non so quale cosa, che si eleva, conintonazione araba, come un getto d’acqua improvviso, dalla monotonia delcrepuscolo!Passano coppie di futuri coniugi, passano i ragazzi delle sartine, passano i giovani ansiosi di conquiste, fumano nella loro solita passeggiatai pensionati da tutto, fermi in ozio sull’una o sull’altra porta i padroni deinegozi osservano con aria svagata. Indolenti, forti e fiacche, comesonnambuli le reclute deambulano a frotte, ora molto rumorose ora più cherumorose. Gente normale appare di tanto in tanto. Le automobili in questaora non sono molto frequenti; sono musicali. Nel mio cuore c’è una pacedi angustia, e la mia quiete è fatta di rassegnazione.
Passa tutto questo, e niente di tutto questo mi dice qualcosa, tutto èestraneo al mio destino, estraneo, persino, allo stesso destino – incoscienza, imprecazioni a sproposito quando il caso getta, pietre, echi divoci ignote – insalata russa della vita.
Nessun commento:
Posta un commento